andrea giostra
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lunedì 17 agosto 2015
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l'amore innanzitutto!
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(Introduzione di Andrea Giostra, 17 agosto 2015)
oggi mi sento di consigliarvi un film francese molto bello. E' un film del 2010 che parla di amore. Di amore vero e profondo. Di una forma di amore, però, che ha una forza dirompente tale che riesce a cambiare il modo di essere delle persone: il modo di pensare, le priorità della propria vita, lo stile di vita, i pensieri, e il modo per ottenere serenità e benessere, e direi, perfino la felicità terrena. E' un film francese poco conosciuto che non ha avuto un grande successo di pubblico e non ha avuto una efficace ed adeguata distribuzione nelle sale cinematografiche: come al solito i bei film d'autore che non entrano nelle lobby della grande distribuzione internazionale, rimangono esclusi dal successo di quegli spettatori che occupano le sale cinematografiche e rimane ai "margini" conosciuto solo dai veri appassionati di cinema che con la loro passione per la settima arte, setaciano con tenacia nei blockbuster per cercare film poco conosciuti ma belli.
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(Introduzione di Andrea Giostra, 17 agosto 2015)
oggi mi sento di consigliarvi un film francese molto bello. E' un film del 2010 che parla di amore. Di amore vero e profondo. Di una forma di amore, però, che ha una forza dirompente tale che riesce a cambiare il modo di essere delle persone: il modo di pensare, le priorità della propria vita, lo stile di vita, i pensieri, e il modo per ottenere serenità e benessere, e direi, perfino la felicità terrena. E' un film francese poco conosciuto che non ha avuto un grande successo di pubblico e non ha avuto una efficace ed adeguata distribuzione nelle sale cinematografiche: come al solito i bei film d'autore che non entrano nelle lobby della grande distribuzione internazionale, rimangono esclusi dal successo di quegli spettatori che occupano le sale cinematografiche e rimane ai "margini" conosciuto solo dai veri appassionati di cinema che con la loro passione per la settima arte, setaciano con tenacia nei blockbuster per cercare film poco conosciuti ma belli.
Angèle et Tony (2010)
(recensione di Andrea Giostra)
Un film che ha un obiettivo dichiarato: suscitare emozioni. I temi trattati sono tanti e fanno parte della quotidianità di molti di noi. E si sa bene – e i bravi registi e i bravi sceneggiatori lo sanno - che non è facile maneggiare temi sociali senza il rischio di cadere nella banalità e nella finzione amorfa ed eccessiva. I dialoghi sono la parte più interessante del film. Ancora di più il linguaggio non verbale (la mimica, la postura, gli sguardi, i movimenti) che ben completa il messaggio emozionale - che altrimenti risulterebbe strozzato - che vogliono suscitare nello spettatore i protagonisti della storia. Alix Delaporte, il regista, vuole lanciare un messaggio d’amore tra un uomo e una donna. Quello che emerge con maggiore forza è invece l’amore di una madre verso il figlio che non vede da due anni e che rischia di perdere per sempre perché adottato dai nonni. La forza di questo amore ancestrale è l’elemento dominante del film: trasformatore di stili di vita, di modi di pensare, di modi di agire, di ordini di priorità (il figlio innanzitutto!). Ed è questo amore che a poco a poco conduce e “imprigiona” la bellissima Clotilde Hesme in una relazione rassicurante e appagante per la nuova vita di madre con un figlio che diviene solo allora finalmente suo e per sempre. Un film delicato ma bellissimo. Consigliato a chi vuole provare emozioni vere che molto spesso, nella realtà quotidiana, rimangono nascosti dalla temeraria paura di far conoscere al prossimo le proprie debolezze o i propri sogni di vita più intimi e rassicuranti. E' anche un film che mi sento di consigliare a tutti coloro che "maneggiano" vite umane. E per "maneggiare vite umane" intendo coloro che per professione si occupano del malessere della nostra mente o dei problemi che qualche volta la nostra psiche non riesce a superare perché ha bisogno di aiuto. Ma capita spesso, e la letteratura sul tema della psichiatria e della psicologia ne è testimone, che questi stessi "professionisti della relazione psichica e/o psicologica" spesso non sono in grado di aiutare il prossimo (paziente) ma, involontariamente e senza rendersene conto, lo danneggiano ancora di più e lo scoraggiano spingendolo verso abissi dai quali molto spesso non riusciranno più ad emergere. Il film, da questo punto di vista è un esempio che dà speranza in questo senso e per questo è assolutamente da vedere, anche se poco conosciuto!
