zarar
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lunedì 29 febbraio 2016
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l'irresistibile leggerezza dell'utopia
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Mi è piaciuto. Perché chiedere a questo pseudo docu-film quello che non è palesemente nelle intenzioni del regista? Analisi documentate ed esaustive, sociologia scientifica, denunce circostanziate, think tank per la risoluzione di problemi mondiali e chissà che cosa ancora…. Se cercate questo, non è il vostro film, anche se vi farebbe bene. Quello che Moore con la sua straripante personalità dà qui allo spettatore a piene mani, con l’esuberanza che lo rende inconfondibile, ma anche con leggerezza ed ironia, è il piacere perduto e ormai quasi colpevole dell’utopia. In un clima generale di politica-show, dove lo stereotipo è – qui sì - cavalcato con fredda efficienza per raccogliere consensi e nascondere il ‘duro’ dei problemi e della politica (è lo spettacolo in questi giorni negli USA dei Presidential debates, caucuses, primarie e superTusday…) Moore indossa la sua maglietta, brandisce la sua bandiera stelle e strisce e va in cerca con sfacciata innocenza, attraverso modelli/miti di vari paesi reali, del suo Paese delle Meraviglie, dove godere non è un peccato, lavorare non è un’ossessione, studiare è un diritto, mangiare è un piacere, essere donna non è una condanna, sbagliare non è una maledizione per l’eternità, la memoria storica è un dovere, i muri eretti per decenni possono cadere in una notte, e via così.
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Mi è piaciuto. Perché chiedere a questo pseudo docu-film quello che non è palesemente nelle intenzioni del regista? Analisi documentate ed esaustive, sociologia scientifica, denunce circostanziate, think tank per la risoluzione di problemi mondiali e chissà che cosa ancora…. Se cercate questo, non è il vostro film, anche se vi farebbe bene. Quello che Moore con la sua straripante personalità dà qui allo spettatore a piene mani, con l’esuberanza che lo rende inconfondibile, ma anche con leggerezza ed ironia, è il piacere perduto e ormai quasi colpevole dell’utopia. In un clima generale di politica-show, dove lo stereotipo è – qui sì - cavalcato con fredda efficienza per raccogliere consensi e nascondere il ‘duro’ dei problemi e della politica (è lo spettacolo in questi giorni negli USA dei Presidential debates, caucuses, primarie e superTusday…) Moore indossa la sua maglietta, brandisce la sua bandiera stelle e strisce e va in cerca con sfacciata innocenza, attraverso modelli/miti di vari paesi reali, del suo Paese delle Meraviglie, dove godere non è un peccato, lavorare non è un’ossessione, studiare è un diritto, mangiare è un piacere, essere donna non è una condanna, sbagliare non è una maledizione per l’eternità, la memoria storica è un dovere, i muri eretti per decenni possono cadere in una notte, e via così. E l’invito finale, all’insegna della favola, è quello all’America di riscoprire in sé la sua parte migliore, senza cercare altrove, come Dorothy nel ‘Mago di Oz’ scopre di aver sempre posseduto le scarpette magiche che avrebbero potuto riportarla a casa… Neppure lo spettatore più ingenuo può farsi illusioni, o scambiare il film per un programma politico, o credere fino in fondo che i modelli esaltati esauriscano una realtà, ma è smagliante la luce, la pienezza vitale, la simpatia, la naturalezza, la bellezza degli sguardi e dei sorrisi che il regista presta alla sua utopia. Non per negare il serio e concreto della politica, ma – troppo necessario - per ridarle un’anima. Il film è meno brillante in alcuni punti, un po’ serioso in altri, ma nel complesso resta, a mio parere, uno dei migliori di Moore. Tre stelle e mezzo.
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etabeta
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sabato 19 novembre 2016
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un po "fiacco" ma pieno di spunti
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Un classico film di Michael Moore, molto simile a Sick-O, ma mentre quest'ultimo è più film che documentario, Where to invade next è un po il contrario .
IL regista finge ironicamente di voler invadere l'Europa per poter "rubare" qualcosa che si utile alla potenza USA, visto che come lui stesso afferma: "anche l'invasione dell'Iraq non ha portato all'America tutto il petrolio che si pensava".
