mauro nicoli
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giovedì 31 gennaio 2019
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prima di tutto, è un brutto film
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Non avendo seguito per mia ignoranza le vicende che hanno preceduto l'uscita del film, l'ho trovato mediocre già nella prima parte ancora poco connotata politicamente, che già anticipa la scarsa coerenza della narrazione (ad esempio la parte di Geraldine Chaplin nel magazzino è imbarazzante, soprattutto per unattrice del suo calibro).
Altrettanto imbarazzante la sceneggiatura, fatta di frasi retoriche e luoghi comuni, che miete fra le vittime fra chi le pronuncia, coinvolgendo anche il povero Franco Nero).
Divisione manichea fra i cattivi (tutti rigorosamente da una parte, a volte addirittura ridicoli nella loro cattiveria) ed i buoni dall'altra, compresi gerarchi fascisti ingenue ed incolpevoli brave persone solo un po' frastornate.
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Non avendo seguito per mia ignoranza le vicende che hanno preceduto l'uscita del film, l'ho trovato mediocre già nella prima parte ancora poco connotata politicamente, che già anticipa la scarsa coerenza della narrazione (ad esempio la parte di Geraldine Chaplin nel magazzino è imbarazzante, soprattutto per unattrice del suo calibro).
Altrettanto imbarazzante la sceneggiatura, fatta di frasi retoriche e luoghi comuni, che miete fra le vittime fra chi le pronuncia, coinvolgendo anche il povero Franco Nero).
Divisione manichea fra i cattivi (tutti rigorosamente da una parte, a volte addirittura ridicoli nella loro cattiveria) ed i buoni dall'altra, compresi gerarchi fascisti ingenue ed incolpevoli brave persone solo un po' frastornate.
Ai buoni eed alle vittime per la prima volta nella cinematografia italiana viene messa in bocca la speranza che attivi il Terzo Reich a salvarli, che rappresenta una assoluta novità; spero che qualcuno si ricordi dei 12000 soldati italiani martiri di Cefalonia.
Puerile inoltre la trattazione delle vicende della disintegrazione dell'esercito italiano occupante i balcani dopo l'8 settembre.
Ridicolo e caricaturale il comandante partigiano, capo di un'orda di soli ubriaconi e sadici; un fenomeno complesso e doloroso come la resistenza iugoslava andrebbe trattato con ben altro equilibrio.
Ma SOPRATTUTTO, CERTO A MIO PERSONALE GIUDIZIO, IL FILM E' MEDIOCRE DAL PUNTO DI VISTA CINEMATOGRAFICO IN GRAN PARTE DEI SUOI ELEMENTI (si salva la fotografia e la colonna sonora, esperienza interessante).
La cosa che ho trovato strana è il fatto che gli attori recitano in modo impostato, innaturale, scolastico, perfino artisti in grado di fornire ben altre prestazioni.
In alcune parti del film attori e comparsi si muovono come nei film di serie B o C di una volta.
Lo sviluppo delle varie fasi non è logico, la collocazione spazio temporale di molti eventi incoerente.
Mi aspetto che il compito doveroso di fare luce sugli eventi che hanno interessato quel momento e quella terra venga svolto da una filmografia di adeguato valore culturale e storico, nell'interesse di tutto quanto deve essere conosciuto per averne momeria, che non può essere affidato solo ad un prodotto come Red Land.
E' vero, certe semplificazioni andrebbero evitate, ma non è un caso che il principale promotore della diffusione del film sia CASA POUND.
Mauro Nicoli
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mercoledì 6 febbraio 2019
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film altamente egocentrico e propagandistico, con scene insistenti di violenza gratuita tipiche di un film di serie b
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Film storico-drammatico, ambientato nell'Istria del 1943 dopo l'arresto di Mussolini. Descrive le barbarie perpetrate da parte dei partigiani comunisti jugoslavi ai danni dei civili italiani, abbandonati a se stessi dall'esercito italiano e tedesco sprofondati nel caos. Argomento a mio parere interessante, perché di solito ignorato dai film ambientati durante la seconda guerra mondiale, concentrati più che altro sulle deportazioni e sulle barbarie naziste. Di fatto però il film è un continuo susseguirsi di insistenti scene di violenza gratuita e descritte nei minimi dettagli, intervallate da discorsi retorici sulla cattiveria e stupidità degli uomini. Un film altamente egocentrico e propagandistico, dove i partigiani slavi sono i mostri cattivi, e gli italiani i martiri senza colpa, senza però analizzare le discriminazioni razziali e le violenze subite precedentemente dagli slavi, di cui le vicende descritte sono solo una naturale conseguenza.
