Crossing Istanbul

Un film di Levan Akin. Con Mzia Arabuli, Lucas Kankava, Deniz Dumanli, Nino Karchava.
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Drammatico, durata 106 min. - Francia, Svezia, Georgia, Turchia, Danimarca 2024. - Lucky Red uscita giovedì 16 ottobre 2025. MYMONETRO Crossing Istanbul * * * - - valutazione media: 3,30 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

C'era una volta in Turchia

di Fabio Ferzetti L'Espresso

C' è un momento bellissimo, anche se a prima vista marginale, in questo film che rinnova con mano lieve l'antica arte dello spaesamento. È quando la protagonista, la matura e volitiva Lia, chiede al ragazzo che conosce appena, ma non esita a ospitare, di prendere qualcosa dall'orto dei vicini. E la mattina dopo i due piccoli figli della vicina, che l'hanno vista prendere cetrioli e pomodori dal loro orto, bussano alla porta per portarle un piatto cucinato dalla mamma. Un piccolo gesto di gentilezza, ancor prima che di solidarietà, che anticipa in certo modo l'intero film. Un emozionante "on the road" che ci porta da Batumi, all'estremo Sud della Georgia, a Istanbul, dove Lia va in cerca di sua nipote Tekla. Una giovane trans fuggita senza dare più notizie che Lia, insegnante in pensione, vorrebbe ritrovare anche in omaggio alla madre di Tekla, morta nel frattempo. Con l'aiuto, o forse l'ingombro, di quel suo giovane ex allievo incontrato quasi per caso, Achi. Che però un po' conosceva Tekla e dice di sapere dove vive a Istanbul. Anche se è facile capire che aspetta solo l'occasione per fuggire a sua volta. Così la carismatica Lia, che ogni tanto non disdegna un bicchierino, e l'elettrico Achi, affamato più o meno di tutto, si ritrovano a setacciare il quartiere trans nell'ex Bisanzio, tra incomprensioni e curiosità reciproche (le prime più delle seconde). Mentre il film sembra divagare, abbandonando la strana coppia per seguire altri personaggi del quartiere. Fino a mettere a fuoco un microcosmo dominato da leggi e mentalità ignote a Lia quanto ad Achi. Che non solo non parlano turco ma vengono da una repubblica (post) sovietica, oltre che rigidamente patriarcale, lontana anni luce dalle leggi non scritte di quel mondo. E dai sentimenti che guidano figure come quella di Evrim, neoavvocata che fa volontariato per un'associazione pro-LGBTQ. Il tutto senza mai scivolare nel patetico o in quell'involontaria Arcadia del "diverso" che mina tanti film animati dalle migliori intenzioni. Un po' perché Levan Akin, svedese figlio di georgiani emigrati in Turchia, maneggia perfettamente quel complicato incastro di lingue e culture. Un po' perché il film è nato proprio così, incorporando via via ambienti e personaggi (con l'aiuto, a quanto pare, anche di un poliziotto illuminato e cinèfilo). E disegna con sguardo sapiente e orecchio finissimo (non solo per i dialoghi: il tappeto di canzoni turche che scandisce il racconto è una gioia a parte) un ambiente tanto locale quanto universale. Restituendo al mondo un'attrice che vale da sola il film. La meravigliosa - vedi oltre - Mzia Arabuli.
Da L'Espresso, 24 ottobre 2025


di Fabio Ferzetti, 24 ottobre 2025

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