Inizia come una sequenza di episodi sconclusionati, legati da suggestioni popolane, ma ben presto si rivela come una marcia attraverso gironi danteschi di inquietudine di persone che hanno perso la loro arte, attori che hanno perso il teatro, musicisti che hanno perso l'orientamento, il capostazione che ha perso il treno, il pastore che è rimasto con una sola pecora che chiama "il gregge", Dante stesso che sembra aver perso la parola. Tanti nuclei umani sperduti e tutti carichi di affranta umanità. Anche il Natale non si trova, i Magi se lo sono perso. Un Natale senza una natività, che sta come metafora del buio dello smarrimento universale, solstizio d'inverno da cui tornerà la luce.
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Inizia come una sequenza di episodi sconclusionati, legati da suggestioni popolane, ma ben presto si rivela come una marcia attraverso gironi danteschi di inquietudine di persone che hanno perso la loro arte, attori che hanno perso il teatro, musicisti che hanno perso l'orientamento, il capostazione che ha perso il treno, il pastore che è rimasto con una sola pecora che chiama "il gregge", Dante stesso che sembra aver perso la parola. Tanti nuclei umani sperduti e tutti carichi di affranta umanità. Anche il Natale non si trova, i Magi se lo sono perso. Un Natale senza una natività, che sta come metafora del buio dello smarrimento universale, solstizio d'inverno da cui tornerà la luce. "Ha da passa' 'a nuttata", dice la citazione di Napoli Milionaria rievocata da uno dei personaggi. Alla fine la salvezza, il pane, verrà dagli umili, il pastore che scopre il potere del suo nulla e la sacra famiglia della coppia di vagabondi col bambino, in cerca di riparo. Scenari e scenografie pasoliniane di un mondo marginale, contadino-apocalittico, molto evocativi. Grande capacità evocativa anche degli attori, tutti eccellenti, che riescono a creare ad ogni episodio un mondo compiuto, esteriore e interiore, con poco e in pochi minuti.
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