ferra
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mercoledì 1 giugno 2005
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ma come fate a straparlare
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di omicidio? Non l'avete vista Kim Gordon andare ad offrire un'ultima ancora di salvezza nell'unica scena decente del film, e come Kurt le guardava attraverso, senza più nessuna pretesa di potersi reinserire nel mondo. Ed erano mesi che si comportava così. E se non sapete chi è Kim Gordon, per favore non parlate dei Nirvana!!!
Il film? Secondo me non comunica niente. Al massimo può essere un omaggio alla figura di un grande della musica, ma allora perchè scopiazzare lo stile e le idee da se stesso, rinunciando a tutti i meccanismi narrativi consueti e consolidati? Se non è indispensabile al racconto è solo pura ostentazione e farlo due volte di fila (dopo elephant) è veramente insopportabile.
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di omicidio? Non l'avete vista Kim Gordon andare ad offrire un'ultima ancora di salvezza nell'unica scena decente del film, e come Kurt le guardava attraverso, senza più nessuna pretesa di potersi reinserire nel mondo. Ed erano mesi che si comportava così. E se non sapete chi è Kim Gordon, per favore non parlate dei Nirvana!!!
Il film? Secondo me non comunica niente. Al massimo può essere un omaggio alla figura di un grande della musica, ma allora perchè scopiazzare lo stile e le idee da se stesso, rinunciando a tutti i meccanismi narrativi consueti e consolidati? Se non è indispensabile al racconto è solo pura ostentazione e farlo due volte di fila (dopo elephant) è veramente insopportabile...
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bonifaz
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lunedì 30 maggio 2005
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molta regia poco racconto
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van sant si diverte a far diventare virtuosismo la tecnica registica di elephant, ma dimentica di raccontare, di farci entrare nella vita... peccato: le premesse per un film memorabile c'erano tutte
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giovanni semeraro
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lunedì 23 maggio 2005
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guardare e pensare la solitudine
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Un film sicuramente coraggioso in quanto fuori dai cliché spettacolari ai quali siamo ormai abituati, con un ritmo lento e con pochissimi dialoghi. Coraggioso perchè pretende di fare un buon cinema e non una buona biografia di Kurt, evitando di sfruttare il ritorno pubblicitario che gli avrebbe dato il riferimento diretto alla vita del cantante. Lunghi piani sequenza ed inquadrature sospese nel tempo, che ti costringono a GUARDARE la solitudine di un uomo ed a PENSARE quella di tutti gli uomini.
[+] perfetto
(di eli)
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michele il critico
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lunedì 23 maggio 2005
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last days
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Film ispirato all'esperienza di Kurt Cobain (cantante degli storici Nirvana), Last days segue gli ultimi passi di un musicista maledetto, un uomo distrutto dalla droga e da un'ossessiva ricerca della morte.
Lo spazio scenico scelto da Van Sant è una casa dispersa in un bosco nella quale il protagonista approda -si apprende- dopo essere fuggito da una comunità di recupero.
La casa è popolata da una gioventù che, con un atteggiamento di superiorità filosofica, ha scelto di vivere in questa bellissima oasi nel verde con la musica e la droga. Tuttavia emergeranno nel corso del film enormi debolezze, difficoltà e la più totale inesistenza di una reale etica esistenziale.
Tra questi soggetti si muove il biondo protagonista.
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Film ispirato all'esperienza di Kurt Cobain (cantante degli storici Nirvana), Last days segue gli ultimi passi di un musicista maledetto, un uomo distrutto dalla droga e da un'ossessiva ricerca della morte.
Lo spazio scenico scelto da Van Sant è una casa dispersa in un bosco nella quale il protagonista approda -si apprende- dopo essere fuggito da una comunità di recupero.
La casa è popolata da una gioventù che, con un atteggiamento di superiorità filosofica, ha scelto di vivere in questa bellissima oasi nel verde con la musica e la droga. Tuttavia emergeranno nel corso del film enormi debolezze, difficoltà e la più totale inesistenza di una reale etica esistenziale.
