epiere
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venerdì 27 maggio 2011
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jodie foster,mel gibson..bella accoppiata!
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Jodie Foster non solo grande attrice ma anche ottimo regista in questo film che esplora in modo originale il vasto mondo della depressione.Potente prova d'attore di Mel Gibson,"aiutato" dal fatto di aver vissuto un momento nero nella sua vita.Profonda la riflessione sulla vita che la regista esprime, attraverso le parole dell'attrice giovane,nell'ultima parte del film
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(di valterino)
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ilfreddo1983
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lunedì 23 maggio 2011
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bella sorpresa!!!
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Trattare il tema della depressione che si trasforma in schizzofrenia facendo a tratti sorridere lo spettatore non è facile ma Mr.Beaver ci riesce.Usare un pupazzo come cura per la malattia che col passare del tempo quest'ultimo diventi parte integrante del malato che non riesce più a sbarazzarsi di lui è una gran bella idea che và apprezzata,se poi ci mettiamo una superba interpretazione di Gibson allora il prodotto risulta decisamente buono!!!
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giacomogabrielli
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martedì 14 giugno 2011
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il pezzo mancante di mel. ***
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"Certo, quel pupazzo è una scelta banale" "Gibson è sopra le righe" "E' un film troppo finto" "E' un'americanata". Queste sono solo alcune delle affermazioni di certi spettatori -anziani- presenti alla proiezione del film. Il terzo film da regista della Foster inizia bene, ma termina effettivamente con alcune delle scene più amare, controverse, sopra le righe ed inaspettate che una commedia, perchè di ciò si tratta, può presentare. E' anche vero che un film con Mel Gibson non può essere del tutto normale. Non dimentichiamoci nemmeno del fatto che però, oltre ad essere un film americano, parliamo pur sempre di intrattenimento: godetevi il film e non pensateci più di tanto.
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"Certo, quel pupazzo è una scelta banale" "Gibson è sopra le righe" "E' un film troppo finto" "E' un'americanata". Queste sono solo alcune delle affermazioni di certi spettatori -anziani- presenti alla proiezione del film. Il terzo film da regista della Foster inizia bene, ma termina effettivamente con alcune delle scene più amare, controverse, sopra le righe ed inaspettate che una commedia, perchè di ciò si tratta, può presentare. E' anche vero che un film con Mel Gibson non può essere del tutto normale. Non dimentichiamoci nemmeno del fatto che però, oltre ad essere un film americano, parliamo pur sempre di intrattenimento: godetevi il film e non pensateci più di tanto... se solo non fosse che la storia si prende particolarmente sul serio. Nonostante ciò, Gibson è bravissimo, in un ruolo che gli mancava, la Foster è sempre adorabile e le loro sottostorie, anche quelle che caratterizzano il figlio maggiore sono ben fatte. Un film che si può considerare nuovo quanto particolare, fotografato bene e, nella versione italiana, doppiato all'altezza delle interpretazioni. IL PEZZO MANCANTE DI MEL ***
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giulimovies
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giovedì 27 agosto 2015
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tutto parte da dentro
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Un gran bel film che fa riflettere. Spesso i malesseri dentro di noi si possono superare solo con la forza di volontà, quando scatta qualcosa dentro di noi.
La situazione del pupazzo può sembrare inizialmente infantile, l'ennesimo gesto immaturo di un uomo che ne ha già combinate tante. E invece no, perché ognuno è diverso dagli altri, e ciò che per noi può essere infantile per un altro può essere utile.
Certo la situazione successivamente gli sfugge di mano, perché staccarsi da qualcosa che procura sollievo non è mai facile, però nonostante tutto e nonostante il finale molto drastico, tutto gli è servito al protagonista.
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Un gran bel film che fa riflettere. Spesso i malesseri dentro di noi si possono superare solo con la forza di volontà, quando scatta qualcosa dentro di noi.
La situazione del pupazzo può sembrare inizialmente infantile, l'ennesimo gesto immaturo di un uomo che ne ha già combinate tante. E invece no, perché ognuno è diverso dagli altri, e ciò che per noi può essere infantile per un altro può essere utile.
Certo la situazione successivamente gli sfugge di mano, perché staccarsi da qualcosa che procura sollievo non è mai facile, però nonostante tutto e nonostante il finale molto drastico, tutto gli è servito al protagonista. Diventare uomo, capire il significato della famiglia, e soprattutto non trascurare più i figli, che sono quelli che soffrono sempre di più per i problemi dei genitori.
Bel film e buona interpretazione di Mel Gibson
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francesco2
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giovedì 19 aprile 2012
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due storie, non una
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Sono almeno due le storie raccontate da e/o in "Mr.Beaver".
