gianleo67
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lunedì 15 giugno 2015
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la mujer y la patata
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Alla morte dell madre, vecchia e malata, la giovane Fausta si ritrova da sola a dover affrontare la condizione di estrema indigenza nella favela di Lima in cui vive e l'irrazionale paura verso il mondo che ,secondo una superstizione locale, ha ereditato dal latte materno a causa della violenza subita dalla genitrice durante i difficili anni della dittatura.
Costretta ad accettare il lavoro di domestica presso la casa di una ricca signora bianca per far fronte alle spese del funerale e soffrendo per i gravi disturbi causati da un rudimentale metodo anticoncezionale, riuscirà con fatica a superare le sue paure ed aprirsi al mondo con un rinnovato canto di fiducia e di speranza.
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Alla morte dell madre, vecchia e malata, la giovane Fausta si ritrova da sola a dover affrontare la condizione di estrema indigenza nella favela di Lima in cui vive e l'irrazionale paura verso il mondo che ,secondo una superstizione locale, ha ereditato dal latte materno a causa della violenza subita dalla genitrice durante i difficili anni della dittatura.
Costretta ad accettare il lavoro di domestica presso la casa di una ricca signora bianca per far fronte alle spese del funerale e soffrendo per i gravi disturbi causati da un rudimentale metodo anticoncezionale, riuscirà con fatica a superare le sue paure ed aprirsi al mondo con un rinnovato canto di fiducia e di speranza.
Nipote d'arte (il nonno è il premio nobel per la Letteratura Mario Vargas Llosa) e discendente della buona borghesia peruviana, la giovane Claudia Llosa centra il bersaglio grosso (Orso d'oro al Festival di Berlino 2009 e miglior film straniero agli Oscar 2010) con questo dramma intimo e sociale che vibra degli accenti lirici di una tradizione popolare in cui si mescolano insieme le radici di una profonda spiritualità ancestrale e le drammatiche ricadute di una segregazione civile che la tormentata storia delle popolazioni indio dell'America Latina si porta dietro ben prima dei rivolgimenti politici ed autocratici degli anni '80. Frutto di un soggetto e di una sceneggiatura che alternano con equilibrio e competenza tanto le ragioni più autentiche del cinema di impegno civile (la marginalità sociale delle popolazioni autoctone, le sperequazioni sociali ed economiche di una borghesia europea dominante, le spaventose ricadute di una sottocultura di ignoranza e di paura, il retaggio di un'epoca buia di terrore e sopraffazione) che l'accorata drammaturgia di un racconto di formazione ed emancipazione sessuale, il film della Llosa si cimenta come un piccolo saggio antropologico nelle ragioni di una materia tanto difficile quanto (apparentemente) scontata, giocandosi la carta della poesia quale chiave di interpretazione di un mondo di sofferenze ed umiliazioni in cui precipita sin da subito (il film si apre con la dolorosa morte della madre) la sua bellissima ed indifesa protagonista. Se l'atteggiamento di una sfaccettata sensibilità femminile (è una storia quasi escusivamente abitata da donne) e l'ingenuità di alcune soluzioni figurative danno al film un registro latamente ricattatorio (il peso di una dolorosa eredità che la giovane Fausta è chiamata da sola a scrollarsi di dosso), rimane il valore autentico e prezioso di un realismo magico che alterna con straordinaria maturità il naturalismo della descrizione d'ambiente (la favela, l'inumazione del corpo della madre, il matrimonio della cugina, i costumi e l'ipocrisia della ricca borghesia bianca) con le sottigliezze di uno studio psicologico in cui i silenzi e gli sguardi della protagonista sono più eloquenti dei riferimenti simbolici evocati delle struggenti nenie che vorrebbero esorcizzare le paure verso un mondo sconosciuto e ostile.
