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domenica 20 ottobre 2024
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ma scrivere recensioni comprensibili no eh!
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A partire da "courtroom" (?) non si capisce nulla. Recensire "difficile"allontana solo il lettore. Complimenti.
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laurence316
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venerdì 14 luglio 2017
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silent enime leges inter arma
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Prodotto dall'esordiente American Film Company (TAFC), diretto da Redford (che si giova, e molto, dell'ottima sceneggiatura di Solomon), girato in Georgia, è la storia del processo a Mary Surratt, accusata di cospirazione nell'assassinio di Abraham Lincoln, raccontata prevalentemente attraverso gli occhi di Frederick Aiken, il suo difensore, che prima restio a difendere colei che ritiene colpevole come tutti gli altri, presto si appassiona al caso, e trova profondamente ingiusto il processo di fronte ad un tribunale militare per una civile, che è usata come capro espiatorio al fine di catturare l'unico cospiratore scampato all'arresto, suo figlio John.
Sostenuto da eccellenti interpretazioni da parte dei protagonisti (McAvoy e Wright in testa), The Conspirator è forse il miglior film di Redford regista, che narra di un'ingiustizia, di una sorta di processo-farsa, la cui fine è già stabilita: deve concludersi con l'impiccagione di tutti gli imputati, compresa la vedova Surratt.
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Prodotto dall'esordiente American Film Company (TAFC), diretto da Redford (che si giova, e molto, dell'ottima sceneggiatura di Solomon), girato in Georgia, è la storia del processo a Mary Surratt, accusata di cospirazione nell'assassinio di Abraham Lincoln, raccontata prevalentemente attraverso gli occhi di Frederick Aiken, il suo difensore, che prima restio a difendere colei che ritiene colpevole come tutti gli altri, presto si appassiona al caso, e trova profondamente ingiusto il processo di fronte ad un tribunale militare per una civile, che è usata come capro espiatorio al fine di catturare l'unico cospiratore scampato all'arresto, suo figlio John.
Sostenuto da eccellenti interpretazioni da parte dei protagonisti (McAvoy e Wright in testa), The Conspirator è forse il miglior film di Redford regista, che narra di un'ingiustizia, di una sorta di processo-farsa, la cui fine è già stabilita: deve concludersi con l'impiccagione di tutti gli imputati, compresa la vedova Surratt. Dato il periodo di grande tumulto dovuto all'uccisione, la gente vuole un colpevole contro cui scagliarsi (o almeno è una delle tante scuse dietro le quali si nascondono i detentori del potere). E Aiken, in tutto questo, diventa un emarginato, criticato da tutti, che finisce per convincersi sempre di più dell'innocenza della Surratt, riuscendo ad ottenere anche una richiesta di habeas corpus, dopo la condanna della vedova, che viene però bloccata dal Presidente Johnson (dopotutto, come dice Holt verso la fine del film, "silent enim leges inter arma", in tempo di guerra la legge tace, anche se -Non dovrebbe-, come ribatte giustamente Aigen). Le analogie con la reazione di Washington dopo gli attentati dell'11 settembre sono palesi. Ottima fotografia di Newton Thomas Sigel.
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ultimoboyscout
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sabato 5 aprile 2014
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non c'è giustizia se c'è vendetta.
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Democratico di ferro, il buon Robert Redford, racconta uno dei più grandi traumi del popolo americano, l'assassinio di Abraham Lincoln, per dimostrare che oggi come allora nulla è cambiato: quando la sete di vendetta si sostituisce alla giustizia, giustizia non ci potrà mai essere. E la paura viene utilizzata come strumento per controllare e soggiogare i popoli, le opportunità politiche prevaricano la verità e le sentenza sono scritte prima dei processi. Storia e attualità si fondono in un dramma giudiziario cupo, profondo, tutto sommato affascinante ma non del tutto appassionante in cui prevalgono indignazione e messaggi molto liberal e coscienza civile.
