astromelia
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venerdì 24 settembre 2010
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norton clichè
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i film di norton rispecchiano tutti lo stesso clichè: incominciano soft e poi finiscono in tragedie ,quoto il post di domenico qui sotto,mi ha tolto le parole........
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venerdì 24 settembre 2010
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fare i fratelli coen è complicatoabbiamo visto “ f
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Abbiamo visto “ Fratelli in erba “ regia di Tim Blake Nelson.
Il titolo in inglese è “ Leaves of Grass “dal libro del grande scrittore e poeta americano Walt Whitman ( ‘ Foglie d’erba ‘, autore anche di ’ Giorni rappresentativi ‘; conosciuto da tutti per l’utilizzatissimo verso “ O capitano ! Mio capitano “ ); ma a nostro parere si ferma qui l’assonanza col poeta della libertà e della liberazione sessuale con cento anni d’anticipo. Il risultato del film è il frutto di inesperienza o di presunzione dell’autore. Un regista che ha cercato di fare un film fuori dagli schemi, alto, intelligente e colto ed ha realizzato invece un film scombiccherato, vuoto e floscio: pur mettendo tutti gli ingredienti giusti ha prodotto un sufflè insapore e vacuo.
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Abbiamo visto “ Fratelli in erba “ regia di Tim Blake Nelson.
Il titolo in inglese è “ Leaves of Grass “dal libro del grande scrittore e poeta americano Walt Whitman ( ‘ Foglie d’erba ‘, autore anche di ’ Giorni rappresentativi ‘; conosciuto da tutti per l’utilizzatissimo verso “ O capitano ! Mio capitano “ ); ma a nostro parere si ferma qui l’assonanza col poeta della libertà e della liberazione sessuale con cento anni d’anticipo. Il risultato del film è il frutto di inesperienza o di presunzione dell’autore. Un regista che ha cercato di fare un film fuori dagli schemi, alto, intelligente e colto ed ha realizzato invece un film scombiccherato, vuoto e floscio: pur mettendo tutti gli ingredienti giusti ha prodotto un sufflè insapore e vacuo. Forse avendo collaborato come sceneggiatore con i fratelli Coen ha creduto di imparare la leggerezza, la maestria, le arguzie dei due talentuosi registi americani. A questo s’aggiunga un titolo ( traduzione ? ) in italiano che più scemo non si sarebbe potuto trovare o tradurre, alludendo all’erba per dire marijuana, giacchè da ragazzi i due gemelli fumacchiavano parecchio. Recensire un film del genere è abbastanza faticoso, riflettere su questo tipo di cinema e sul suo modo di fare cinema, di concepirlo e portarlo a questo compimento può sembrare tempo perso. Perché le tematiche sono accennate e non approfondite e questo è la voluta cifra stilistica del regista, il suo aplomb narrativo. Una per tutte: la critica verso una madre che rappresenta il mondo degli anni Sessanta beat e alternativo ma che in realtà ha passato il tempo a bere, fumare e ad essere inadeguata nei confronti dei due figli. Una rappresentante poco " rappresentativa " di un'epoca e le sue conseguenze.
I due gemelli Kincaid hanno reagito in modo diametralmente opposto agli insegnamenti della madre, Bill si è chiuso nello studio e nella disciplina che richiede la filosofia. E’ scappato dalla piccola città di provincia in cui è nato, ha cancellato anche il suo forte accento ed è diventato un serissimo professore universitario di filosofia antica, talmente serio che non ha nessuno svago nemmeno affettivo, e sono dodici anni che non torna a casa. Brady invece ( come dottor Jekill e Mister Hide ) non ha terminato gli studi, è rimasto nella stessa casa d’infanzia, conserva l'accento di provincia ( ma nell'edizione italiana non appare nulla di tutto questo ) e oltre a fumare marijuana e a vivere alla maniera dei genitori, ha messo in piedi uno scientifico e tecnologico capannone di coltivazione di marijuana che vende in tutta la regione. Le vite dei due gemelli sono evidentemente distanti e inconciliabili ma Brady, che aspetta un figlio dalla sua compagna ed ha grossi problemi finanziari con uno strozzino ebreo, con una scusa fa tornare il fratello a casa. Ha un piano folle e ha bisogno della complicità di Bill, vuole convincerlo a sostituirsi a lui per un giorno, in modo da avere il tempo e un alibi perfetto per un’azione che dovrebbe risolvere tutti i suoi problemi.