Forse eccessivamente appesantito da questi sottotesti legati alla fertilità della donna (nella cui vagina possono pure germogliare le patate,sic!) come elemento vitale e liberatorio da una cultura oppressiva e mortificante e vincolato ad una struttura narrativa con alcuni evidenti passaggi a vuoto ed altri inseriti a forza, è un film singolare e discontinuo che si aggrappa allo sguardo meraviglioso ed incantato della sua ingenua protagonista, una Magaly Solier nella cui dolorosa biografia la regista ha rinvenuto gli elementi identificativi del personaggio che aveva in mente per la giovane Fausta e che le hanno di fatto aperto le porte del cinema internazionale. Bellissime le musiche di Selma Mutal che, insieme alla regista e autrice ed alla direttrice della fotografia Natasha Brier compongono un cast tecnico tutto al femminile. Oltre ai riconoscimenti già ricordati anche il PREMIO FIPRESCI per la Llosa alla Berlinale 2009.
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thomàs
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martedì 9 agosto 2011
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presunzione da valorizzare
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Interessante tentativo di intrecciare introspezione, ppaure, fobie, denuncia sociale, descrizione di usi e costumi tipici di una società del sud america. Troppa carne al fuoco, cuciture suturate con estrema fatica e senza dare la possibilità allo spettatore di gustare ed interpretare il messaggio precedente.
Alcune scene sono però memorabili (taglio del fiore della patata, canzoni di paloma, raccolta perle) a testimonianza del talento della Llosa.
Da vedere.
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mirco pasqualotto
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venerdì 18 marzo 2011
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suoni, immagini di una realtà che fanno riflettere
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A mio parere è un film che si lascia guardare ma chiedendo all'osservatore un certo impegno, perché spesso risulta frammentario e si corre il rischio di perdersi nei propri pensieri perdendo l'attenzione richiesta che merita.
Se non fosse per le riprese che sono stupende, e la splendida fotografia dalle inquadrature interessanti specialmente i primissimi piani, il film non riuscirebbe ad esprimere appieno tutta la drammaticità che la trama racconta.
Il film riesce ad far mantenere l'attenzione anche se in modo non sempre continuo grazie alla bravura di attori ben azzeccati per questo genere di film.
il film scorre lento, i colpi di scena sono pochi e si racconta il particolare momento che sta vivendo Fausta (la protagonista principale del film) passo dopo passo fino alla sua conclusione con un metodo tipico del cosiddetto film d'autore, che molto mi fa pensare ad un documentario.
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A mio parere è un film che si lascia guardare ma chiedendo all'osservatore un certo impegno, perché spesso risulta frammentario e si corre il rischio di perdersi nei propri pensieri perdendo l'attenzione richiesta che merita.
Se non fosse per le riprese che sono stupende, e la splendida fotografia dalle inquadrature interessanti specialmente i primissimi piani, il film non riuscirebbe ad esprimere appieno tutta la drammaticità che la trama racconta.
Il film riesce ad far mantenere l'attenzione anche se in modo non sempre continuo grazie alla bravura di attori ben azzeccati per questo genere di film.
il film scorre lento, i colpi di scena sono pochi e si racconta il particolare momento che sta vivendo Fausta (la protagonista principale del film) passo dopo passo fino alla sua conclusione con un metodo tipico del cosiddetto film d'autore, che molto mi fa pensare ad un documentario.
Ma la sua forza è proprio quella di essere una via di mezzo tra documentario e film così da rendere immagini e suoni testimoni di una realtà da noi poco conosciuta, di un paese distante dal nostro in tutto, con tradizioni popolari, e condizioni di vita difficili mai sufficientemente messe in luce per gli occhi e la coscienza della gente.
Non è un film da vedere per tutti, anzi direi per pochi.
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mirco pasqualotto
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lunedì 14 marzo 2011
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sembra un documentario…
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A mio parere è un film che si lascia guardare ma chiedendo all'osservatore un certo impegno, perché spesso risulta frammentario e si corre il rischio di perdersi nei propri pensieri perdendo l'attenzione richiesta che merita.
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A mio parere è un film che si lascia guardare ma chiedendo all'osservatore un certo impegno, perché spesso risulta frammentario e si corre il rischio di perdersi nei propri pensieri perdendo l'attenzione richiesta che merita.
Se non fosse per la bravura del regista con la splendida fotografia e le inquadrature interessanti specialmente i primissimi piani, il film non riuscirebbe ad esprimere appieno tutta la drammaticità che la trama racconta.
Il film riesce ad far mantenere l'attenzione anche se in modo non sempre continuo grazie alla bravura degli attori e regia, perché il film non offre molti colpi di scena ma racconta il particolare momento che sta vivendo Fausta (la protagonista principale del film) passo dopo passo fino alla sua conclusione con un metodo tipico del cosiddetto film d'autore, che molto mi fa pensare ad un documentario.