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Film storico-drammatico, ambientato nell'Istria del 1943 dopo l'arresto di Mussolini. Descrive le barbarie perpetrate da parte dei partigiani comunisti jugoslavi ai danni dei civili italiani, abbandonati a se stessi dall'esercito italiano e tedesco sprofondati nel caos. Argomento a mio parere interessante, perché di solito ignorato dai film ambientati durante la seconda guerra mondiale, concentrati più che altro sulle deportazioni e sulle barbarie naziste. Di fatto però il film è un continuo susseguirsi di insistenti scene di violenza gratuita e descritte nei minimi dettagli, intervallate da discorsi retorici sulla cattiveria e stupidità degli uomini. Un film altamente egocentrico e propagandistico, dove i partigiani slavi sono i mostri cattivi, e gli italiani i martiri senza colpa, senza però analizzare le discriminazioni razziali e le violenze subite precedentemente dagli slavi, di cui le vicende descritte sono solo una naturale conseguenza. È più semplice prendere lo spettatore "per lo stomaco", anziché indurlo a ragionare su una visione d'insieme. In un cinema che ricorre sempre più spesso a scene di violenza e sesso gratuiti per nascondere trame mediocri, mi aspettavo da questo film "serio" e premiato dalla critica qualcosa di un po' più raffinato.
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parmatre
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martedì 12 febbraio 2019
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che brutto film!
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La memoria è una cosa molto importante, andrebbe maneggiata con cura. Il problema di questo film non è quello che racconta, né il fatto che sia un film decisamente partigiano: personalmente da un regista non mi aspetto l'obiettività di uno storico, se voglio conoscere le cose per come sono state veramente leggo un libro di storia o guardo un documentario. Il problema di "Red land" è che è un film brutto, perché scritto male e di conseguenza recitato peggio; anche attori consoldati come Nero riescono a non essere credibili. Se non si sa scrivere un film (e per quanto mi riguarda chi lo ha scritto lo ha fatto davvero male) le grandi frasi a effetto risultano false e banali, quelle che dovebbero essere grandi idee registiche si svelano per piccoi espedienti retorici (vogliamo parlare dei ricordi in ralenty della protagonista prima di essere getta nelle foibe, della bambina a piedi nudi che coglie fiori, di lei che prende a manate la bella terra rossa che tanto ama? Vogliamo parlare della bambola che rotola assieme a lei giù per la foiba - anch'essa rigorosamente in ralenty? Espedienti, davvero, da primo anno di scuola di regia), i personaggi che dovrebbero indignarci semplicemente ci annoiano perché non hanno spessore, profondità psicologica, nessuna sfumatura emotiva che li renda davvero umani.
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La memoria è una cosa molto importante, andrebbe maneggiata con cura. Il problema di questo film non è quello che racconta, né il fatto che sia un film decisamente partigiano: personalmente da un regista non mi aspetto l'obiettività di uno storico, se voglio conoscere le cose per come sono state veramente leggo un libro di storia o guardo un documentario. Il problema di "Red land" è che è un film brutto, perché scritto male e di conseguenza recitato peggio; anche attori consoldati come Nero riescono a non essere credibili. Se non si sa scrivere un film (e per quanto mi riguarda chi lo ha scritto lo ha fatto davvero male) le grandi frasi a effetto risultano false e banali, quelle che dovebbero essere grandi idee registiche si svelano per piccoi espedienti retorici (vogliamo parlare dei ricordi in ralenty della protagonista prima di essere getta nelle foibe, della bambina a piedi nudi che coglie fiori, di lei che prende a manate la bella terra rossa che tanto ama? Vogliamo parlare della bambola che rotola assieme a lei giù per la foiba - anch'essa rigorosamente in ralenty? Espedienti, davvero, da primo anno di scuola di regia), i personaggi che dovrebbero indignarci semplicemente ci annoiano perché non hanno spessore, profondità psicologica, nessuna sfumatura emotiva che li renda davvero umani. Eppure,a Maximiliano Hernando Bruno sarebbe bastato guardare qualche bel film storico/politico per capire come si fa ("Il vento che accarezza l'erba" o "Munich", per citarre due film diversissimi tra loro ma che sono grande cinema - guararli per credere).