“ Fratelli in erba “ inizia come una commedia disimpegnata ( Bill Kincaid dà una lezione su Socrate e quasi subito si deve difendere dalle profferte amorose di una sua allieva ) per diventare subito una tragedia. Questi due elementi sono le basi del film, ma emergono anche l’incomprensibile casualità della vita che si accanisce attraverso incontri casuali e figure insensate, un po’ tonte e a prima vista innocue, che cambiano la vita.
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jack podo
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giovedì 23 settembre 2010
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un film noiosissimo, senza capo nè coda.
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Il mio precedente post sembra essere stato cancellato, peccato, non era irrisorio nè volgare ma tant'è.
In ogni caso credo che sia giusto rammentare che questo film è un'accozzaglia di clichè, sui rapporti, sulle droghe, sulla vita e quant'altro.
Tristissima la scopiazzatura dei Cohen, e il tentativo di dare anche solo un ritmo simile ai loro film in questa pellicola inutile e lentissima.
Brutta la caratterizzazione dei personaggi, talmente stereotipati da offendere anche le menti piu' semplici.
Imbarazzanti i dialoghi, in special modo con la madre (S.Sarandon), che paiono improntati ad un copione tratto direttamente dai messaggi dei baci perugina.
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Il mio precedente post sembra essere stato cancellato, peccato, non era irrisorio nè volgare ma tant'è.
In ogni caso credo che sia giusto rammentare che questo film è un'accozzaglia di clichè, sui rapporti, sulle droghe, sulla vita e quant'altro.
Tristissima la scopiazzatura dei Cohen, e il tentativo di dare anche solo un ritmo simile ai loro film in questa pellicola inutile e lentissima.
Brutta la caratterizzazione dei personaggi, talmente stereotipati da offendere anche le menti piu' semplici.
Imbarazzanti i dialoghi, in special modo con la madre (S.Sarandon), che paiono improntati ad un copione tratto direttamente dai messaggi dei baci perugina. Possibile creare una sceneggiatura fatta di frasi fatte?
ORRIBILE. Una noia mortale. Senza senso.
Direi tre eccellenti motivi per non buttare il denaro del biglietto.
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jack podo
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giovedì 23 settembre 2010
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il film che "non parte mai"
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Dopo quasi metà film non è successo ancora quasi nulla di rilevante a parte un trito scambio di identità.
Proseguendo, un momento sanguinoso con un ebreo e le sue due improbabili guardie del corpo come vittime.
E così via fino alla fine, in un film che non sa di nulla, se non di scopiazzamento dello stile dei Cohen.
E' davvero tutto quello che ho provato durante questo noiosissimo susseguirsi di scontatezza e clichè.
Triste per un Edward Norton che in carriera ha saputo scegliere di interpretare cose di gran lunga migliori.
Aggiungerei che i trailer italiani hano cercato di sdoganare il film per quialcosa di diverso, usando uno stile piu' adatto ad un college movie che alla realtà di cio' che è in pellicola, tuttavia ci siamo aihmè abituati, e quindi la cosa rappresenta solo una conferma del fatto che "Fratelli in erba" è un film noiosissimo e davvero inutile.
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gianmarco.diroma
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giovedì 23 settembre 2010
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leaves of grass
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Ci sono film che sono dominati dalle atmosfere che riescono a tratteggiare: a volte queste atmosfere diventano così riconoscibili che diventa lecito parlare di stile (vedi lo stile Lynch e la sua capacità di passare con grande dimestichezza da un genere cinematografico classico ad un altro). La grandezza di Fratelli in erba (il cui titolo originale invece rimanda all'opera del poeta americano Walt Whitman) sta proprio nella disinvoltura da parte del regista Tim Blake Nelson di sfruttare il meccanismo della commedia e degli equivoci prodotto dal tòpos cinematografico del doppio e del gemello per comunicare allo spettatore un senso di morte e di angoscia che nella seconda metà del film sembra allargarsi a macchia d'olio.
