emanuele 1968
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lunedì 15 marzo 2021
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bellissimo 19 anni e non sentirli
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( 4.5 ) Visto ieri in tv, credo sia tratto da una storia vera, un buon film, ben ricostruito; sembrano documentari del passato......... eppure ancora oggi si vedono nelle cronache queste situazioni di repressione, armamenti, muri, divisioni, indifferenza, ipocrisie, l'ideologia di costruire armi per portare la pace non mi convince...........mah?
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giulio andreetta
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martedì 1 settembre 2020
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polanski racconta l''abisso della guerra
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Forse non un capolavoro, ma in ogni modo un gran film che ha fatto epoca. Opera notevole per la resa fotografica e per l'eccezionale bravura e compostezza espressiva degli attori, il film supera se stesso nella parte fotografica che è gestita veramente in modo straordinario, sia nelle scene che rappresentano una Varsavia ridotta a un cumulo di macerie, sia per quel che riguarda il racconto della vicenda personale del pianista Władysław Szpilman, interpretato realmente in modo ineccepibile sotto ogni aspetto da Adrien Brody. Ma a sorprendere è anche la capacità del regista - anche per merito di una narrazione avvincente, tratta dal romanzo autobriafico dello Szpilman - di tenere desta l'attenzione dello spettatore in modo continuativo e senza cali.
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Forse non un capolavoro, ma in ogni modo un gran film che ha fatto epoca. Opera notevole per la resa fotografica e per l'eccezionale bravura e compostezza espressiva degli attori, il film supera se stesso nella parte fotografica che è gestita veramente in modo straordinario, sia nelle scene che rappresentano una Varsavia ridotta a un cumulo di macerie, sia per quel che riguarda il racconto della vicenda personale del pianista Władysław Szpilman, interpretato realmente in modo ineccepibile sotto ogni aspetto da Adrien Brody. Ma a sorprendere è anche la capacità del regista - anche per merito di una narrazione avvincente, tratta dal romanzo autobriafico dello Szpilman - di tenere desta l'attenzione dello spettatore in modo continuativo e senza cali. L'indentificazione dello spettatore con le disavventure di questo povero artista ebreo - impegnato a cercare di sopravvivere nel tragico contesto dell'occupazione nazista della Polonia durante la Seconda Guerra Mondiale - appare completa. Perché non un capolavoro? Forse perché nell'ambito della produzione filmica di quel genio che è senza dubbio Polanski questo film non occupa il posto più elevato: ricordo con più nostalgia film come l'Inquilino del terzo piano, o Cul de sac. Ad ogni modo sempre consigliatissimo per un vasto pubblico. 4 Stelline.
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rmarci 05
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domenica 28 luglio 2019
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una testimonianza straziante e molto personale
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Memore del periodo più buio che il mondo abbia mai vissuto negli ultimi secoli, il grande Roman Polanski realizza un’opera estremamente personale oltre che dall’infallibile tensione drammatica, che si configura sia come una straziante testimonianza delle atrocità compiute dai Nazisti nel ghetto di Varsavia durante la Seconda Guerra Mondiale, sia come una toccante riflessione sul potere salvifico dell’arte, unico ideale di sopravvivenza dell’emaciato protagonista interpretato con ammirevole intensità da un bravissimo Adrian Brody. Ad una prima parte descrittiva e quasi corale, che mostra con un realismo ineccepibile e con un tono drammaticamente consapevole le condizioni disumane del popolo ebraico, si contrappone una seconda parte stilisticamente molto più polanskiana, in cui la fotografia desaturata e la scenografia decadente rispecchiano perfettamente lo stato fisico e psicologico del protagonista, solo, debole e costretto all’interno di un luogo svuotato di qualsiasi forma di umanità.