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andrea giostra
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mercoledì 3 ottobre 2012
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l'amore di una madre.
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Un film che ha un obiettivo dichiarato: suscitare emozioni. I temi trattati sono tanti e fanno parte della quotidianità di molti. E si sa bene – e i bravi registi e i bravi sceneggiatori lo sanno - che non è facile maneggiare temi sociali senza il rischio di cadere nella banalità e nella finzione amorfa ed eccessiva. I dialoghi sono la parte più interessante del film. Ancora di più il linguaggio non verbale (la mimica, la postura, gli sguardi, i movimenti) che ben completa il messaggio emozionale - che altrimenti risulterebbe strozzato - che vogliono suscitare nello spettatore i protagonisti della storia. Alix Delaporte vuole lanciare un messaggio d’amore tra un uomo e una donna.
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Un film che ha un obiettivo dichiarato: suscitare emozioni. I temi trattati sono tanti e fanno parte della quotidianità di molti. E si sa bene – e i bravi registi e i bravi sceneggiatori lo sanno - che non è facile maneggiare temi sociali senza il rischio di cadere nella banalità e nella finzione amorfa ed eccessiva. I dialoghi sono la parte più interessante del film. Ancora di più il linguaggio non verbale (la mimica, la postura, gli sguardi, i movimenti) che ben completa il messaggio emozionale - che altrimenti risulterebbe strozzato - che vogliono suscitare nello spettatore i protagonisti della storia. Alix Delaporte vuole lanciare un messaggio d’amore tra un uomo e una donna. Quello che emerge con maggiore forza è invece l’amore di una madre verso il figlio che non vede da due anni e che rischia di perdere perché adottato dai nonni. La forza di questo amore ancestrale è l’elemento dominante del film: trasformatore di stili di vita, di modi di pensare, di modi di agire, di ordini di priorità (il figlio innanzitutto). Ed è questo amore che a poco a poco conduce e “imprigiona” la bellissima Clotilde Hesme in una relazione rassicurante e appagante per la nuova vita di madre con un figlio che diviene solo allora finalmente suo.
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osteriacinematografo
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lunedì 20 febbraio 2012
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la poetica del linguaggio corporeo
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“Angèle e Tony” è un film che non ha bisogno di dire, che si muove come una carezza sulle maschere coriacee e inasprite dei personaggi: i due protagonisti sono duri solo in apparenza, o duri soltanto perchè non hanno avuto un motivo valido per essere altrimenti.
Il film di Alix Delaporte affonda le proprie radici nella complessità dei gesti e dei rapporti interpersonali, muovendosi in una parentesi sospesa e silenziosa ove il linguaggio del corpo comunica ogni cosa e le parole (quasi) non servono.
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“Angèle e Tony” è un film che non ha bisogno di dire, che si muove come una carezza sulle maschere coriacee e inasprite dei personaggi: i due protagonisti sono duri solo in apparenza, o duri soltanto perchè non hanno avuto un motivo valido per essere altrimenti.
Il film di Alix Delaporte affonda le proprie radici nella complessità dei gesti e dei rapporti interpersonali, muovendosi in una parentesi sospesa e silenziosa ove il linguaggio del corpo comunica ogni cosa e le parole (quasi) non servono.
Clotilde Hesme è straordinaria nel ruolo di Angèle e il suo lieve e inquieto tentennare, il fascino fragile e distante e l’approccio istintivo alla vita producono un effetto spiazzante sullo spettatore. Il suo sorriso accennato nel finale, la ritrovata morbidezza dei lineamenti, che profumano di liberazione e speranza, e la quieta dolcezza -che forse solo i migliori film francesi riescono a riprodurre- rendono l’opera una rara e preziosa gemma cinematografica.