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Ci sono film che sono dominati dalle atmosfere che riescono a tratteggiare: a volte queste atmosfere diventano così riconoscibili che diventa lecito parlare di stile (vedi lo stile Lynch e la sua capacità di passare con grande dimestichezza da un genere cinematografico classico ad un altro). La grandezza di Fratelli in erba (il cui titolo originale invece rimanda all'opera del poeta americano Walt Whitman) sta proprio nella disinvoltura da parte del regista Tim Blake Nelson di sfruttare il meccanismo della commedia e degli equivoci prodotto dal tòpos cinematografico del doppio e del gemello per comunicare allo spettatore un senso di morte e di angoscia che nella seconda metà del film sembra allargarsi a macchia d'olio. Figura chiave in questo senso è sicuramente quella dell'ebreo odontoiatra che Bill incontra in aereo in viaggio verso l'Oklahoma. Questo personaggio infatti ha qualcosa di grottesco: dotato di una maschera facciale che a prima vista potrebbe risultare simpatica e socievole, essa in realtà nasconde un profondo senso di sconfitta e fallimento prodotto da una situazione finanziaria che lo costringe a fuggire da New York a Tulsa. Frustrato poiché stritolato dai debiti, compreso suo malgrado chi sia l'autore dell'assassinio di Bug (interpretato da Richard Dreyfuss), decide di farsi giustizia da solo, facendo letteralmente precipitare la situazione. I due semplici incontri dei protagonisti con questo personaggio (quello di Bill in aereo e quello di Brady nella sinagoga) diventano i due momenti determinanti di tutta l'azione del film; la fabula si compie in questi due attimi. L'esercizio del caso (la Pizia, citando Friedrich Dürrenmatt) ha esercitato ancora una volta la sua funzione di elemento regolatore (nel senso darwinista del termine) nella vita dei protagonisti di questa vicenda. Una vicenda filmata deludendo tutti colori i quali si aspettano un genere di commedia simile a L'erba di Grace. Perché se in quel caso il tono drammatico si stemperava nella commedia, qui succede esattamente il contrario. La commedia si trasforma in dramma, ma prima di arrivare al dramma passa per improvvise esplosioni di folle violenza, frutto di un quotidiano (quello americano, come forse direbbero i fratelli Coen?) che incapace di dare voce alle sue paure, trova sfogo in una logica di sopravvivenza che mostra ancora l'eco del lontano West (il farsi giustizia da soli, la diffusione delle armi e la facilità del ricorso ad esse, lo spirito di autoconservazione posto come diritto inviolabile del singolo).
In questa lotta fratricida (nessuno è sicuro di nulla, neppure Bill, quando viene a sapere che probabilmente non otterrà la sua tanto agognata cattedra a Cambridge, a causa di un malinteso che lo vede vittima) a cadere saranno in molti: lo stesso Bill, il professore, colui che per tutta la vita ha cercato di governare le proprie passioni con l'ausilio della razionalità, sarà costretto a cercare rifugio lì da dove tanti anni prima è voluto scappare, per riuscire forse, e finalmente, a trovare quell'equilibrio tra le due anime lacerate che lo contraddistinguono: quella razionale (in fuga dalle proprie origini) e quella passionale (così visceralmente legata all'amato/odiato Oklahoma)!
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jeremy b. miller
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giovedì 23 settembre 2010
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edward & norton
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Se Edward Norton non ha ancora vinto un oscar per i suoi film, nessuno potrà negarglielo per questa sua fantastica interpretazione. Con la regia di Tim Blake Nelson (O come Otello) e Keri Russel (La musica nel cuore – August Rush) come spalla femminile, Norton porta sul grande schermo la vita di due gemelli separati dalla distanza e dagli interessi: il primo a New York con l’interesse per la filosofia classica, il secondo nel paese natale con la passione per la mariuana. Restano separati per 12 anni finché un problema di droga non li ricongiunge nel paese di nascita. Finalmente, dopo tanto tempo, riesco a vedere un finale all’altezza della pellicola. Inaspettato, ma sicuramente si può considerare la scelta migliore.
