Per uno spettatore, come me, ignaro di tutto ciò che riguarda il personaggio della storia, il regista e il cast del film, le situazioni lungo le sequenze mi sono sembrate come la tela di un ragno che fanno da legame tra pareti e soffitto di un angolo in un locale.Anche se il genere è biografico s’intuisce che il film è stato gestito in modo altro che piatto, ci s’intravedono trace di simbolismo acuto.
Con questa pellicola, lo schermo sembra essere l’interno di un autobus con diversi flashback come finestra durante i viaggi e con delle sequenze come fermate per far salire o scendere diverse testimonianze e/o denunce:
-La qualità scadente dell’organo dell’informazione (le interviste),
-La rabbia nell’anima (il ricordo della Germania bruciata dagli inglesi),
-La speculazione non ha nemici storici (il rapporto con l’impresario),
-Il rapporto generazionale (madre che recupera prole dopo averla abbandonata),
-Repressione di un regime (censura di uno spettacolo),
-Il costo della vita di lusso (rinunciare alla propria vocazione e sposare l’ebreo).
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Per uno spettatore, come me, ignaro di tutto ciò che riguarda il personaggio della storia, il regista e il cast del film, le situazioni lungo le sequenze mi sono sembrate come la tela di un ragno che fanno da legame tra pareti e soffitto di un angolo in un locale.Anche se il genere è biografico s’intuisce che il film è stato gestito in modo altro che piatto, ci s’intravedono trace di simbolismo acuto.
Con questa pellicola, lo schermo sembra essere l’interno di un autobus con diversi flashback come finestra durante i viaggi e con delle sequenze come fermate per far salire o scendere diverse testimonianze e/o denunce:
-La qualità scadente dell’organo dell’informazione (le interviste),
-La rabbia nell’anima (il ricordo della Germania bruciata dagli inglesi),
-La speculazione non ha nemici storici (il rapporto con l’impresario),
-Il rapporto generazionale (madre che recupera prole dopo averla abbandonata),
-Repressione di un regime (censura di uno spettacolo),
-Il costo della vita di lusso (rinunciare alla propria vocazione e sposare l’ebreo).
Mentre l’atteggiamento anarchico della cantante sembra ingiustificato, il registratore di suono si rivela, verso la fine, come eco sonoro al quale manca il rumore della sconfitta che la protagonista sente dentro la propria anima.
A mio parere, 90 minuti circa come durata di un film non lasciano ad una regia abile uno spazio per sprecare tempo.
noureddine el harti
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