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Memore del periodo più buio che il mondo abbia mai vissuto negli ultimi secoli, il grande Roman Polanski realizza un’opera estremamente personale oltre che dall’infallibile tensione drammatica, che si configura sia come una straziante testimonianza delle atrocità compiute dai Nazisti nel ghetto di Varsavia durante la Seconda Guerra Mondiale, sia come una toccante riflessione sul potere salvifico dell’arte, unico ideale di sopravvivenza dell’emaciato protagonista interpretato con ammirevole intensità da un bravissimo Adrian Brody. Ad una prima parte descrittiva e quasi corale, che mostra con un realismo ineccepibile e con un tono drammaticamente consapevole le condizioni disumane del popolo ebraico, si contrappone una seconda parte stilisticamente molto più polanskiana, in cui la fotografia desaturata e la scenografia decadente rispecchiano perfettamente lo stato fisico e psicologico del protagonista, solo, debole e costretto all’interno di un luogo svuotato di qualsiasi forma di umanità. Probabilmente, l’unico limite del film è quello di non uscire mai dalle convenzioni del suo genere, quello del filone storico-drammatico, rischiando quindi di somigliare molto (forse troppo) a pellicole come Schindler’s List. Tuttavia, le due opere potrebbero essere considerate anche come “due facce della stessa medaglia”, tanto importanti quanto straordinarie. Vincitore di 3 Premi Oscar e della Palma d’Oro al Festival di Cannes 2002: tutti premi meritatissimi, come le 4 stelle.
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mercoledì 19 dicembre 2018
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banale
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Sir Farinotti, perdoni la mia imprescindibile raffinatezza, ma da quando leggo le sue patetiche recensioni non posso fare a meno di chiedermi se le sue considerazioni sono determinate dal proprio stato o espressioni del suo sadismo e mancanza di attitudine a manifestare se stesso,il proprio pensiero,umanità, la propria essenza preoccupandosi più di sembrare che essere rendendosi ai lettori accondiscendente al pensiero della massa, sacrificando la sua meschina e povera personalità. L ipocrisia è un compromesso spesso sprecato, come vendere senza compenso la propria anima... al diavolo!
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stefano capasso
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venerdì 29 gennaio 2016
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l'identità che salva nella crisi
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Roman Polanski firma la regia di questo film straordinario per intensità espressiva, che catalizza l’attenzione dall’inizio alla fine senza cedimenti, raccontando la storia di un pianista ebreo durante la seconda guerra mondiale.
Wladyslaw è un giovane pianista di grande talento. Suona Chopin alla radio polacca ed ha raggiunto la fama nazionale. Nel ‘38 le leggi razziali cominciano a limitare la sua vita e quella della sua famiglia, e con il trascorrere del tempo la situazione si farà sempre più difficile. Confinato nel ghetto di Varsavia prima, nascosto in appartamenti clandestini grazie alla generosità di amici della resistenza poi, assistiamo al degrado inesorabile di Varsavia e della sua vita.
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Roman Polanski firma la regia di questo film straordinario per intensità espressiva, che catalizza l’attenzione dall’inizio alla fine senza cedimenti, raccontando la storia di un pianista ebreo durante la seconda guerra mondiale.
Wladyslaw è un giovane pianista di grande talento. Suona Chopin alla radio polacca ed ha raggiunto la fama nazionale. Nel ‘38 le leggi razziali cominciano a limitare la sua vita e quella della sua famiglia, e con il trascorrere del tempo la situazione si farà sempre più difficile. Confinato nel ghetto di Varsavia prima, nascosto in appartamenti clandestini grazie alla generosità di amici della resistenza poi, assistiamo al degrado inesorabile di Varsavia e della sua vita. Trascorre gli ultimi anni in fuga nello spazio di poche decine di metri, braccato e affamato, ormai irriconoscibile, col terrore di essere catturato dai nazisti.
In questo processo progressivo di perdita di identità e umanità quello che rimane saldo lui è il suo amore per la musica e per il piano, che rimane l’unica cosa a cui aggrapparsi per sperare nel futuro e che di fatto gli salva la vita.
Un film sull’olocausto visto nel ghetto di Varsavia, che fa emergere come avere una solida identità personale, una forte vocazione, possa essere determinare per riuscire a superare i momenti più duri che la vita presenta.
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sim one
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giovedì 28 gennaio 2016
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a volte stento a credere che sia successo davvero
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E' il primo film sull'Olocausto che mi ha dato il quadro generale dell'orreda situazione dell'epoca. Storicamente fatto bene, anche troppo, viste certe scene crude e impressionanti: ma purtroppo sono realmente accadute. Gli attori molto validi, come la regia.
[+] l''olocausto comincia qui
(di alex)
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il befe
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martedì 10 marzo 2015
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capolavoro
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borghij
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giovedì 29 gennaio 2015
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una sinfonia per la libertà.
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A Varsavia quando tutto doveva ancora cominciare, nessuno avrebbe mai immaginato cosa sarebbe successo.