Eppure Red Land - Rosso Istria ha un merito importante: ha finalmente portato in scena una dolorosa (e mai indigata dal cinema) pagina della nostra storia recente. Ognuno la pensa come vuole, ma che se ne parli, e si sia stimolati dalla visione di un film (anche brutto) a cercare notizie, studiare, conoscere, è sempre una cosa positiva. Restiamo in attesa che qualche altro cineasta, di più sicuro mestiere e con ben altra capactà poetica, raccolga la sfida lanciata da Bruno.
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nonsonoancor
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giovedì 14 febbraio 2019
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cinematograficamente lungo e noioso, i contenuti sono anche peggio!
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Il film Red Land è una “cagata pazzesca” per dirla con le parole del ragionier Fantozzi! Pura propaganda revisionista postfascista in salsa sovranista! Non c’è un cenno alle cause della violenza che ammorba il film, alla terribile ventennale repressione della dittatura fascista in quelle zone, se non un rapido accenno al divieto della lingua slava in pubblico. Tutto il racconto, di fantasia tranne che per la vicenda parzialmente ricostruita di Norma Cossetto, è solo un susseguirsi dei vecchi stereotipi che parlano di slavi barbari e stupratori di donne italiane. La pellicola spinge lo spettatore al punto tale da far percepire la liberazione del Duce dalla prigionia del Gran Sasso come una buona notizia che ricolma di speranza per il futuro! Il film è zeppo di imprecisioni volute per trasmettere un messaggio distorto ben preciso: gli italiani brava gente sono stati massacrati dai barbari slavocomunisti che volevano rubargli la loro terra.
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Il film Red Land è una “cagata pazzesca” per dirla con le parole del ragionier Fantozzi! Pura propaganda revisionista postfascista in salsa sovranista! Non c’è un cenno alle cause della violenza che ammorba il film, alla terribile ventennale repressione della dittatura fascista in quelle zone, se non un rapido accenno al divieto della lingua slava in pubblico. Tutto il racconto, di fantasia tranne che per la vicenda parzialmente ricostruita di Norma Cossetto, è solo un susseguirsi dei vecchi stereotipi che parlano di slavi barbari e stupratori di donne italiane. La pellicola spinge lo spettatore al punto tale da far percepire la liberazione del Duce dalla prigionia del Gran Sasso come una buona notizia che ricolma di speranza per il futuro! Il film è zeppo di imprecisioni volute per trasmettere un messaggio distorto ben preciso: gli italiani brava gente sono stati massacrati dai barbari slavocomunisti che volevano rubargli la loro terra. In 150 minuti si intravede una sola volta una camicia nera con fez, tutti gli altri sono militari o funzionari italiani che indossano divise di ordinanza. Tutti i funzionari dello stato italiano hanno un accento istroveneto come se fossero autoctoni e non ci fosse stata la latinizzazione forzata con migliaia di funzionari meridionali trasferiti per colonizzare e cambiare le quote etniche delle regioni di oltreadriatico. La scena dello slavocomunista Darth Vader, poi, è uno dei momenti più bassi di Istria Wars. Per non parlare del fatto che è onnipresente il tema della componente etnica che trascende l’appartenenza politica, cosa che in realtà avverrà solo alcuni anni dopo e che invece in quella fase del ’43 vide gli antifascisti uniti a prescindere. Ottimo il personaggio interpretato Franco Nero, il professore che non solo paragona fascismo e comunismo ma che anzi lascia intendere come a ben vedere quest’ultimo sia anche peggio. Per non parlare dell’ossessione per i “titini”, termine che risuona centinaia di volte nella pelliccola e che non poteva ancora essere usato dagli istriani nel 1943. Anche il dettaglio del ragazzo che avvisa i prigionieri sul camion che stanno andando verso morte certa risuona propagandistico e sembra fare da contraltare agli ebrei che si recavano ignari al macello delle camere a gas. No comment invece per la incresciosa sequenza dello stupro, la sadica gang bang amplificata da ombre oscene, luci ballonzolanti e rumori tragicomici da film di Pierino che sono la vera offesa al ricordo delle povere vittime di quei tragici giorni di guerra e di capovolgimenti di fronte. Ma il capolavoro finale è rappresentato dai “liberatori” nazisti che finalmente, anche se con i loro comodi, si decidono a salvare l’Istria giusto in tempo per la fine del film. Insomma come pulirsi il deretano con i soldi pubblici di Rai Cinema, Regione Veneto e Regione Lazio.