Il percorso sentimentale e poetico di Angèle e Tony lascia dietro di sè scie di benessere che rinfrescano il viso e la potente sensazione che la felicità si nasconda nelle piccole cose e nella semplicità dell’amore.
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luana
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domenica 7 agosto 2011
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ah queste registe donne!
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Film abbastanza schematico, privo di quel sottotesto in cui eccelle il vero buon cinema francese. Anche la storia non presenta spigoli pur parlando di una rieducazione civile e sentimentale in una giovane donna. Ed in questo riscatto, trattato come tesi, tutto scivola liscio con buon odor di femminismo. Finale carino ma non basta. Quanto alla frase di lancio, nel panorama attuale e non poco prolifico della regia femminile, si salva sempre la grande Bigelow.
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astromelia
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mercoledì 29 giugno 2011
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bello
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...c'è ancora speranza............
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dounia
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venerdì 10 giugno 2011
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il mare al nord della francia
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Film delicato e capace di trasmettere la realtà della vita. E' molto bella la parte dell'attrice Clotilde Hesme che, nel personaggio di Angéle rivela una parte molto forte e dimostra la capacità di ricostruirsi una vita. Giusta la controparte dell'attore Grégory Gadebois che l'aiuta in questo. Il cinema francese è sempre molto interessante e capace di costruire storie positive.
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franca d'angelo
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lunedì 6 giugno 2011
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ecco un film
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unpiccolo film iportante,asciutto, senza cadute. purtroppo come tutti i film intelligenti passato veloce e visto da pochi. franca d'angelo
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olgadik
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martedì 17 maggio 2011
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realismo con finezza
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Come è bella e severa la Normandia, coi suoi grigi, l’ardesia dei tetti, i megaliti sacri, i paesini che hanno i colori dei gabbiani: qualcuno la dice triste, secondo me è vera. E l’ho ritrovata in questo film che ha un po’ delle sue caratteristiche, con personaggi scabri, sulle prime respingenti, ma che a poco a poco, con il tempo che ci vuole per il costruirsi e l’affiorare di sentimenti semplici e profondi, ci riconcilia, senza patetismi, con gli spiragli di sole della vita quotidiana. La regista, alla sua opera prima, ha poi una grazia particolare. Qualcuno ha fatto il nome dei fratelli Dardenne ed io concordo, poiché l’autrice tende a valorizzare tutti i linguaggi del corpo e soprattutto quelli meno appariscenti: piccoli trasalimenti, una contrazione delle pieghe del viso, uno sguardo che muta rapidamente di significato e intensità, la curvatura delle spalle mentre la protagonista pedala sulla bicicletta.