Ma la sua forza è proprio quella di essere una via di mezzo tra documentario e film così da rendere immagini e suoni testimoni di una realtà da noi poco conosciuta, di un paese distante dal nostro in tutto, con tradizioni popolari, e condizioni di vita difficili mai sufficientemente messe in luce per gli occhi e la coscienza della gente.
Non è un film da vedere per tutti, anzi direi per pochi.
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mirco pasqualotto
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lunedì 14 marzo 2011
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sembra un documentario…
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A mio parere è un film che si lascia guardare ma chiedendo all'osservatore un certo impegno, perché spesso risulta frammentario e si corre il rischio di perdersi nei propri pensieri perdendo l'attenzione richiesta che merita.
Se non fosse per la bravura del regista con la splendida fotografia e le inquadrature interessanti specialmente i primissimi piani, il film non riuscirebbe ad esprimere appieno tutta la drammaticità che la trama racconta.
Il film riesce ad far mantenere l'attenzione anche se in modo non sempre continuo grazie alla bravura degli attori e regia, perché il film non offre molti colpi di scena ma racconta il particolare momento che sta vivendo Fausta (la protagonista principale del film) passo dopo passo fino alla sua conclusione con un metodo tipico del cosiddetto film d'autore, che molto mi fa pensare ad un documentario.
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A mio parere è un film che si lascia guardare ma chiedendo all'osservatore un certo impegno, perché spesso risulta frammentario e si corre il rischio di perdersi nei propri pensieri perdendo l'attenzione richiesta che merita.
Se non fosse per la bravura del regista con la splendida fotografia e le inquadrature interessanti specialmente i primissimi piani, il film non riuscirebbe ad esprimere appieno tutta la drammaticità che la trama racconta.
Il film riesce ad far mantenere l'attenzione anche se in modo non sempre continuo grazie alla bravura degli attori e regia, perché il film non offre molti colpi di scena ma racconta il particolare momento che sta vivendo Fausta (la protagonista principale del film) passo dopo passo fino alla sua conclusione con un metodo tipico del cosiddetto film d'autore, che molto mi fa pensare ad un documentario.
Ma la sua forza è proprio quella di essere una via di mezzo tra documentario e film così da rendere immagini e suoni testimoni di una realtà da noi poco conosciuta, di un paese distante dal nostro in tutto, con tradizioni popolari, e condizioni di vita difficili mai sufficientemente messe in luce per gli occhi e la coscienza della gente.
Non è un film da vedere per tutti, anzi direi per pochi.
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reservoir dogs
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venerdì 3 dicembre 2010
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la bellezza del fiore della patata
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La madre di Fausta col'ultimo respiro di vita canta alla figlia un canto in lingua quechua che narra il dolore che la vita le ha dato attraverso lo strupro in gravidanza e l'assassinio del marito (anni 80', guerra civile in Perù).
Fausta allattata con il "latte impaurito" della madre è cresciuta con la credenza di essere affetta da una malattia congenita incurabile che la priva dell'anima e la costringe a "vagare" sulla Terra senza aver alcun contatto con l'altro sesso, la paura dell'uomo è talmente radicata in lei da farle mettere un patata nella vagina come "repellente" per gli stupratori con conseguenti infezioni.
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La madre di Fausta col'ultimo respiro di vita canta alla figlia un canto in lingua quechua che narra il dolore che la vita le ha dato attraverso lo strupro in gravidanza e l'assassinio del marito (anni 80', guerra civile in Perù).
Fausta allattata con il "latte impaurito" della madre è cresciuta con la credenza di essere affetta da una malattia congenita incurabile che la priva dell'anima e la costringe a "vagare" sulla Terra senza aver alcun contatto con l'altro sesso, la paura dell'uomo è talmente radicata in lei da farle mettere un patata nella vagina come "repellente" per gli stupratori con conseguenti infezioni.
Alla morte della madre Fausta decide di dare degna sepoltura alla donna e andare dallo zio (unica figura maschile con cui riesce ad avere un contatto), ma lo zio è già indebitato per il matrimonio in corso della cugina e non può quindi aiutarla.
