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felicity
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martedì 14 ottobre 2025
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un film sui traumi del nostro passato
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Smile è un film con una regia di classe ed esteticamente notevole.
Basterebbe solo la prima inquadratura che parte dal volto della madre morta, si ribalta e poi senza stacchi illustra tutta la stanza fino ad arrivare alla figlia sulla soglia per renderci conto di trovarci davanti ad un pregevole lavoro.
E' un horror che ha dietro una mano di gran gusto e che non si limita mai al compitino. Secondo punto di forza del film è la perfetta costruzione delle scene spaventose.
La prima è un mezzo capolavoro per ritmo e resa visiva, oltre ad essere veramente disturbante. Ma più volte Smile riuscirà a farci provare piccoli brividi.
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Smile è un film con una regia di classe ed esteticamente notevole.
Basterebbe solo la prima inquadratura che parte dal volto della madre morta, si ribalta e poi senza stacchi illustra tutta la stanza fino ad arrivare alla figlia sulla soglia per renderci conto di trovarci davanti ad un pregevole lavoro.
E' un horror che ha dietro una mano di gran gusto e che non si limita mai al compitino. Secondo punto di forza del film è la perfetta costruzione delle scene spaventose.
La prima è un mezzo capolavoro per ritmo e resa visiva, oltre ad essere veramente disturbante. Ma più volte Smile riuscirà a farci provare piccoli brividi.
In generale poi l'idea, banale ma vincente, di quei sorrisi funziona alla grande, sono veramente sempre molto inquietanti.
Quindi buonissima regia, scene di spavento ottimamente costruite e di grande resa. Poi Smile cerca di andare oltre, anche riuscendoci. Smile diventa un film su quei traumi che non riusciamo più ad abbandonare.
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eugenio
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sabato 26 novembre 2022
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sorrisi spenti
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Centoquindici minuti di film horror sono troppi anche per i buongustai. Specie se sono tirati, allungati, eccessivamente dilatati per cercar di accalappiar la tensione, palpabile, quella sì, ma alla lunga stancante.
La trama del debuttante Parker Finn alla regia di questo Smile, prodotto psico-horror che strizza l’occhio, per non dire che copia spudoratamente, It follows, altra pellicola a sua volta che si ispira al classico gioco della “catena di S. Antonio” o del “Ce-l’hai” con cui frotte di bambini si sono candidamente divertiti nella loro infanzia, prima del troneggiar pallido e assorto degli smartphone, è quanto di più noto presente sul mercato.
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Centoquindici minuti di film horror sono troppi anche per i buongustai. Specie se sono tirati, allungati, eccessivamente dilatati per cercar di accalappiar la tensione, palpabile, quella sì, ma alla lunga stancante.
La trama del debuttante Parker Finn alla regia di questo Smile, prodotto psico-horror che strizza l’occhio, per non dire che copia spudoratamente, It follows, altra pellicola a sua volta che si ispira al classico gioco della “catena di S. Antonio” o del “Ce-l’hai” con cui frotte di bambini si sono candidamente divertiti nella loro infanzia, prima del troneggiar pallido e assorto degli smartphone, è quanto di più noto presente sul mercato. Abbiamo una psichiatra Rose Cotter (interpretata dalla figlia di Kevin Bacon, Susie, sensibile come un paracarro) che, dall’oscuro trauma giovanile, segnato dal suicidio della madre, segue il caso della giovane dottoranda Laure, anche lei sconvolta da un evento inspiegabile e orribile: il suicidio del proprio insegnante e un oscuro presagio, la visione pochi minuti prima di una misteriosa “entità” capace di tradurre l’evento estremo in un inquietante sorriso demoniaco. Non passano pochi minuti che la stessa giovane finisce per uccidersi dinanzi alla povera Rose, col sorriso stampato sulle labbra, spingendo lentamente verso la follia allucinatoria, la nostra protagonista psichiatra, vittima dei suoi stessi mostri che albergano sopiti in lei.
Il nuovo horror del terzo millennio, Smile, non stupisce per originalità, in fondo perché c’è al suo interno il classico tourbillon di emotività sconvolte dai prodromi giapponesi di Ringu poi The ring con la maledizione mortale che passa di volta in volta ai disgraziati eroi, che hanno solo pochi giorni per salvarsi o il già citato It follows, in cui è solo la nostra protagonista a vedere qualcosa che altri non riescono minimamente ad immaginare.
Eppure, oltre al difficile tentativo di realizzare un film originale in qualcosa che nel genere horror è stato sviscerato sino in fondo, c’è qualcosa in Smile che non funziona. Dietro l’apprezzabile tentativo di coinvolgere lo spettatore con i classici salti sulla poltrona, con le solite inquadrature studiate e primo piano ravvicinato del “mostro”, che funziona bene una volta ma chiaramente, se sai di vedere un horror, alla lunga tediano, il film non riesce principalmente a fare ciò che un horror dovrebbe ovvero spaventare e torturare lo spettatore.
C’è, nel sottotesto di Smile, la classica vicenda di una mente turbata, dialoghi talune volte risibili con l’eterno fidanzato poliziotto, ma l’ambizione termina tutta nel giro di suspence della prima mezz’ora, forse con i primi dieci minuti più riusciti di tutto il film. Eppure, l’aspettativa c’era e tanta: perché Smile, il sorrisetto assassino è specchio dei nostri tempi, dove spesso preferiamo nasconderci dietro la maschera di un illusorio benessere al posto di affrontare la vita, quella vera, talune volte non così semplice. I veri mostri, ci dice Finn e mezza letteratura horror, sono quelli che albergano dentro di noi e sta solo a noi riuscire a trovare la forza di rompere questa maledizione e liberarci. Come furbescamente fa Finn, preparandoci, ahimè a un sequel che si spera verrà prodotto il più tardi possibile.
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[+] libero di tornare a rivederti i vecchi classici
(di finmat92)
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