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piki1948
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sabato 24 novembre 2018
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memoria zoppa
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Questo lungometraggio malgrado venga definito un film, a mio parere, assomiglia molto ad un docufilm. Esso ricostruisce un fatto storicamente avvenuto: la tragica vicenda di Norma Cossetto, figlia di un dirigente locale del Partito Nazionale Fascista che era stato anche podestà (sindaco) del comune di Visinada in Istria e che nel 1943 era un ufficiale delle camicie nere di stanza a Trieste.
Dal punto di vista cinematografico è un buon lavoro. Molto bravi gli attori, buono l'impianto narrativo, eccellente la fotografia, dialoghi ben congegnati, fedeli i costumi e le ambientazioni. Forse un po' esagerato in certe scene l'uso del chiaroscuro e delle riprese in controluce.
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Questo lungometraggio malgrado venga definito un film, a mio parere, assomiglia molto ad un docufilm. Esso ricostruisce un fatto storicamente avvenuto: la tragica vicenda di Norma Cossetto, figlia di un dirigente locale del Partito Nazionale Fascista che era stato anche podestà (sindaco) del comune di Visinada in Istria e che nel 1943 era un ufficiale delle camicie nere di stanza a Trieste.
Dal punto di vista cinematografico è un buon lavoro. Molto bravi gli attori, buono l'impianto narrativo, eccellente la fotografia, dialoghi ben congegnati, fedeli i costumi e le ambientazioni. Forse un po' esagerato in certe scene l'uso del chiaroscuro e delle riprese in controluce. Due ore e mezzo di pellicola scorrevoli che fanno calare lo spettatore nelle drammatiche circostanze in cui agiscono i personaggi e lo coinvolgono emotivamente nell'atmosfera di incertezza, di intimidazione e di terrore vissuta dalla popolazione di lingua italiana al confine orientale negli anni tragici del secondo conflitto mondiale: una sfaccettatura dei tanti orrori della guerra.
Ma e c'è un ma, come docufilm mi dispiace è fuorviante ed è una memoria zoppa. Esso, pur ricostruendo fedelmente un fatto realmente accaduto, finisce con l'evocare soltanto l'efferata crudeltà dei partigiani titoisti "sbucati dal nulla" e poco lascia intendere su quanto successo negli anni che precedono l'assassinio della povera Norma Cossetto e di tanti altri italiani. Nulla trapela sulla cattiva gestione da parte dello Stato italiano dei territori della Venezia Giulia, dell'Istria e della Dalmazia, annessi al termine del primo conflitto mondiale, abitati da sempre da popolazioni miste, nei quali fu imposta l'italianizzazione forzata dei residenti sloveni e croati attuando ogni sorta di angherie, violenze, vessazioni e deportazioni. Nulla trapela sull'invasione del Regno di Jugoslavia, nel 1941, da parte della Germania e dell'Italia, dove l'aggressione italo-tedesca si intrecciò con l'esasperazione della guerra civile e delle contrapposizioni etniche e dove le truppe di occupazione italiane reagirono alla resistenza iugoslava con brutale durezza: rastrellamenti, villaggi incendiati, esecuzioni sommarie, internamento di migliaia di civili.
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[+] una parte della storia, ben raccontata
(di marillo)
[ - ] una parte della storia, ben raccontata
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alasondro alegr�
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sabato 24 novembre 2018
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150 minuti di agonia
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Due ore e mezza ad attendere una scena che il pubblico già conosce prima di entrare in sala, nel frattempo tocca sorbitrsi tutta una sequenza di inutili sciocchezze dal punto di vista storiografico (un esempio a caso: la scena in cui i carabinieri di un presunto comando istriano vanno in cerca di disertori subito dopo l'8 settembre è ridicola). Anche la stessa vicenda di Norma Cossetto è gran parte ricostruita fantasiosamente senza nemmeno far riferimento alla pubblicistica coeva e alle ricostruzioni che furono fatte in seguito. Ovviamente è normale che al cinema ci si prenda delle licenze artistiche ma gli sfondoni diventano gravi quando si pretende di rappresentare una storia realmente accaduta con tanto di nomi e cognomi (qui i soli personaggi realmente esistiti sono i membri della famiglia Cossetto).