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Se Edward Norton non ha ancora vinto un oscar per i suoi film, nessuno potrà negarglielo per questa sua fantastica interpretazione. Con la regia di Tim Blake Nelson (O come Otello) e Keri Russel (La musica nel cuore – August Rush) come spalla femminile, Norton porta sul grande schermo la vita di due gemelli separati dalla distanza e dagli interessi: il primo a New York con l’interesse per la filosofia classica, il secondo nel paese natale con la passione per la mariuana. Restano separati per 12 anni finché un problema di droga non li ricongiunge nel paese di nascita. Finalmente, dopo tanto tempo, riesco a vedere un finale all’altezza della pellicola. Inaspettato, ma sicuramente si può considerare la scelta migliore. Norton, con il suo talento, è in grado di portare sulla scena due personaggi che nonostante siano fisicamente identici risultano completamente diversi: Bill scappa dal suo paese, elimina il suo accento, studia e diventa professore universitario; Brady mantiene il suo accento (completamente eliminato lo splendido lavoro di Norton nella traduzione italiana) e porta avanti gli insegnamenti dei suoi genitori, si dedica anima e corpo alla famiglia e alle cosiddette droghe leggere. Viene messa in risalto l’intelligenza dei due gemelli: Bill diventa uno dei più importanti scrittori di filosofia mentre Brady crea un metodo per migliorare esponenzialmente la qualità del suo prodotto: stessa intelligenza diversi fini. E adesso arriviamo al mio pensiero: due mondi a confronto. Il mondo cittadino, dominato dal colore grigio, dalle regole e dalla serietà, dove chi vuol far carriera deve farlo a discapito del prossimo; e il mondo della periferia, dominato dal verde dalla libertà e dalla spensieratezza (generata da alcool e canne) dove ognuno protegge i propri famigliari … a volte sacrificando la propria vita. Ma questo mondo è in declino: la possibilità di una vita più agiata e regolare ci spinge verso il grigio della città obbligandoci a dimenticare le nostre origini e le nostre abitudini. Non solo noi tendiamo al conformismo, ma anch’esso ci cerca … ci vuole stanare e ridurre allo standard. Non dimentichiamo le nostre origini … sono quelle che ci hanno reso unici.
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sandro roy
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mercoledì 22 settembre 2010
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buon film
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Eccellente caratterizzazione dei personaggi, ottima sceneggiatura e trama per niente scontata.
Grande interpretazione di E. Norton.
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volevosolodiventare
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martedì 21 settembre 2010
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meno male che c'è edward!
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Certe volte non è facile essere imparziali.
Per esempio, non è facile esserlo nei confronti di “Fratelli in Erba”, Leaves of Grass.
Aspettavo questo film da un pezzo, e poi c'era lui, come dire, Edward Norton, al quale mi unisce una sorta di ardimentosa passione dal piglio adolescenziale, arricchita però dalla consapevolezza dell’età adulta.
“Due biglietti per Fratelli in Erba”, ho fatto alla tipa della biglietteria, che aveva dei capelli castani, ricci e sottili, e degli occhialoni da vista stile wayfarer ma non proprio wayfarer.
“Dammeli più centrali possibile”, ho aggiunto.
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Certe volte non è facile essere imparziali.
Per esempio, non è facile esserlo nei confronti di “Fratelli in Erba”, Leaves of Grass.
Aspettavo questo film da un pezzo, e poi c'era lui, come dire, Edward Norton, al quale mi unisce una sorta di ardimentosa passione dal piglio adolescenziale, arricchita però dalla consapevolezza dell’età adulta.
“Due biglietti per Fratelli in Erba”, ho fatto alla tipa della biglietteria, che aveva dei capelli castani, ricci e sottili, e degli occhialoni da vista stile wayfarer ma non proprio wayfarer.
“Dammeli più centrali possibile”, ho aggiunto. Perché è sempre così, quando uno ha delle aspettative alte su uno spettacolo: vuole goderselo al meglio.
Edward Norton docente di filosofia ed Edward Norton coltivatore di marjiuana, che io continuavo a pensare “ambarabàciccìcoccò…Billy o Brady, Brady o Billy, questo è il problema”. Fratelli gemelli, figli di una Susan Sarandon vedova, ex sessantottina, prematuramente rinchiusasi in un ospizio.
La sempre più gettonata commistione di generi, in linea con la cinematografia targata Coen, colpisce anche questa pellicola che alterna commedia, azione e dramma, in un piatto unico. Di quelli che placano la fame, ma non capisci mai se t’abbiano deliziato oppure no. Né se ne mangeresti ancora.
Leaves of Grass è un film che fa sorridere, che sfodera qualche colpo di scena, che a tratti fa riflettere – complici i dialoghi piuttosto curati, niente di geniale ma piuttosto curati – sulla cultura generazionale, sull’emancipazione, sulla periferia, sui legami familiari, sulla possibilità di condizionare gli eventi della propria vita, sulla necessità accademica di sancire delle regole.
Leaves of Grass fa tutto questo, ma non fa nulla nel dettaglio. Accenna tematiche che non approfondisce, chiamando probabilmente lo spettatore a riempire i vuoti con contenuti propri, alzando progressivamente la frequenza degli eventi che, dapprima molto lenti, arrivano a susseguirsi solleciti.
Non ho notato la fotografia, né colonna sonora. Non dovevano essere impressionanti.
Edward Norton come sempre superiore.
Tendenzialmente un film sopravvalutato. Per lo meno da me stessa, prima di vederlo.