In questo caso Michael viaggia per l'Europa per rubare idee del nostro stile di vita e della nostra società.
Il documentario è pieno di spunti interessanti, anche se risulta essere quasi irreale quando visita due fabbriche in Italia, dove tutti gli operai sono felici e contenti, hanno ben 4 o 5 settimane di ferie all'anno, 2 ore di pausa pranzo e dove i datori di lavoro sono felici di pagare la tredicesima.
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Un classico film di Michael Moore, molto simile a Sick-O, ma mentre quest'ultimo è più film che documentario, Where to invade next è un po il contrario .
IL regista finge ironicamente di voler invadere l'Europa per poter "rubare" qualcosa che si utile alla potenza USA, visto che come lui stesso afferma: "anche l'invasione dell'Iraq non ha portato all'America tutto il petrolio che si pensava".
In questo caso Michael viaggia per l'Europa per rubare idee del nostro stile di vita e della nostra società.
Il documentario è pieno di spunti interessanti, anche se risulta essere quasi irreale quando visita due fabbriche in Italia, dove tutti gli operai sono felici e contenti, hanno ben 4 o 5 settimane di ferie all'anno, 2 ore di pausa pranzo e dove i datori di lavoro sono felici di pagare la tredicesima..(!!)
Michael a mio parere, esce dal seminato anche quando afferma che un'azienda composta di dirigenti solo donne può far meglio e in maniera più legale rispetto a un'azienda diretta da uomini o con una maggioranza di uomini.
Ad ogni modo il film come tutti i film di Moore è pieno di patos e lascia sempre qualcosa di bello nel cuore dello spettatore.
Michael Moore è così, piaccia o non piaccia, genuino nel suo modo di concepire il mondo, e lo si vede quando dopo l'incontro col Presidente della Slovenia riesce a stento a trattenere le lacrime.
Non è forse questo in fin dei conti, un mondo che Moore e la maggior parte di noi vorrebbe? Un mondo dove c'è pace e giustizia, comprensione e tolleranza per tutti?
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des esseintes
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giovedì 12 maggio 2016
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patetico
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Film ridicolo.
A parte che lui a pelle non ispira troppa simpatia con il suo buonismo molliccio e privo di nerbo, il film è un ammasso di sciocchezze una sopra all'altra.
Si dice che in Europa c'è uno splendido welfare, i lavoratori sono tutelati nei diritti e nella qualità della vita.
In Portogallo si sta che è una meraviglia, in Italia si fa festa tutti i giorni, i francesi (ai quali piace tanto il formaggio, come ci ricorda il regista) se la ridono e i tedeschi se la godono.
L'ingenuo pirla Michael Moore si dimentica non solo di raccontare che questi diritti sono sotto attacco da anni e che per la maggior parte li abbiamo già perduti ma che fra i vari governi dei paesi europei è in corso una guerra senza esclusione di colpi nella quale i paesi ricchi del centro stanno cercando di colonizzare selvaggiamente quelli della periferia.
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Film ridicolo.
A parte che lui a pelle non ispira troppa simpatia con il suo buonismo molliccio e privo di nerbo, il film è un ammasso di sciocchezze una sopra all'altra.
Si dice che in Europa c'è uno splendido welfare, i lavoratori sono tutelati nei diritti e nella qualità della vita.
In Portogallo si sta che è una meraviglia, in Italia si fa festa tutti i giorni, i francesi (ai quali piace tanto il formaggio, come ci ricorda il regista) se la ridono e i tedeschi se la godono.
L'ingenuo pirla Michael Moore si dimentica non solo di raccontare che questi diritti sono sotto attacco da anni e che per la maggior parte li abbiamo già perduti ma che fra i vari governi dei paesi europei è in corso una guerra senza esclusione di colpi nella quale i paesi ricchi del centro stanno cercando di colonizzare selvaggiamente quelli della periferia.
Un film che non prende posizione, che non denuncia, che si limita a raccontini idealizzati buoni per bambini deficienti, che non propone reali alternative, che se la fa sotto all'idea di parlare di mettere in discussione l'ordine del potere vigente.
Il trionfo del post moderno for dummies, senza intelligenza, senza rabbia, senza palle.
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