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Due ore e mezza ad attendere una scena che il pubblico già conosce prima di entrare in sala, nel frattempo tocca sorbitrsi tutta una sequenza di inutili sciocchezze dal punto di vista storiografico (un esempio a caso: la scena in cui i carabinieri di un presunto comando istriano vanno in cerca di disertori subito dopo l'8 settembre è ridicola). Anche la stessa vicenda di Norma Cossetto è gran parte ricostruita fantasiosamente senza nemmeno far riferimento alla pubblicistica coeva e alle ricostruzioni che furono fatte in seguito. Ovviamente è normale che al cinema ci si prenda delle licenze artistiche ma gli sfondoni diventano gravi quando si pretende di rappresentare una storia realmente accaduta con tanto di nomi e cognomi (qui i soli personaggi realmente esistiti sono i membri della famiglia Cossetto). Ma anche sorvolando sulle questioni etiche e su una ricostruzione - checché se ne dica - chiaramente di parte, il film è veramente uno strazio con una sceneggiatura che sembra scritta da un ragazzino delle medie, abbondanza di scene inutili solo per veicolare precisi messaggi ideologici, pessimi raccordi tra le inquadrature e pessima direzione degli attori, le vere vittime di questo film. Tanti volti nuovi che speravano di avere la loro grande occasione, difficile però risollevarsi dopo una simile pellicola ammazzacarriere.
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serenata
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venerdì 16 novembre 2018
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150 minuti spesi male
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Ritengo che Red Land non sia un bel film perché alla qualità di un film concorrono più elementi: un film non è fatto solo di ottime location, di sfondo musicale, di bravi attori e primi piani in controluce. se è un film storico o è obiettivo o non rende giustizia a nessuno. Il regista Bruno fa un film sulla storia di Norma Cossetto togliendo gli avvenimenti dal loro contesto. La furia dei partigiani titini viene spiegata dal malvagio partigiano titino come reazione al divieto posto dagli ustascia di Ante Pavelić di pregare nella propria lingua.
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Ritengo che Red Land non sia un bel film perché alla qualità di un film concorrono più elementi: un film non è fatto solo di ottime location, di sfondo musicale, di bravi attori e primi piani in controluce. se è un film storico o è obiettivo o non rende giustizia a nessuno. Il regista Bruno fa un film sulla storia di Norma Cossetto togliendo gli avvenimenti dal loro contesto. La furia dei partigiani titini viene spiegata dal malvagio partigiano titino come reazione al divieto posto dagli ustascia di Ante Pavelić di pregare nella propria lingua. Non compaiono l’italianizzazione forzata che seguì l’avvento del fascismo, l’imposizione “con metodi persuasivi“ squadristi dell’uso ovunque della sola lingua italiana, la sostituzione degli insegnanti croati e sloveni con insegnanti italiani, l’italianizzazione dei nomi delle località e dei cognomi, la proclamazione delle leggi razziali a Trieste (riguardavano anche le minoranze slave della Venezia Giulia), la sintonia dello stato italiano, Mussolini, con lo stato tedesco, Hitler, ecc.
Norma Cossetto, giovane fascista, fu vittima della barbarie che si scatenò contro gli italiani per gli abusi che proprio i fascisti italiani compirono. E fu vittima due volte, come fascista e come donna.
Il film dura troppo rispetto ai suoi contenuti: destina una lunga sequenza col sonoro dello stupro di una adolescente, una lunghissima sequenza dello stupro di Norma Cossetto. Il regista dedica meno di 10 minuti alla avanzata dei tedeschi che occupano Visinada senza sparare un colpo sui civili, limitandosi a metterne un piccolo gruppo con la faccia contro il muro e dedica circa 130 minuti ai partigiani titini che diventano il simbolo del male assoluto, che buttano gli italiani nella foiba di Villa Surani, che gioiscono del dolore e del terrore che provocano, che prefigurano, una volta cacciati i tedeschi, che la popolazione italiana avrà a che vedersela con loro. Tutto ciò senza un perché, Ante Pavelić a parte. No, questo film non rende proprio giustizia a nessuno. E della informazione parziale e della disinformazione se ne può sempre fare volentieri a meno.
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[+] imbarazzante
(di fabriziog)
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