Alle soglie di qualcosa che non si raggiunge ,insita nel territorio del suo non essere colta ,sta la dimensione altra che i due registi est-europei ed il giovane nord-americano vogliono suggerire.
Ci riesce Harmony Corine ,in "The Lotus Community Workshop", nel montaggio parallelo dinamizzato su una narrazione non lineare , in cui il trait d'union del sound da videogames pare essere esso stesso lo zucchero filato paventato dal guru ex-batman Kilmer (sicuramente più riuscito nel personaggio agente in questo set) , una quarta dimensione digitale tanto illusoria quanto comoda , mai come oggi oppio dei popoli (altro che le marxiane dinamiche mistiche) risiedente in una tecnologia che, lontana dalla funzionalità volta a volere essere supporto per l'uomo del post-secondo dopoguerra,pare ora sempre più puntare sulla logica del duplicato ; una visione pessimistica subito bilanciata dal secondo cortometraggio ,"Chronoeye" di Aleksei Fedorchenko ,dove in un eccessivamente conclusivo racconto su una macchina del tempo non capace di trasportare fisicamente ma solo di mostrare a pillole (ottima metafora dell'intangibilità del tempo che appena ve ne si coglie il concetto è esso stesso a portarcelo via) vede il prevedibile emergere finale di un carattere gioviale e propenso alla vita,ma fino a quel momento introverso e represso,di un giovane abbastanza vecchio Emmet Brown privo di Marty,grazie al "futuro" rappresentato dalla bella e non acerba Darya Ekamasova che lo sottrarrà dall'improducente sguardo ad un passato ormai improduttivo ; un moralismo narrato bene ma poco interessante se non nel visuale implicito "effetto Droste" proposto come sguardo su un'infinita ricerca fine a se stessa.
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Alle soglie di qualcosa che non si raggiunge ,insita nel territorio del suo non essere colta ,sta la dimensione altra che i due registi est-europei ed il giovane nord-americano vogliono suggerire.
Ci riesce Harmony Corine ,in "The Lotus Community Workshop", nel montaggio parallelo dinamizzato su una narrazione non lineare , in cui il trait d'union del sound da videogames pare essere esso stesso lo zucchero filato paventato dal guru ex-batman Kilmer (sicuramente più riuscito nel personaggio agente in questo set) , una quarta dimensione digitale tanto illusoria quanto comoda , mai come oggi oppio dei popoli (altro che le marxiane dinamiche mistiche) risiedente in una tecnologia che, lontana dalla funzionalità volta a volere essere supporto per l'uomo del post-secondo dopoguerra,pare ora sempre più puntare sulla logica del duplicato ; una visione pessimistica subito bilanciata dal secondo cortometraggio ,"Chronoeye" di Aleksei Fedorchenko ,dove in un eccessivamente conclusivo racconto su una macchina del tempo non capace di trasportare fisicamente ma solo di mostrare a pillole (ottima metafora dell'intangibilità del tempo che appena ve ne si coglie il concetto è esso stesso a portarcelo via) vede il prevedibile emergere finale di un carattere gioviale e propenso alla vita,ma fino a quel momento introverso e represso,di un giovane abbastanza vecchio Emmet Brown privo di Marty,grazie al "futuro" rappresentato dalla bella e non acerba Darya Ekamasova che lo sottrarrà dall'improducente sguardo ad un passato ormai improduttivo ; un moralismo narrato bene ma poco interessante se non nel visuale implicito "effetto Droste" proposto come sguardo su un'infinita ricerca fine a se stessa.
L'ultimo prodotto audiovisivo , "Fawns" di Jan Kwiecinski, è assolutamente connotabile per quello che è ,cioè l' opera di un giovane, figlio dell'apologia del tecnicismo ,che vuole un Cinema fossilizzato nel puntare sull'essere il più possibile "cinematografico" ,un affondare nell' autoreferenzialismo che obbliga a vedere ristretto claustrofobicamente il campo del "ben fatto"nell'unico ambito della "buona qualità" tecnica.
E' comunque il migliore dei tre e ,nonostante la ricerca dell'inquadratura originale a tutti i costi,forse non sa di aver vinto nella sequenza finale ,dove i cerbiatti del titolo nascondono ciò che sta oltre alla loro (dei tre ragazzi protagonisti) ritrovata razionalità ove possono ora poggiare i piedi , per allontanarsi dal(a partire dal) loro catartico viaggio ,privi di cappelli piumati da indiani,colti nello sguardo finale di ciò che finalmente (nella dimensione più complicata di tutte : la propria ),sono riusciti a trovare : qualcuno da salvare.
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