Se è vero che, nel pendolo che regola la storia dell’umanità, i rapporti uomo donna pare stiano raggiungendo la massima oscillazione verso la loro misurazione in centimetri e ore, “Corro da te” ci racconta l’altra parte dell’oscillazione, quella un po’ démodé, che misura quei rapporti in empatia, abnegazione e, soprattutto “sacrificio”, una parola oggi quasi esecrabile. Eh si, perché optare per l’esclusività e la stabilità di un rapporto sentimentale comporta in primo luogo la rinuncia a tutto il resto e, questa scelta, immediatamente modifica l’unità di misura: non più esclusivamente piacere usa e getta, ma progetto a lungo termine, in alcuni momenti difficile da portare avanti, ma in fondo più sano ed appagante. Ne sa qualcosa Gianni/Michele/Roberto/Luciano, seduttore seriale dai cento nomi, narciso compulsivamente alla ricerca dell’avventura di una notte e via, capace di inventare ogni volta una storia diversa per il gusto di una conquista fine a se stessa e dell’approvazione ammirata di un gruppetto di amici; l’incontro con una paraplegica gli aprirà scenari nuovi e inaspettati, ponendolo dinanzi ad un bivio. Premesso che alcuni personaggi di contorno funzionano davvero, come la segretaria dell’azienda e la nonna della protagonista (Piera degli Esposti alla sua ultima interpretazione) mentre altri, invece, sono abbozzati in maniera molto approssimativa (l’amico medico di lui e la sorella di lei), va rilevato che Riccardo Milani ha confezionato un film in alcuni momenti divertente, in (pochi) altri capace di far pensare, ma comunque molto furbo. Miriam Leone è una paraplegica sportiva, musicista, ricca (stupenda la villa di famiglia) e pure strafiga, un modello un po’ raro nella vita reale. Pierfrancesco Favino un imprenditore facoltosissimo, con villa da mille e una notte, jaguar rombante e stanza da pranzo che si trasforma in piscina, non proprio un personaggio rappresentativo del mondo ordinario. La prima avrebbe comunque un codazzo di spasimanti, il secondo non avrebbe necessità di inventarsi storie e nomi per passare una notte in compagnia. Semplicemente ridicolo, poi, che nell’era di internet un imprenditore di successo con “140 punti vendita” non sia rintracciabile in foto su google e possa spacciarsi impunemente per paraplegico. “Corro da te”, quindi, non va preso sul serio perché è la classica storiella di stampo hollywoodiano (non a caso in un dialogo viene espressamente citata “Pretty Woman”), non illustra affatto la realtà delle persone disabili, il loro mondo “altro”, la solitudine che attaglia le loro vite e le concrete difficoltà che devono affrontare: a parte qualche sbrigativa scena tutto si focalizza sul rapporto tra i due protagonisti e quello della paraplegia è soltanto un pretesto per raccontarci in fondo una storia d’amore tra due “diversamente abili”: una nel fisico, l’altro nell’anima.
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