La ragazza è costretta a cercarsi un lavoro come donna delle pulizie; il lavoro le servirà per comprendere la poca scientificità della sua "malattia" e tirar fuori la sua femminilità semplice ma bellissima così come il fiore della patata che non ha niente da invidiare agli altri fiori.
Il canto diventa strumento di liberazione per Fausta che in relazione al mondo che adesso meno teme cambia espressività.
Memorabile la scena del matrimonio dove la saturazione dei colori ci ricorda come nonostante la povertà del paese vi sia voglia di vivere per festeggiare la vita.
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francesco2
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mercoledì 9 giugno 2010
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la canzone di.....fausta
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Ecco un altro film prima bistrattato poi premiato con l’Orso d’oro a Berlino. Le cui giurie sembrano, detto con un po’ di malizia, particolarmente sensibili nel premiare film di carattere “sociale”(Vedi l’assurdo premio al modesto e retorico “Central do brasil”.Eppure non sono film come questi aliberarci dal sospetto che il SudAmerica o i suoi abitanti siano una “fauna” di macchiette come vari personaggi minori del film, che, è opinione mia personale, introduce in queste brutte parti di sceneggiatura un tocco di “Real maravilloso” marqueziano, quando la testa del maiale servito sembra quella di un animale vivo. Curioso è piuttosto come i due titoli(Originale e d italiano) abbiano messo in rilievo due tratti salienti dell’opera.
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Ecco un altro film prima bistrattato poi premiato con l’Orso d’oro a Berlino. Le cui giurie sembrano, detto con un po’ di malizia, particolarmente sensibili nel premiare film di carattere “sociale”(Vedi l’assurdo premio al modesto e retorico “Central do brasil”.Eppure non sono film come questi aliberarci dal sospetto che il SudAmerica o i suoi abitanti siano una “fauna” di macchiette come vari personaggi minori del film, che, è opinione mia personale, introduce in queste brutte parti di sceneggiatura un tocco di “Real maravilloso” marqueziano, quando la testa del maiale servito sembra quella di un animale vivo. Curioso è piuttosto come i due titoli(Originale e d italiano) abbiano messo in rilievo due tratti salienti dell’opera.l’originale, “La tetta spaventata”, indica il timore/reale) di una violenza che potrebbe arrivare, per la strada, in qualunque momento. Il secondo è connesso alla VOCE, elemento fondamentale PRIMA(La voce della madre asume sfumature didattiche, come in un contesto molto diverso il “Film parlato” di Oliveira, e DURANTE(Il coraggio di cantare indicherà che la ragazza, forse, è maturata interiormente emette in gioco sé stessa.DOPO, invece, nell’ultima scena, la giovane giocherà su un altro senso, l’OLFATTO, con la piantina che per lei aveva quel particolare significato.
Certo che secondo me le simbologie non mancano anche in questo cinema povero di mezzi(Ma solo di quelli?): in fondo a parte le colombe che fuggono dalle gabbie quasi anticipandone le scelte indipendenti della protagonista, è curioso questo addentrarsi lungo corridoi come quello della casa e del teatro della “cantante”. E’ come se in modo(Relativamente) banale si volesse narrare il suo travaglio, essere indipendente a livello generico(La donna dall’uomo) e specifico(La povertà dalla miseria):Eppure, nonostante la bravura della Llosa nel costruire significativi primi piani di Sali e scendi, quasi-Mi ripeto-una metafora del travaglio che Fausta attraverserà. Però, che distanza dal rigore morale del quanto si voglia celebrato(Ma veramente troppo?) “Lanterne rosse”, in questa serie di figurine(Lo zio e tanti personaggi minori) che paradossalmente potrebbero accreditare l’immagine dei peruviani poveri-anche-di-dentro(Guardacaso, fu proprio il PERUVIANO Vargas Llosa
ad accusare Amelio di avere dipinto gli albanesi come insetti, nel film “Lamerica”). Anche spunti isolati, come quello della bambola ritrovata che la terra non si era presa, sembrano idee disconnese c che provocano più che altro disorentiamento.