Tra questi soggetti si muove il biondo protagonista. La telecamera lo segue passo passo cogliendolo in atteggiamenti volti al recupero di una primitività, alla mera sopravvivenza essenziale resa tuttavia difficile a causa delle "vertigini" provocate dalla droga.
Ma quando finalmente lo sentiamo comunicare, quando per la prima volta nel film prende in mano una chitarra ed inizia a suonare, la musica (un'angosciante motivetto ciclicamente chiuso, senza la speranza di una nuova strada) presagisce che non c'è via d'uscita, che ogni tentativo è inutile, che la morte lo aspetta. E la telecamera, quasi spaventata, si allontana dal protagonista; è come se l'occhio del regista, dopo aver seguito con interesse i movimenti del protagonista, ora, ascoltando la sua musica, avesse preso coscienza dell'inevitabile drammaticità della situazione.
Il protagonista ha perso ormai ogni forza interiore, ogni illusione. La donna, che ad un certo punto si presenta in casa e gli chiede di seguirlo, rappresenta l'ultima ipotesi di salvezza. Lei glielo dice, ma lui sceglie di restare e dunque di morire. Ma prima di farlo lo sentiamo cantare un brano in cui finalmente lascia manifestarsi libera come un grido la sua sofferenza: l'ultima dichiarazione di vita non sufficiente però a dargli ancora speranza.
Van Sant si conferma autore di grande spessore. Coraggioso nell'affidare potere espressivo alle immagini, attraverso interessanti intuizioni visive, a costo di dilatare in maniera molto evidente i tempi dell'azione e di compiere scelte di inquadratura narrativamente inutili, ma di grande efficacia a livello tematico.
VOTO ***1/2
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(di sarina)
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(di lucio)
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spidu
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venerdì 20 maggio 2005
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regresso
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Questo è senza dubbio un film diverso e particolare per come è stato girato, ma ritengo che lo stile usato (lo stesso presente in elephant) questa volta non giovi molto al lungometraggio ed anzi lo appesantisca un pò troppo, magari avendo troppe pretese nei confronti dello spettatore, ho amato moltissimo il lavoro di Gus Van Sant che riguardava il liceo statunitense teatro di una strage ma questa volta il suo insistere su questo stile non giova anzi danneggia!
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enoc
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martedì 17 maggio 2005
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un film irrisolto
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Ultimo capitolo di un'ipotetica "trilogia della rarefazione esistenziale", "Last Days" chiude, malamente, il discorso stilistico inizato con la secchezza desertica di "Gerry" (2002) e proseguito con l'impassibile pedinamento di "Elephant" (2003). All'ostilità minerale del primo e alla labirintica artificialità del secondo, Van Sant aggiunge adesso una natura umida e gorgogliante, evidente riparo regressivo dagli attacchi di una modernità insaziabile e rapace. Chiunque vuole vendere qualcosa: inserzioni pubblicitarie sulle Pagine Gialle, religione, la bellezza patinata e volgare di un video musicale letteralmente agghiacciante. Chiunque vuole qualcosa: la partecipazione di Blake ad una tournée di soli (?) 84 giorni, le sue scuse per essere diventato "un cliché del rock and roll", l'ascolto di un demo e l'aiuto per "rendere più personale" il verso di una canzone.