C'è, da un lato, un uomo che deve ritrovare sé stesso. E per farlo ha bisogno di un oggetto con le fattezze di essere umano, o quantomeno vivente. Ognuno la interpreterà come vorrà: un desiderio di intermediazione, la ricerca (disperata) di un'amicizia, un'incapacità di credere in sé stesso, al punto di (auto)identificarsi con una marionetta. In questa "storia", la principale, ad un certo punto non è più solo Gibson ad approfittare del pupazzo, ma si verifica anche il contrario. Il pupazzo diventa come il cerchio nel coeniano "Mister Hula Hop": è un "prodotto-emblema" .
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Sono almeno due le storie raccontate da e/o in "Mr.Beaver".
C'è, da un lato, un uomo che deve ritrovare sé stesso. E per farlo ha bisogno di un oggetto con le fattezze di essere umano, o quantomeno vivente. Ognuno la interpreterà come vorrà: un desiderio di intermediazione, la ricerca (disperata) di un'amicizia, un'incapacità di credere in sé stesso, al punto di (auto)identificarsi con una marionetta. In questa "storia", la principale, ad un certo punto non è più solo Gibson ad approfittare del pupazzo, ma si verifica anche il contrario. Il pupazzo diventa come il cerchio nel coeniano "Mister Hula Hop": è un "prodotto-emblema" . Nel senso che, se da un lato soddisfa le esigenze del mercato (Del resto, il personaggio di Gibson è proprio un uomo d'affari), da un lato è un simbolo, anche e soprattutto della (ri)nascita di chi abbia avuto bisogno di (ri)trovarsi bambino per ecuperare il sé stesso
adulto. Forse in questo gioco messo in piedi dalla foster, tutt'altro che esente da ripetitività, e non di rado poco incisivo quanto a delineazione delle psicologie, si potrebbero incontrare le due categori sartriane:essenza ed Esistenza.
L'altra storia è quella del figlio, critico verso il padre, ma in realtà come lui immaturo ed alla ricerca di una stabilità (O forse di qualcos'altro): non credo che la regista voglia condannarlo, descrivendocelo come un immaturo, oltretutto molto più giovane e scioccato da una separazione familiare, che critica altra immaturità. Più semplicemente, magari troppo semplicemente, vuole mettere in scena i suoi disagi adolescenziali,che si scontreranno con traumi ancora supeiori ai suoi.Il figlio costruisce quando provoca, magari eccessivamente; il padre, invece, per (ri)costruirsi avrà bisogno di un (quasi) finale forse non così inatteso.
Ecco, forse il messaggio potrebbe essere che, per un uomo, ridiventare giovane è ancora più complicato di quanto non sia per un giovane diventare uomo. In ogni caso,come già accennato, l'espediente del pupazzo andava sfruttato molto meglio. In questo modo, invece, è troppo spesso una marionetta che condensa l'infantilismo dello stesso Gibson.
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dandy
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lunedì 20 aprile 2015
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la sofferenza espressa giocosamente.
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Al suo terzo film da regista,Jodie Foster sceglie un soggetto assai rischioso,probabilmente imbarazzante e ridicolo nelle mani di qualcun'altro.L'idea di un pupazzo come voce della coscienza per esorcizzare una depressione che finisce per sconfinare in schizofrenia è sviluppata in modo inaspettato,con toni inizialmente da commedia fino a un epilogo estremo che pure sembra riportare un certo equilibrio in Walter e nella sua famiglia.La descrizione del malessere è efficace e incisiva,sia del protagonista che del figlio maggiore Porter(anche se la relazione con la compagna di classe anch'essa problematica è un poco stereotipata).E riesce anche la descrizione di una società insensibile e arrivista,dove bisogna autoimporsi una facciata normale ma sono ben accetti i comportamenti più" strambi",se possono giovare al successo.
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Al suo terzo film da regista,Jodie Foster sceglie un soggetto assai rischioso,probabilmente imbarazzante e ridicolo nelle mani di qualcun'altro.L'idea di un pupazzo come voce della coscienza per esorcizzare una depressione che finisce per sconfinare in schizofrenia è sviluppata in modo inaspettato,con toni inizialmente da commedia fino a un epilogo estremo che pure sembra riportare un certo equilibrio in Walter e nella sua famiglia.La descrizione del malessere è efficace e incisiva,sia del protagonista che del figlio maggiore Porter(anche se la relazione con la compagna di classe anch'essa problematica è un poco stereotipata).E riesce anche la descrizione di una società insensibile e arrivista,dove bisogna autoimporsi una facciata normale ma sono ben accetti i comportamenti più" strambi",se possono giovare al successo.Come sempre la regista riesce a far percepire disagio autentico e dirige ottimamente il cast:Gibson,suo amico da molti anni,non poteva sperare in una chance migliore.Una delle sue più belle performance(meglio se vista in lingua originale).Causa i suoi guai legali,il film è stato bloccato per due anni (girato nel 2009),e il pubblico lo ignorato ingiustamente.Da recuperare per chiunque apprezzi sia Gibson che la Foster.