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Come è bella e severa la Normandia, coi suoi grigi, l’ardesia dei tetti, i megaliti sacri, i paesini che hanno i colori dei gabbiani: qualcuno la dice triste, secondo me è vera. E l’ho ritrovata in questo film che ha un po’ delle sue caratteristiche, con personaggi scabri, sulle prime respingenti, ma che a poco a poco, con il tempo che ci vuole per il costruirsi e l’affiorare di sentimenti semplici e profondi, ci riconcilia, senza patetismi, con gli spiragli di sole della vita quotidiana. La regista, alla sua opera prima, ha poi una grazia particolare. Qualcuno ha fatto il nome dei fratelli Dardenne ed io concordo, poiché l’autrice tende a valorizzare tutti i linguaggi del corpo e soprattutto quelli meno appariscenti: piccoli trasalimenti, una contrazione delle pieghe del viso, uno sguardo che muta rapidamente di significato e intensità, la curvatura delle spalle mentre la protagonista pedala sulla bicicletta. Altro elemento da sottolineare mi sembrano i tempi giusti dell’evolvere della situazione. In estrema sintesi, si tratta di un incontro amoroso che non nasce come tale, anzi sembra impossibile da realizzare, visti gli inizi. Invece, a sorpresa, lentamente si distende la tensione dei volti e dei comportamenti, le azioni si aprono al sorriso, alla carezza che è quasi uno sfiorarsi, alla sessualità che si srotola incerta e approda a una sua elementare densità. Il contesto è quello di un paesino di pescatori, affacciato sul mare, dove la grana dei personaggi minori esalta quella dei due comprimari: lei bella e spigolosa, con gli occhi verdi e profondi, lui tarchiato ed essenziale nelle parole e nei gesti, burbero ma affidabile e ostinato. Senza Tony (Grégory Gadebois), Angéle (Clotilde Hesme), che ha vissuto la prigione, la separazione dal figlio, il buttarsi via ad ogni livello, si perderebbe completamente, ma non lo capisce subito. E’ chiusa, contratta, inaridita, vuole animalescamente la sua creatura che pure non conosce e fa di tutto per sposare Tony, perché così il bambino potrebbe esserle riaffidato. Poi, attraverso piccoli momenti condivisi che s’infittiscono, incrociando la vita con quella di altri personaggi, i due si conoscono fino ad amarsi, con un lieto fine che è una delle cose migliori del film, risultato notevole perché proprio lì si annidava maggiormente l’insidia della banalizzazione. Per essere l’opera di un’esordiente, veramente una sorpresa, dopo diluvi di dialoghi insignificanti e storie rompicapo che poco hanno di umano. Del resto il cinema francese è specialista in questo genere di opere, che spesso arrivano da noi anche grazie a una distribuzione intelligente.
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chiarialessandro
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lunedì 16 maggio 2011
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- “senza tetto né legge” .....
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..... oppure “Il miracolo” oppure “Le conseguenze dell’amore”.
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Opera prima di un regista ovviamente non noto ed interpretata da attori per me altrettanto non noti, la lampada di aladino ci regala un prodotto raffinato, di cui annotare in un angolino della nostra memoria i nomi di coloro i quali hanno contribuito alla realizzazione di un gioiellino nel quale gli attori si esprimono non tanto con le parole quanto piuttosto con i silenzi e gli sguardi di personaggi incastonati alla perfezione nei loro volti, ognuno dei quali sfugge rigorosamente al grigio anonimato che contraddistingue i prodotti infelici. Bellissima la fine, con la trasformazione in realtà di quella che era solo una debolissima speranza, grazie alla forza dell’amore che riesce ancora a regalare qualche miracolino, soprattutto quando è supportata non dalla forma (il matrimonio “ufficiale” può tranquillamente aspettare) ma dalla sostanza (Angele ha uno specchio in cui si riflette il suo desiderio di felicità: il figlio; il figlio ha il desiderio di sapere se i granchi pizzicano quando li acchiappi e Tony capisce talmente bene l’importanza di entrare a far parte della vita del piccolo che coglie l’attimo fuggente e va sulla spiaggia a prendere i granchi lasciando gli allibiti invitati ad aspettare il loro ritorno in chiesa).
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..... oppure “Il miracolo” oppure “Le conseguenze dell’amore”.