Comunque, un cinema relativamente coraggioso, indignato(Spero) e capace parzialmente di indignare, non ideologicamente “Dalla parte di lei”(E forse ‘ste ideologie ci vorrebbero)ma capace di parlare attraverso i silenzi di chi non si arrende pu avendo avuto molte sfortune dalla vita.
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inertiatic
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lunedì 19 aprile 2010
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manca un sorriso
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Fausta è una ragazza peruviana, cresciuta dalla mamma nella paura. Tutte le esperienze negative provate dalla madre sono insite nella protagonista già dalla nascita, è come se lei stessa avesse provato tutto ciò. Un "dolore" tramandato dal latte materno, una tradizione popolare che ci porta in un mondo lontano e completamente diverso dal nostro, dove una famiglia ha ancora il coraggio (e la necessità) di conservare per giorni e giorni in casa il corpo di una persona morta. Dove una fanciulla innocente inserisce una patata nella sua vagina per la paura di essere violentata, perchè "solamente lo schifo può fermare gli schifosi". La morte si oppone all'inizio di una nuova vita, quella che prende il via dal matrimonio, è forte il contrasto tra una nuova esperienza che sta per iniziare (la vita matrimoniale della cugina di Fausta) e il corpo di un parente ormai morto (una vita che è ormai finita).
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Fausta è una ragazza peruviana, cresciuta dalla mamma nella paura. Tutte le esperienze negative provate dalla madre sono insite nella protagonista già dalla nascita, è come se lei stessa avesse provato tutto ciò. Un "dolore" tramandato dal latte materno, una tradizione popolare che ci porta in un mondo lontano e completamente diverso dal nostro, dove una famiglia ha ancora il coraggio (e la necessità) di conservare per giorni e giorni in casa il corpo di una persona morta. Dove una fanciulla innocente inserisce una patata nella sua vagina per la paura di essere violentata, perchè "solamente lo schifo può fermare gli schifosi". La morte si oppone all'inizio di una nuova vita, quella che prende il via dal matrimonio, è forte il contrasto tra una nuova esperienza che sta per iniziare (la vita matrimoniale della cugina di Fausta) e il corpo di un parente ormai morto (una vita che è ormai finita). I momenti legati allo sposalizio, nel film, ci regalano splendidi momenti di folklore peruviano. Intanto Fausta si rifugia nel canto, regalando emozioni e tristezza allo spettatore, ma come sarebbe stato bello se alle fine ci avesse regalato anche un sorriso, almeno uno.
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carlo comiotto
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venerdì 25 dicembre 2009
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film da vedere
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Con questa pellicola la giovane regista peruviana dimostra di aver strameritato il premio al festival di Berlino.
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yiasemì
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sabato 30 maggio 2009
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fausta e noè
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Da un lato il dolore, i silenzi e la profonda solitudine di Fausta, dall'altro il rumore e la baraonda di un mondo esterno che continua a girare con i suoi teatrini e burattini e che non sa (o non vuole) andare al di là di ciò che, in modo tangibile, si può vedere e toccare. L'unica persona che riesce ad avvicinarsi, o almeno a "sfiorare" Fausta è il giardiniere Noè che osserva, ascolta, comprende e rispetta le sue paure. In questo senso, credo che sia esemplificativa una delle scene finali in cui Noè trova Fausta svenuta e le copre il seno lasciato scoperto dal vestito (una scena che, per me, è autentica poesia).
Struggente il motivo musicale (quello della sirena), ma,credo, infelice la scelta dei doppiatori.
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Da un lato il dolore, i silenzi e la profonda solitudine di Fausta, dall'altro il rumore e la baraonda di un mondo esterno che continua a girare con i suoi teatrini e burattini e che non sa (o non vuole) andare al di là di ciò che, in modo tangibile, si può vedere e toccare. L'unica persona che riesce ad avvicinarsi, o almeno a "sfiorare" Fausta è il giardiniere Noè che osserva, ascolta, comprende e rispetta le sue paure. In questo senso, credo che sia esemplificativa una delle scene finali in cui Noè trova Fausta svenuta e le copre il seno lasciato scoperto dal vestito (una scena che, per me, è autentica poesia).
Struggente il motivo musicale (quello della sirena), ma,credo, infelice la scelta dei doppiatori. Ottima la dizione, ma le voci abbinate ad alcuni personaggi mi sono sembrate un pò fuori luogo
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