In una famiglia Ebrea benestante si scatena la paura come anche nel resto del mondo, quando i tedeschi invadono la Polonia, scoppia il terrore.
Il processo è graduale e preciso, come solo i Tedeschi sapevano fare, senza manco accorgersene le famiglie Ebree di Varsavia sono prima costrette a non camminare più sui marciapiedi, a entrare nei bar, a camminare nei parchi; sono picchiate, umiliate, sfregiate, uccise,
e poi di colpo sfrattate e poi subito dopo deportate in campi di sterminio a lavorare e a morire, come una grande fabbrica della morte.
Tutto così veloce, raccapricciante, scene crude e pesanti da digerire, la normalità con cui tutto questo succedeva, la velocità con cui tutto questo si sviluppava è angosciante ma così vero.
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A Varsavia quando tutto doveva ancora cominciare, nessuno avrebbe mai immaginato cosa sarebbe successo.
In una famiglia Ebrea benestante si scatena la paura come anche nel resto del mondo, quando i tedeschi invadono la Polonia, scoppia il terrore.
Il processo è graduale e preciso, come solo i Tedeschi sapevano fare, senza manco accorgersene le famiglie Ebree di Varsavia sono prima costrette a non camminare più sui marciapiedi, a entrare nei bar, a camminare nei parchi; sono picchiate, umiliate, sfregiate, uccise,
e poi di colpo sfrattate e poi subito dopo deportate in campi di sterminio a lavorare e a morire, come una grande fabbrica della morte.
Tutto così veloce, raccapricciante, scene crude e pesanti da digerire, la normalità con cui tutto questo succedeva, la velocità con cui tutto questo si sviluppava è angosciante ma così vero.
Il pianista Szpilman perde la sua famiglia sui treni per i Lager nazisti, rimane solo, al freddo, a patire la fame e le umiliazioni;
viene però ospitato da amici e persone che lottano contro l'oppressione e aiutano gli Ebrei, così per molto tempo rimane chiuso in casa ad aspettare, a suonare un pianoforte che ormai non può neanche più suonare, se non nella sua mente, per non essere scoperto.
Vede solo più morte e tristezza, dalla finestra è spettatore tutti i giorni di assassinii e vittime innocenti massacrate e non può fare nulla, se non piangere.
Quando però si accorge d'esser stato scoperto deve lasciare il suo rifugio e vagare per ospedali disastrati a cercare cibo e acqua sporca da bere, finché troverà una soffitta che lo ospiterà indisturbato fino alla fine della guerra, quando i Russi arriveranno.
Un giorno un capitano nazista (Hosenfeld) mostra un cenno di umanità, che poi si scoprirà più che un cenno ma proprio una luce che si fa un varco tra le tenebre, è quasi un sollievo per lo spettatore, verrebbe quasi da abbracciare quell 'uomo pieno di pietà e compassione e voglia di ricominciare e di aiutare, che porta cibo, sicurezza e vestiti caldi a un Ebreo che ha perso tutto, a un uomo come tutti noi, un uomo come quel tedesco incastrato in una divisa che porta morte, che ha il solo scopo di scusarsi.
In una Polonia senza più volto ci si scambia anche per una divisa, anche se serviva solo per il freddo. Non ci si riconosce più, e tutto è una maceria.
Il film di Roman Polanski è il suo capolavoro e uno dei più importanti film sull' Olocausto e la seconda guerra mondiale, che trasmette tutto ciò che deve e ogni signolo pensiero di un pianista distrutto da una guerra inutile.
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theophilus
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lunedì 17 febbraio 2014
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forse la musica salverà il mondo
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THE PIANIST
Abbiamo voluto rivedere recentemente The Pianist di Roman Polanski. E’ stato un atto d’amore per uno dei film più importanti degli ultimi anni, che avevamo ingenuamente trascurato o forse colpevolmente frainteso: scettici di fronte al cruciale tema dello sterminio degli ebrei trattato dal cinema – perché riteniamo che i documentari storici sull’argomento siano un materiale che debba restare intoccabile, non surrogabile da interpretazioni – avevamo visto il film di Polanski come un tentativo di aggirare la Storia, edulcorando la materia col solo accostargliene un’altra che, data la sua importanza, finiva con l’essere un elemento ricattatorio.
