The Big Kahuna |
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Un film di John Swanbeck.
Con Danny DeVito, Kevin Spacey, Peter Facinelli, Paul Dawson
Drammatico,
durata 90 min.
- USA 2000.
MYMONETRO
The Big Kahuna
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Spacey torna in te, Accetta il consiglio
di GiuseponFeedback: |
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sabato 26 marzo 2011 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Non sempre due grandi attori fanno un capolavoro. Senza alcuna riserva nessuno può non giudicare Danny De Vito e Kevin Spacey due grandi ed eccellenti attori, Hollywood è fatto da grandi dive e da grandi attori loro hanno navigato tra i generi per accostarsi a ciascun di essi nel miglior dei modi possibili e in questa pellicola l'approccio è buono ma non sempre regge per tutti i 90 minuti. Kevin Spacey anche produttore del film si è troppo immedesimanto nel personaggio che solo un anno prima gli ha portato tanto successo in "American beauty" che qui ripropone pulendolo un pò e stabilizandolo del ruolo. Spacey spacciato, senza limiti, diretto, con una moglie e tanti occhi per le altre donne, sembra che il personaggio faccia da tramite tra le due pellicole, lì era il marito qui il lavoratore, abbiamo amato quel personaggio ma non può contaggiare un altra pellicola, non può continuare e morto li in quel film, nell'ultima scena. Molto meglio De Vito, uomo divorziato con alle spalle una vita fatta di lunghi anni che adesso non fanno altro che riempirgli la testa di "se" e "ma", interpretazione intensa ma non pesante, incorniaciato bene da una fotografia sottile che lo inquadra tra un bicchierino e una bottiglia di gazosa. La suite rappresenta nel miglior modo quello che è la situazione in cui si trovano i tre protagonisti, o ancor meglio De Vito colui che la sceglie, un angolo di vita spenta e passata, qualcosa che un tempo era stupenda e sopra ogni prospettiva, scenografia scelta bene. Il più giovane tra i tre BoB ( Peter Facinelli) assilla tutti con i suoi discorsi religiosi ,anche il grande cliente che tanto attendono, ma alla fine troverà le sue risposte dai due e non nelle sue preghiere, lo sguardo finale tra Spacey e Facinelli rimette quell'equilibrio instabile tra vecchie e nuova generazione di venditori e non solo. L'idea era ottima ma difficile da riuscire forse, un film girato totalmente in un uno anzi due interni, uno scenario ridottissimo, nessuna esterna, il ritmo era scandito solo dai dialoghi che senz'altro funziona ma non sempre reggono in tutta la pellicola, senza De Vito sarebbe stato in fiasco, senza SPacey sarebbe stato fermo, senza Facinelli forse sarebbe stato meglio. Da citare il finale, la colonna sonora del film è un monologo molto famoso e molto bello di Mary Schmich riproposto con una musica che chiude il film e introduce i titoli di cosa, "Usa la crema solare,accetta il consiglio( per questa volta)".
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