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Ultimo capitolo di un'ipotetica "trilogia della rarefazione esistenziale", "Last Days" chiude, malamente, il discorso stilistico inizato con la secchezza desertica di "Gerry" (2002) e proseguito con l'impassibile pedinamento di "Elephant" (2003). All'ostilità minerale del primo e alla labirintica artificialità del secondo, Van Sant aggiunge adesso una natura umida e gorgogliante, evidente riparo regressivo dagli attacchi di una modernità insaziabile e rapace. Chiunque vuole vendere qualcosa: inserzioni pubblicitarie sulle Pagine Gialle, religione, la bellezza patinata e volgare di un video musicale letteralmente agghiacciante. Chiunque vuole qualcosa: la partecipazione di Blake ad una tournée di soli (?) 84 giorni, le sue scuse per essere diventato "un cliché del rock and roll", l'ascolto di un demo e l'aiuto per "rendere più personale" il verso di una canzone. Non esiste disinteresse, fatta eccezione per un cucciolo spaurito di gatto che Blake prende timidamente in collo senza riuscire a calmare, palese riflesso della sua fragilità e chiara proiezione del suo senso di colpa per la figlia lontana. E' proprio questo tenore simbolico a non convincere affatto: ogni passaggio narrativo è suscettibile di essere interpretato in chiave allegorica, in parabola morale, in esemplificazione. Il bagno nel fiume diventa allora una sorta di lavacro, l'intervento della madre si trasforma in pistolotto colpevolizzante, la fuga degli amici in emblema dell'indifferenza giovanile e i commenti televisivi nel consueto vaniloquio mediatico. I dialoghi poi, nell'apparente ed esibita insignificanza, veicolano un senso irrimediabilmente enfatico: il venditore di inserzioni tempesta Blake con una raffica di "d'accordo?" che spostano la comunicazione sul piano del contatto, sottolineandone la sostanziale ipocrisia; i gemelli mormoni si esprimono con un linguaggio di sapore fortemente biblico, precipitando nella caricatura macchiettistica e l'investigatore privato logorroico giunge addirittura a darci un suggerimento di lettura dell'intero film, parlando di una pellicola (di una vita?) che prima si cristallizza e poi implode. Ciò non toglie che, come avveniva in "Elephant", "Last Days" possieda un impianto visivo di esemplare rigore, merito anche della fotografia di Harris Savides, determinato nel desaturare la materia cromatica, infallibile nel seguire Blake con disperata esattezza e magistrale nel muovere la macchina da presa con implacabili, raggelanti carrellate. Ma al superbo controllo figurativo non corrisponde un altrettanto convincente prosciugamento morale: la sottrazione stilistica non è portata fino in fondo, l'enunciato contraddicendo, clamorosamente e irrimediabilmente, l'enunciazione. Un film irrisolto.
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(di carlariz)
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muya
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domenica 15 maggio 2005
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kurt meritava di più...
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Sinceramente dall'regista di Elephant mi aspettavo qualcosa di più profondo... Blake (Kurt) vive isolato, nella completa indifferenza delle persone che ha accanto ma i suoi conflitti interiori non vengono fuori, non viene fuori il profondo disagio personale, Dov'è la lotta con i suoi demoni che lo spinge al suicidio (suicidio poi... bah...) ? Sembra di assistere agli ultimi giorni di vita di un tossico dipendente che sarebbe morto di lì a poco in ogni modo. Un film con un finale toccante, poetico, degno del nome del suo regista, ma che non riesce a riportare in vita il mito di Kurt... My 2 cent
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silvia
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sabato 14 maggio 2005
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"kafkiano"
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propongo l'eliminazione di questo aggettivo dal vocabolario critico. la sua presenza in una recensione inficia tutto quello che precede e segue...
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miele
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sabato 14 maggio 2005
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...coraggioso, ma bello!
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...credo nel coraggio di questo film; ...e sarà pur sempre una tipologia di racconto che farà storia. ... credo nella bellezza e nell'intesità espressiva di questo opera, che mi ha coinvolto, emozionato e regalato il calore di quegli attimi di vita che precedessero la fine di Kurt. ...Grande Film. ...gioca però a suo sfavore la mancanza di brani dello stesso Kurt che avrebbero costellato la narrativa cinematrografica e avrebbero sicuramente emozionato di gran lunga; tenta ad essere per questo un pò evasivo dal contesto "Nirvana".
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(di anonimo)
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giada
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venerdì 13 maggio 2005
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asia argento? brrr
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devo ancora andarlo a vedere premetto...ma asia argento mi pare un'attrice pessima ed é davvero un personaggio trash (ma questo gli americani non lo sanno). e micheal pitt...beh mioddio, é uno che ha fatto dawson creek e the dreamers che per me é un film ingiustamente soprevvalutato...amavo molto i nirvana e ho visto il loro ultimo concerto e vedere l'ultima rockstar della storia rappresentata da un ragazzette biondo qualunque insomma non mi dice molto...pero' gus van saint ha sempre fatto cose interessanti quindi una speranza c'é
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