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THE PIANIST
Abbiamo voluto rivedere recentemente The Pianist di Roman Polanski. E’ stato un atto d’amore per uno dei film più importanti degli ultimi anni, che avevamo ingenuamente trascurato o forse colpevolmente frainteso: scettici di fronte al cruciale tema dello sterminio degli ebrei trattato dal cinema – perché riteniamo che i documentari storici sull’argomento siano un materiale che debba restare intoccabile, non surrogabile da interpretazioni – avevamo visto il film di Polanski come un tentativo di aggirare la Storia, edulcorando la materia col solo accostargliene un’altra che, data la sua importanza, finiva con l’essere un elemento ricattatorio. Improvvisa, ma in fondo sperata, è arrivata l’occasione di rivalutare la pellicola: un segno, un invito che non poteva rimanere disatteso.
Il Pianista ha inizio con l’immagine del protagonista che sta interpretando il Notturno op. 27 nr. 1 in do diesis minore di Chopin alla radio polacca. Allo scoppio di una bomba che squassa le pareti della saletta accanto, divisa da un vetro, i tecnici – colti dal panico – si danno alla fuga. Wadislaw Szpilman – dalla cui autobiografia è stato tratto il film - resta ancora, non per eroismo e sprezzo del pericolo, ma perché – si direbbe – non capisce quello che sta accadendo, è sordo a ogni rumore e sente solo la sua musica. Solo quando non la coglie più e una bomba esplode vicino a lui, si precipita fuori.
Questo sembra essere il leitmotiv di tutto il film. Non che il pianista si disinteressi a quello che capita attorno a lui, ma egli ne è come preservato, ne ha salva la vita e ciò sin da quando si preferisce non farlo entrare nei comitati di resistenza contro i nazisti, perché è troppo noto e non passerebbe inosservato. Ancora, quando sta per salire sul treno che lo deporterà nei campi di concentramento col resto della sua famiglia e viene pescato e tolto a viva forza dal gruppo dal parente che lavora per la polizia ebrea. Quando viene aiutato da Dorota, la conoscente violoncellista che gli trova un appartamento presso cui rifugiarsi: più che l’orrore per il destino di un popolo che allora non si poteva presagire in tutta la sua inumana proporzione, sembra avere potere su di lei lo sdegno e il dolore per la sorte che tocca al pianista. Quando infine viene scoperto nel suo ultimo rifugio dal capitano nazista che vorrà sentirlo suonare e, dopo, gli porterà del cibo e lo aiuterà a salvarsi.
La Musica lo salva e lo redime, anche quando non c’è, anche quando egli la può solo sentire con le orecchie dell’immaginazione, apponendo le mani sulla tastiera, che deve restare muta. Nel film, in effetti, la musica non la si sente risuonare molto di frequente: è nel suo spirito e, oltre a preservarlo dalla morte, gli dà la forza di superare quegli anni fino all’arrivo dei Russi a liberare Varsavia.
Con un’espressione da avvoltoio spiritato, da ratto affamato che si aggira per le case bombardate in cerca di briciole, riesce a sopravvivere solo grazie alla forza che la Musica gli sa conferire. Così, all’inizio del film, mentre il fratello vorrebbe scacciare il commerciante che cerca di portarsi via il pianoforte a coda per due soldi, Wadislaw glielo lascia prendere, conscio che da quel momento in avanti la Musica dovrà sentirla solo dentro di sé. La sua rabbia è interiore, implode insieme alla paura nei momenti di grande pericolo. La Musica gli rende – sola – sopportabile quei lunghi momenti, quell’immagine di una Varsavia distrutta dalle bombe e che si apre al di là del muro del ghetto con un viale di macerie che s’inoltra fra case annerite dalle bombe e ingrigite come cenere. Quei ruderi sono ricettacolo di un vampiro, di uno sciacallo che si aggira fra quelle rovine in cerca della pura sopravvivenza, di qualche cosa che agli altri non basterebbe per tirare avanti. È proprio un vampiro perché riesce a sopravvivere grazie alla linfa vitale che succhia dalla Musica ed è uno sciacallo perché riuscirà a rubare al suo ultimo rifugio quella Musica che lo rende vampiro.