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dissident
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venerdì 9 febbraio 2018
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il dramma della solitudine
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Un uomo vive una profonda depressione che nessuna terapia riesce a curare e viene buttato fuori di casa dalla moglie per "preservare" i figli (non si capisce bene da cosa, la malattia mentale non è contagiosa, al massimo ereditaria). Sull'orlo del suicidio si inventa una "cura" che lo rimette al mondo, ma nemmeno questo va bene alla sua famiglia, che lo considera "pazzo", qualunque cosa significhi...
Film potente, sull'impossibilità di accettare la malattia mentale, storia di un uomo che per amore della sua famiglia arriva a fare cose che molti dichiarano ma che ben pochi sarebbero realmente disposti a fare (non si può dire cosa per non svelare un passaggio fondamentale della storia).
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Un uomo vive una profonda depressione che nessuna terapia riesce a curare e viene buttato fuori di casa dalla moglie per "preservare" i figli (non si capisce bene da cosa, la malattia mentale non è contagiosa, al massimo ereditaria). Sull'orlo del suicidio si inventa una "cura" che lo rimette al mondo, ma nemmeno questo va bene alla sua famiglia, che lo considera "pazzo", qualunque cosa significhi...
Film potente, sull'impossibilità di accettare la malattia mentale, storia di un uomo che per amore della sua famiglia arriva a fare cose che molti dichiarano ma che ben pochi sarebbero realmente disposti a fare (non si può dire cosa per non svelare un passaggio fondamentale della storia).
Mel Gibson a livelli altissimi, Jodie Foster apparentemente inconsapevole dell'odiosità del suo personaggio, ma non capisco se volutamente o meno.
Ovviamente storia d'amore fra due coprotagonisti, assolutamente non funzionale al film ma assolutamente inevitabile in un film americano, comunque non disturbante.
Da vedere per riflettere su cosa significa vivere vicino ad una persona malata di depressione.
E pensare che c'è chi l'ha definito un classico hollywoodiano o addirittura una commedia...
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giomo891
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giovedì 22 settembre 2022
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mel gibson e la depressione giomo891
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Walter Black, amministratore delegato di una compagnia di giocattoli, soffre di una forma particolarmente acuta di depressione, che lo porta all'allontanamento da parte della propria famiglia e al quasi-fallimento dell'azienda ereditata dal padre; passa così la maggior parte del tempo a dormire fino a quando arriva a tentare il suicidio prima impiccandosi nella doccia e poi buttandosi dalla finestra ma viene fermato da un pupazzo a forma di castoro, Mr. Beaver, infilatosi alla sua mano sinistra. Il pupazzo prende vita, gli sta vicino e lo aiuta portandolo così a riallacciare i rapporti con la famiglia (soprattutto con il figlio minore Henry), e dall'altra di riprendere in mano l'azienda, risollevandola dalla crisi con il lancio di un nuovo prodotto sul mercato.
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Walter Black, amministratore delegato di una compagnia di giocattoli, soffre di una forma particolarmente acuta di depressione, che lo porta all'allontanamento da parte della propria famiglia e al quasi-fallimento dell'azienda ereditata dal padre; passa così la maggior parte del tempo a dormire fino a quando arriva a tentare il suicidio prima impiccandosi nella doccia e poi buttandosi dalla finestra ma viene fermato da un pupazzo a forma di castoro, Mr. Beaver, infilatosi alla sua mano sinistra. Il pupazzo prende vita, gli sta vicino e lo aiuta portandolo così a riallacciare i rapporti con la famiglia (soprattutto con il figlio minore Henry), e dall'altra di riprendere in mano l'azienda, risollevandola dalla crisi con il lancio di un nuovo prodotto sul mercato. Intanto Porter viene pagato per scrivere documenti per i compagni di scuola, compresa Norah che gli chiede anche di scrivere il suo discorso di diploma; in seguito, Porter si innamorerà di Norah.
Intanto, l'alter-ego impersonato dalla marionetta diventa una presenza ingombrante, provocando un generale imbarazzo presso tutti i conoscenti, e portando la famiglia ad allontanarsi nuovamente per l'esasperazione. Ancora solo, Walter ricade nel tunnel della depressione, aggravata stavolta dalla sindrome della doppia personalità, dato che il carattere dimesso di Walter non riesce ad avere la meglio su quello espansivo-aggressivo di Mr. Beaver.