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Democratico di ferro, il buon Robert Redford, racconta uno dei più grandi traumi del popolo americano, l'assassinio di Abraham Lincoln, per dimostrare che oggi come allora nulla è cambiato: quando la sete di vendetta si sostituisce alla giustizia, giustizia non ci potrà mai essere. E la paura viene utilizzata come strumento per controllare e soggiogare i popoli, le opportunità politiche prevaricano la verità e le sentenza sono scritte prima dei processi. Storia e attualità si fondono in un dramma giudiziario cupo, profondo, tutto sommato affascinante ma non del tutto appassionante in cui prevalgono indignazione e messaggi molto liberal e coscienza civile. Certo, niente a che vedere col cinema di genere che spopolava negli anni '70, qui lo stile e il linguaggio sono piuttosto inadeguati, non si può rivedere in maniera forzata un fatto ormai più che assodato, ma tanto di cappello a Redford che asseconda il talento dei suoi protagonisti James McAvoy e soprattutto Robin Wright, l'anima vera della pellicola, coperta dalla sua maschera di dignità con ombre di fanatismo. Il regista indaga su uno dei lati meno conosciuti di un capitolo fondamentale della storia americana, sulla prima donna condannata a morte dal governo a stelle e strisce, per dimostrare l'incompatibilità tra l'esercizio della giustizia e populismo. Bella la fotografia, ricca di chiaroscuri con ombre dense e pesanti e squarci di luce improvvisa mai chiarissima, buono il ritmo che impedisce al film di trasformarsi in una mera lezioncina di storia ma per scuotere realmente le coscienze ci vogliono ben altre armi e altro linguaggio.
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oronzo canà
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giovedì 17 gennaio 2013
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film per saperne di più
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Discreto film che denuncia una delle tante storie poco chiare su cui è nata la grande democrazia americana.
Il concetto dell' "ubi maior minor cessat" è abbastanza chiaro,ma allo spettatore non basterà questo concetto per indorargli la pillola dell'amarezza.
Infatti il film nei suoi passaggi ricalca i classici legal movie,ma poichè questa è una storia vera,non ci sarà arringa che tenga,non ci saranno giurati che cambieranno idea per le trovate dell'avvocato,non ci sarà giudice che si ricrederà analizzando i fatti...ma tutto andrà come era stato deciso.
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sorcinelli
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lunedì 14 gennaio 2013
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gran bella storia
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Splendida metafora dell'America post 11 Settembre. L'immagine dei cospiratori incatenati e incappucciati nelle segrete del quartier generale di un esercito unionista appena uscito vincitore dalla sanguinosa guerra civile richiama alla memoria le sevizie inflitte ai prigionieri di Abu Ghraib e Guantanamo. Come insegna "The Conspirator", i "grandi valori" dell'Unione a stelle e strisce (l'emancipazione razziale ieri, la liberal-democrazia oggi) si possono efficacemente difendere soltanto riaffermandoli anche quando a minacciarli sono i loro nemici più mortali. Certo viene da piangere a pensare al vuoto che giganti come Redford finiranno un giorno per lasciare in un cinema sempre più inebetito e avvitato nella spirale ultra-tecnologica.
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Splendida metafora dell'America post 11 Settembre. L'immagine dei cospiratori incatenati e incappucciati nelle segrete del quartier generale di un esercito unionista appena uscito vincitore dalla sanguinosa guerra civile richiama alla memoria le sevizie inflitte ai prigionieri di Abu Ghraib e Guantanamo. Come insegna "The Conspirator", i "grandi valori" dell'Unione a stelle e strisce (l'emancipazione razziale ieri, la liberal-democrazia oggi) si possono efficacemente difendere soltanto riaffermandoli anche quando a minacciarli sono i loro nemici più mortali. Certo viene da piangere a pensare al vuoto che giganti come Redford finiranno un giorno per lasciare in un cinema sempre più inebetito e avvitato nella spirale ultra-tecnologica. Chapeau.
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(di __jb__)
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alessandro di fiore
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giovedì 23 agosto 2012
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un redford maturo e intelligente
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Il fascino irresistibile del migliore cinema civile degli anni settanta rivive in “The conspirator”, di Robert Redford, con James McAvoy, Robin Wright Penn, Kevin Kline, Evan Rachel Wood, Justin Long. Il regista prende spunto dall’assassinio del 16esimo presidente degli Stati Uniti Abraham Lincoln per parlare delle radici della democrazia americana, del potere assoluto di una arrogante pubblica accusa il cui unico intento è quello di trovare un capro espiatorio, in barba prima che alla Costituzione americana, alle più elementari regole di giustizia civile. Tra queste primeggia quella della personalità della responsabilità penale, difesa strenuamente da un ufficiale dell’esercito nordista che veste i panni dell’avvocato destinato a difendere davanti ad un tribunale militare la proprietaria di una pensione in cui prese corpo la cospirazione.