A noi pare questo il senso del film: sembra quasi che il pianista si senta in colpa per essere diverso, per riuscire a sopravvivere grazie a quella sua diversità, mentre, attorno a lui, tutti quanti muoiono. Quella tristezza che è negli occhi del protagonista e dell’attore che interpreta quella parte (Adrien Brody), è la tristezza di chi si sente solo in quella gabbia che lo protegge, ma è anche la tristezza di chi sente la paura di morire ad ogni momento, braccato dalla morte, ma quasi condannato a vivere. Sembra ancora la tristezza di chi prova vergogna di vivere grazie alla Musica, a qualcosa che quindi si rivela più universale e più grande della tragedia di tutte le guerre.
Roman Polanski ha firmato qui forse il suo capolavoro, riuscendo a descrivere in modo lucido - sposando l’asciuttezza del racconto e riuscendo a rifuggire dalla retorica - la devastazione dell’olocausto quasi negandolo, sottraendolo alla sua oggettività, grazie alla soggettività di chi gli è passato attraverso riuscendo a rimanere integro: un inno al pudore del dolore. Quasi una forma d’insensibilità al dolore, un’anestesia che gli fa sopportare qualsiasi trauma. La Musica e l’Arte che preservano e che salvano: qualcosa di catartico, di mistico.
Riprendendo il filo del discorso iniziale, The Pianist non è quindi tanto un film sull’olocausto, ma è una professione di fede, il racconto di una vittoria, un’ascesa. Se i filmati storici sono tra i documenti più terribili a testimonianza della tragedia dell’Uomo, se in un lungometraggio come Schindler’s list, la pietas che lo pervade e la maestria di Spielberg non possono comunque non farci riflettere sulla profanazione sostanzialmente inutile che è stata operata, privo com’esso è di elementi di contrasto che si staglino sul fondo, The Pianist racchiude invece due film che si fondono perfettamente e si alimentano a creare un’unicum che vive a pieno diritto.
Gli occhi del pianista vedono tutto quello che vede lo spettatore: il vecchio invalido che viene buttato giù con la sedia a rotelle dalla terrazza della sua casa o la scena di chi guarda in faccia il pazzo aguzzino che sta ricaricando la pistola e ha un attimo in più per pensare alla vita che lo abbandona o il bambino che egli tenta di far passare attraverso una buca scavata sotto il muro del ghetto, mentre dall’altra parte lo stanno massacrando. Lui si salverà con la Musica, noi guardando il film.
Enzo Vignoli,
12 aprile 2004
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jayan
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sabato 20 aprile 2013
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la musica vince sugli orrori dell'olocausto
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Il capolavoro di Polanski sull'olocausto. La musica vince sugli orrori del nazismo. Wladyslaw Szpilman, celebre pianista ebreo polacco, attraversa le più roccambolesche avventure per fuggire agli orrori dei nazisti e al loro odio per gli ebrei. Mentre i genitori sono sterminati in un lager, lui riesce a fuggire alla persecuzione, si nasconde, cambia luogo dove vive... e quando verrà scoperto, sarà proprio la musica, la sua esecuzione della "Ballata n. 1 in G min. di Chopin" davanti a un ufficiale nazista a salvarlo! Basato su una storia vera, dimostra che la realtà supera spesso la fantasia più sfrenata. La creatività e originalità del regista è nel mescolare la bellezza della musica alla bruttezza della guerra e dell'odio, dove però, alla fine, la musica vincerà.
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Il capolavoro di Polanski sull'olocausto. La musica vince sugli orrori del nazismo. Wladyslaw Szpilman, celebre pianista ebreo polacco, attraversa le più roccambolesche avventure per fuggire agli orrori dei nazisti e al loro odio per gli ebrei. Mentre i genitori sono sterminati in un lager, lui riesce a fuggire alla persecuzione, si nasconde, cambia luogo dove vive... e quando verrà scoperto, sarà proprio la musica, la sua esecuzione della "Ballata n. 1 in G min. di Chopin" davanti a un ufficiale nazista a salvarlo! Basato su una storia vera, dimostra che la realtà supera spesso la fantasia più sfrenata. La creatività e originalità del regista è nel mescolare la bellezza della musica alla bruttezza della guerra e dell'odio, dove però, alla fine, la musica vincerà. Perché nulla e nessuno può abbattere il potere dell'anima. L'interpretazione di Audren Brody è eccezionale. Il regista Polanski ha superato se stesso in questo film. Da non perdere. Assolutamente da vedere il film, e anche da ascoltare il cd della colonna sonora.
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