La situazione precipita quando Walter, tra i pensieri disconnessi provocati dalla depressione, decide di riprendere il controllo della situazione sbarazzandosi di Mr. Beaver. Tenta di attaccarlo e di toglierselo dal braccio ma non ci riesce perché la marionetta riesce a resistergli; così, dopo aver costruito una bara delle dimensioni di Mr. Beaver, si amputa il braccio.
Raggiunto in tempo dal figlio più grande, viene portato in ospedale e operato per poi essere trasferito in un ospedale psichiatrico. Alla cerimonia di laurea di Norah, la ragazza confessa a tutti che il discorso non è stato scritto da lei stessa spiegando a tutti il valore della verità e il trauma della morte del fratello avvenuta qualche anno prima per un'overdose. Con ciò, Porter capisce l'importanza della famiglia e si riconcilia con il padre.
Così, Walter, grazie al sostegno della famiglia, riesce finalmente a tornare ad una vita normale.
Il film diretto dalla Foster è un incrocio fra il fantastico/ironico ed il dramma della depressione. Trattare una patologia con una sorta di amara comicità non è cosa facile, ma grazie al protagonista, un insolito Mel Gibson, come non lo avevamo mai visto, rende la storia interessante e più verosimile, specialmente nella seconda parte al dramma di questa tremenda malattia.
La conclusione (ammesso che ci possa essere) è nel discorso finale di Norah: quando hai un grande dolore nel profondo dell'anima, qualcuno cerca, per semplice convenzione sociale, di dirti che "comunque" tutto va bene... ma non è affatto vero, quelle profonde ferite ci sono e chi le prova, spesso, da solo non è in grado di farle rimarginare.
Ci vuole qualcuno che ti ama davvero e che ti aiuti, in qualche modo, a darti almeno il coraggio di andare avanti.
Una pellicola che tratta di un argomento difficile (anche per gli addetti ai lavori) ben affrontato dalla sapiente regia della Foster, con un Mel Gibson straordinario.
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gabriella
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domenica 22 maggio 2011
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l'importanza dell'altro...
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Mr.Beaver,un film drammatico ma alleggerito dai toni della commedia,con alla regia jodie Foster che è al tempo stesso anche la protagonista femminile.Ottima la sua interpretazione,ma ancor più interessante quella di Mel Gibson,forse perchè "agevolata" dalla sua più recente storia personale.
Il film narra di Walter,uomo sposato e padre di due figli(uno di giovane età e l'altro ancora bambino)e responsabile di un'azienda che si occupa di giocattoli,il quale a un certo punto della sua vita sprofonda nella dipendenza da alcol e nel male oscuro(la depressione).
Tema centrale della pellicola è l'importanza della presenza e dell'aiuto da parte degli altri,della famiglia in primis.Non a caso quando la moglie di Walter andrà via,questi ricadrà nella disperazione più cupa ed incontrollabile.
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Mr.Beaver,un film drammatico ma alleggerito dai toni della commedia,con alla regia jodie Foster che è al tempo stesso anche la protagonista femminile.Ottima la sua interpretazione,ma ancor più interessante quella di Mel Gibson,forse perchè "agevolata" dalla sua più recente storia personale.
Il film narra di Walter,uomo sposato e padre di due figli(uno di giovane età e l'altro ancora bambino)e responsabile di un'azienda che si occupa di giocattoli,il quale a un certo punto della sua vita sprofonda nella dipendenza da alcol e nel male oscuro(la depressione).
Tema centrale della pellicola è l'importanza della presenza e dell'aiuto da parte degli altri,della famiglia in primis.Non a caso quando la moglie di Walter andrà via,questi ricadrà nella disperazione più cupa ed incontrollabile.E non a caso,quando suo figlio maggiore,per tutta una serie di motivi, cadrà egli stesso in una condizione di apatia,sarà l'aiuto da parte della sua amica a risollevarlo ed allo stesso tempo a farlo correre dal padre.Il finale stesso del film evidenzia quanto sia fondamentale non sentirsi soli nei momenti drammatici per poter faticosamente risalire la china.
Il film non è quello che si suol dire un capolavoro,ma desta la nostra attenzione la presenza di un Gibson invecchiato in maniera sicuramente non del tutto indolore,e che affronta la parte con inaspettata verosimiglianza.
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foolonthehill
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lunedì 23 maggio 2011
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incompleto
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L'idea non è male, gli attori sono bravi, ma un tema come quello della schizofrenia se trattato superficialmente non può venire capito, e quindi o una persona finisce a non capire il film, o lo trova incompleto. Per avere coraggio fino in fondo, cosa che probabilmente è mancata anche per non perdere quel tocco leggero che strizza l'occhio alle platee più vaste, si è persa lìoccasione di parlare seriamente di malattia mentale.
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