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Il fascino irresistibile del migliore cinema civile degli anni settanta rivive in “The conspirator”, di Robert Redford, con James McAvoy, Robin Wright Penn, Kevin Kline, Evan Rachel Wood, Justin Long. Il regista prende spunto dall’assassinio del 16esimo presidente degli Stati Uniti Abraham Lincoln per parlare delle radici della democrazia americana, del potere assoluto di una arrogante pubblica accusa il cui unico intento è quello di trovare un capro espiatorio, in barba prima che alla Costituzione americana, alle più elementari regole di giustizia civile. Tra queste primeggia quella della personalità della responsabilità penale, difesa strenuamente da un ufficiale dell’esercito nordista che veste i panni dell’avvocato destinato a difendere davanti ad un tribunale militare la proprietaria di una pensione in cui prese corpo la cospirazione. L’unica colpa di questa donna è quella di essere la proprietaria di quel luogo e, soprattutto, di essere la madre di uno dei cospiratori. Il destino beffardo vuole che proprio la colpevolezza del figlio costituisca la prova regina della innocenza della madre. Sicché al dramma sociale destinato a consegnarci un apparato politico ancora acerbo dinanzi alle rivendicazioni di giustizia civile si sovrappone il dramma familiare di un personalissimo rapporto tra madre e figlio. Accurata è l’ambientazione dell’America della seconda metà dell’ottocento, così come accurati e mai banali sono i dialoghi che caratterizzano il contraddittorio nell’aula di giustizia. E’ un Robert Redford maturo e intelligente, quello di questo solido legal thriller, il quale impone una profonda riflessione, attraverso le imperfezioni della giustizia del passato, sulle imperfezioni della giustizia attuale.
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sgaffino
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venerdì 17 agosto 2012
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eccezionale!!!
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Dico solo che è un film da non perdersi
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liuk©
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lunedì 9 gennaio 2012
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buona ricostruzione
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Anche senza l'utilizzo di budget particolarmente alti si può fare una buona ricostruzione dell'America secessionista e confezionare un film più che sufficiente. Ottime le performance di James McAvoy e Kevin Kline, meno bene Robin Wright Penn troppo monocorde. La trama è abbastanza appassionante, mai noiosa.
Il prodotto finale è interessante, una sufficienza piena.
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anthony73
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mercoledì 21 dicembre 2011
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gradevole
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framenne
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mercoledì 14 dicembre 2011
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l'amore patriottico infranto
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Un colonnello nordista alla prese con la difesa di una presunta cospiratrice per l'assassinio del presidente Abramo Lincoln, questa e' la trama dell'ultimo film di Robert Redford.
Il tema e' una storia conosciuta, ma cio' che Redford cerca di spiegare e' la rapida condanna che si cerca dopo un fatto sconvolgente, nascondendo la ricerca di vendetta dietro un falso velo di giustizia. L'avvocato/colonnello, prima riluttante, si appassiona al caso proprio non perche' convinto dell'innocenza dell'imputata, ma perche' vuole che giustizia sia fatta, ovvero che un processo onesto ed imparziale sia portato avanti anche in un momento di piena crisi e caos come quello dopo la morte del presidente degli Stati Uniti.
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Un colonnello nordista alla prese con la difesa di una presunta cospiratrice per l'assassinio del presidente Abramo Lincoln, questa e' la trama dell'ultimo film di Robert Redford.
Il tema e' una storia conosciuta, ma cio' che Redford cerca di spiegare e' la rapida condanna che si cerca dopo un fatto sconvolgente, nascondendo la ricerca di vendetta dietro un falso velo di giustizia. L'avvocato/colonnello, prima riluttante, si appassiona al caso proprio non perche' convinto dell'innocenza dell'imputata, ma perche' vuole che giustizia sia fatta, ovvero che un processo onesto ed imparziale sia portato avanti anche in un momento di piena crisi e caos come quello dopo la morte del presidente degli Stati Uniti.
Un film storico che puo' essere traslato ai giorni nostri, una critica verso i poteri forti e le manipolazioni politiche che insidiano anche le piu' insospettabili grandi democrazie del mondo.
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