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Opera prima di un regista ovviamente non noto ed interpretata da attori per me altrettanto non noti, la lampada di aladino ci regala un prodotto raffinato, di cui annotare in un angolino della nostra memoria i nomi di coloro i quali hanno contribuito alla realizzazione di un gioiellino nel quale gli attori si esprimono non tanto con le parole quanto piuttosto con i silenzi e gli sguardi di personaggi incastonati alla perfezione nei loro volti, ognuno dei quali sfugge rigorosamente al grigio anonimato che contraddistingue i prodotti infelici. Bellissima la fine, con la trasformazione in realtà di quella che era solo una debolissima speranza, grazie alla forza dell’amore che riesce ancora a regalare qualche miracolino, soprattutto quando è supportata non dalla forma (il matrimonio “ufficiale” può tranquillamente aspettare) ma dalla sostanza (Angele ha uno specchio in cui si riflette il suo desiderio di felicità: il figlio; il figlio ha il desiderio di sapere se i granchi pizzicano quando li acchiappi e Tony capisce talmente bene l’importanza di entrare a far parte della vita del piccolo che coglie l’attimo fuggente e va sulla spiaggia a prendere i granchi lasciando gli allibiti invitati ad aspettare il loro ritorno in chiesa). Da sottolineare una regia illuminata ed illuminante che ci svela alcuni aspetti fondamentali con pochi e rapidi flash: in sole 3 sequenze, una delle quali brevissima, ci viene mostrato il radicale cambiamento di atteggiamento di Angele nei confronti del sesso (che si trasforma da merce di scambio in complemento di una grande passione) e in altrettante scene esplode un sentimento talmente forte per il figlio (l’incontro nel bagno) da arrivare a farle fare la rinuncia più grande a cui possa essere chiamata una madre ovverosia a rinunciare alla possibilità di viverci insieme perché capisce che in quel momento lui non sarebbe stato pronto. Ma la ricompensa è dietro l’angolo ……
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reservoir dogs
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giovedì 12 maggio 2011
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un abbraccio al mare
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Tony (Gadebois), pescatore della bassa Normandia mette un annuncio di matrimonio, risponde Angèle (Hesme), donna bella e dannata dall'oscuro passato.
I protagonisti antitetici, distanti per tipo di vita e per modo di sentirla, si avvicineranno, scontrandosi talvolta, in un macrocosmo di sentimenti a metà tra istinto e desiderio, pulsione e rabbia, Amore e Sesso.
Angèle infatti dalla vita cerca rapporti sessuali fugaci, animali, privi quasi di piacere (come nella scena iniziale), mentre Tony non parla mai di "scopata" e disprezza pure il termine; vuole sentire l'amore che con difficoltà nasce e cresce.
Lui timido e riservato, figlio devoto di un padre perduto in mare e di una madre e un fratello sconvolti dal dolore.
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Tony (Gadebois), pescatore della bassa Normandia mette un annuncio di matrimonio, risponde Angèle (Hesme), donna bella e dannata dall'oscuro passato.
I protagonisti antitetici, distanti per tipo di vita e per modo di sentirla, si avvicineranno, scontrandosi talvolta, in un macrocosmo di sentimenti a metà tra istinto e desiderio, pulsione e rabbia, Amore e Sesso.
Angèle infatti dalla vita cerca rapporti sessuali fugaci, animali, privi quasi di piacere (come nella scena iniziale), mentre Tony non parla mai di "scopata" e disprezza pure il termine; vuole sentire l'amore che con difficoltà nasce e cresce.
Lui timido e riservato, figlio devoto di un padre perduto in mare e di una madre e un fratello sconvolti dal dolore. Lei in ricerca della risalita, della redenzione (in bicicletta, pedalando energicamente), da quell'incidente che l'ha portata in galera lontano dal figlio per la morte del marito. Riusciranno forse questi due reietti della società un giorno ad amarsi?
La bellezza di questa opera prima della francese Alix Delaporte risiede nella semplicità; nel suo essere quasi neorealista (passato e futuro non ci interessano, non sappiamo ad es. come realmente è morto il marito di Angèle e se lei lo ha effettivamente ucciso volontariamente), uno stile scarno, asciutto contribuiscono in questa fiaba di un' odierna Biancaneve (galeotta fu la recitazione teatrale). Il film colpisce per la suggestività in ogni inquadratura sempre "minimalista" in cui si filma il mutamento dell'essere umano in relazione all'altro sino a giungere in una spiaggia fangosa e a un volto sorpreso di essere (forse) nuovamente felice ed innamorato.
Contribuiscono a comporre questa cornice empatica in cui le immagini sostituiscono le parole, le musiche di Mathieu Maestracci sommate ai suoni "realistci" del grido dei gabbiani e del rumore del mare.
Vincitore del Premio Michel D'Ornano 2010 e presentato alla 67ª Mostra del Cinema di Venezia nella sezione Settimana Internazionale della Critica.
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