Infine, controindicazioni reali: fa venire una voglia esagerata di fumare la SuperTurbo.
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laulilla
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martedì 21 settembre 2010
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il professor bill e il suo doppio
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La vita del professor Bill Kincaid si dovrebbe svolgere, stando ai suoi piani, lontano da Tusla, cittadina dell'Oklahoma dalla quale era fuggito, quando, ancora ragazzo, aveva capito che il milieu culturale e linguistico di quel luogo avrebbe reso troppo imperfetta e riconoscibile la sua pronuncia e che le bizzarrie eccentriche di madre e fratello avrebbero frustrato i suoi ambiziosi progetti. Quando inizia il film egli ci si presenta come un ammirato e brillante docente di filosofia, che è riuscito a eliminare dalla sua parlata l'accento del Sud, e che è talmente affermato e apprezzato da ritenersi ormai prossimo alla carriera universitaria, mentre le sue lezioni al liceo ci mostrano un appassionato cultore della filosofia classica, convinto della sua utilità anche nella vita quotidiana.
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La vita del professor Bill Kincaid si dovrebbe svolgere, stando ai suoi piani, lontano da Tusla, cittadina dell'Oklahoma dalla quale era fuggito, quando, ancora ragazzo, aveva capito che il milieu culturale e linguistico di quel luogo avrebbe reso troppo imperfetta e riconoscibile la sua pronuncia e che le bizzarrie eccentriche di madre e fratello avrebbero frustrato i suoi ambiziosi progetti. Quando inizia il film egli ci si presenta come un ammirato e brillante docente di filosofia, che è riuscito a eliminare dalla sua parlata l'accento del Sud, e che è talmente affermato e apprezzato da ritenersi ormai prossimo alla carriera universitaria, mentre le sue lezioni al liceo ci mostrano un appassionato cultore della filosofia classica, convinto della sua utilità anche nella vita quotidiana. A Tusla, invece, egli tornerà, per dovere, essendovi richiamato dalla falsa notizia dell'uccisione del fratello gemello Brady. Tutto ciò che nel film seguirà, e che è in parte sorprendente e in parte prevedibile, è costruito come una commedia degli equivoci, di cui, è possibile cogliere l'origine nell'archetipo plautino dei Menecmi, i gemelli antichi le cui peripezie lo stesso Bill aveva evocato. Si sviluppa di qui la seconda parte del film, cioè l'intricata storia dei difficili rapporti di Bill con Brady, coltivatore "scientifico" di marijuana e pericolosamente in bilico fra buone intenzioni e crimine, con temibili frequentazioni di gente che delle buone intenzioni non sa che fare e che invece intende avvalersi di tutti gli strumenti del crimine. Il richiamo al mondo classico latino e greco, non si limita a Plauto: il regista sviluppa, infatti, attraverso il racconto, la concezione antica secondo cui il fato è il vero arbitro della nostra esistenza, il che rende inutile e velleitario ogni nostro proposito di arginare razionalmente lo scorrere incomprensibile degli eventi. Analogamente, attraverso le immagini e lo svolgersi delle vicende, possiamo scorgere la rilettura nietzschiana del mondo classico, che, riconoscendo il contrapporsi fra la nostra aspirazione all'ordine e alla chiarezza e la presenza di un primigenio mondo caotico e oscuro radicato in tutti noi, individua in ciò l'origine della ineluttabilità delle nostre contraddizioni, cioè, infine, la "fatalità" dei nostri comportamenti connotati dall'ambiguità e dalla doppiezza. I due gemelli, pertanto, compaiono come figure non separabili: Bill incarna secondo me, l'aspirazione a un ordine armonico e razionale, mentre Brady rappresenta le pulsioni meno confessabili, e, in questo senso è l'altra faccia di Bill, il suo doppio. Il film nasce perciò come un ambizioso progetto di dar vita cinematografica a concetti filosofici alquanto difficili da tradurre sullo schermo e, secondo me, riesce a darci un prodotto non sempre perfetto, ma interessante e dignitoso, obbligandoci a riflettere e a interrogarci su problemi serissimi in modo scherzoso e leggero. Contribuiscono alla positiva riuscita del racconto gli interpreti, che intelligentemente cercano di dare corpo a tutti i complicati personaggi di questa storia un po' strana: da Edward Norton a Susan Sarandon a Richard Dreyfuss, principalmente.
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lucimal
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lunedì 20 settembre 2010
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interpretato bene,garbato e finale non scontato.lo consiglio
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