tbj
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martedì 2 novembre 2004
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la violenza non è il perno attorno a cui ruota.
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La lotta di un uomo contro il conformismo e la falsità
del mondo moderno, ma anche la lotta di quell'uomo
contro se stesso, contro un alterego che è quello che
non si vorrebbe mai diventare, ma anche quello che si
vorrebbe essere.
Un film che fa pensare, con una rivelazione finale senza
la quale probabilmente il film non avrebbe senso, lascio
a voi scoprirla. Ancora un film che merita di essere visto,
possibilmente aprendo la mente, e guardandolo fino
alla fine prima di giudicare affrettatamente.
Che ne dite ?
Voi che pensavate a Fight Club come ad un film "sui cazzotti", bah..
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ale
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lunedì 1 novembre 2004
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impressione
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Ho come l'impressione che io e Farinotti non abbiamo visto lo stesso film se l'unica cosa che coglie è come dice il "picchiarsi per stare meglio"..mah..
bel film ,molto particolare ,grandissimi gli attori...
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andrea scapigliati
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sabato 7 febbraio 2004
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un film acuto e penetrante
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Mi è capitato di leggere la recensione non molto favorevole di Lietta Tornabuoni de "La Stampa" e di imbattermi ,oltre nei soliti pregiudizi che accompagnano l'uscita di film fortemente innovativi o anche soltanto un tantino spregiudicati ,in un fraintendimento che ne pregiudica interamente la comprensione. Fight club , ben lungi dal presentare il dolore come unica via d’uscita dalla fredda esistenza moderna quasi fosse una nuova forma di ascetismo , ne indica una via verso l’accettazione . Ora si pùo biasimare ( a che scopo ? I film migliori sono una riflessione, un ‘approccio , un tentativo puramente teorico di afferrare la propria epoca nei suoi tratti essenziali .) che la strada intrapresa sia quella di una violenza consapevole , un’ autodistruzione limitata ad un io tanto egoista quanto ingombrante.
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Mi è capitato di leggere la recensione non molto favorevole di Lietta Tornabuoni de "La Stampa" e di imbattermi ,oltre nei soliti pregiudizi che accompagnano l'uscita di film fortemente innovativi o anche soltanto un tantino spregiudicati ,in un fraintendimento che ne pregiudica interamente la comprensione. Fight club , ben lungi dal presentare il dolore come unica via d’uscita dalla fredda esistenza moderna quasi fosse una nuova forma di ascetismo , ne indica una via verso l’accettazione . Ora si pùo biasimare ( a che scopo ? I film migliori sono una riflessione, un ‘approccio , un tentativo puramente teorico di afferrare la propria epoca nei suoi tratti essenziali .) che la strada intrapresa sia quella di una violenza consapevole , un’ autodistruzione limitata ad un io tanto egoista quanto ingombrante. Ad un orecchio più attento il contenuto del film dovrebbe risultare questo: Il vivere contemporaneo , il consumismo moderno ci porta a sentire le cose che possediamo come estensioni del nostro stesso essere , il nostro corpo un’ enorme ricchezza da preservare quando esso non ha altra funzione che permetterci di respirare , farci da mezzo di trasporto . Per tornare ad una dimensione tanto più umana è necessario accettare il dolore , riconoscerlo in quanto tale ,senza vane mistificazioni, come componente dell’ esistenza . L’etica dominante , capitalista , quella del cinema hollywoodiano ci ha dipinto il mondo come l’opera perfetta di tante singole , potenti individualità col risultato di renderci tanto più insopportabile la nostra inettitudine. L’uomo comune non destinatario di particolari glorie od oneri abbandona le sue velleità , cessa di essere dilaniato ( concezione della globalizzazione , pure non in accezione estetica , vagamente quanto involontariamente pasoliniana) , mutilato nel corpo per un ritorno ad una fisicità primitiva . L’utopia della palingenesi viene fagocitata quando la donna “Marla” si rivela , oltre che origine delle contraddizioni del protagonista , il suo vero oggetto di desiderio nella scena finale. Ma il ritrovato equilibrio mentale potrebbe nascondere un’altra menzogna , o celare con il velo dell’inconsapevolezza la sintesi raggiunta.
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andrea scapigliati
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sabato 7 febbraio 2004
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un film acuto e penetrante
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Mi è capitato di leggere la recensione non molto favorevole di Lietta Tornabuoni de "La Stampa" e di imbattermi ,oltre nei soliti pregiudizi che accompagnano l'uscita di film fortemente innovativi o anche soltanto un tantino spregiudicati ,in un fraintendimento che ne pregiudica interamente la comprensione. Fight club , ben lungi dal presentare il dolore come unica via d’uscita dalla fredda esistenza moderna quasi fosse una nuova forma di ascetismo , ne indica una via verso l’accettazione . Ora si pùo biasimare ( a che scopo ? I film migliori sono una riflessione, un ‘approccio , un tentativo puramente teorico di afferrare la propria epoca nei suoi tratti essenziali .) che la strada intrapresa sia quella di una violenza consapevole , un’ autodistruzione limitata ad un io tanto egoista quanto ingombrante.
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Mi è capitato di leggere la recensione non molto favorevole di Lietta Tornabuoni de "La Stampa" e di imbattermi ,oltre nei soliti pregiudizi che accompagnano l'uscita di film fortemente innovativi o anche soltanto un tantino spregiudicati ,in un fraintendimento che ne pregiudica interamente la comprensione. Fight club , ben lungi dal presentare il dolore come unica via d’uscita dalla fredda esistenza moderna quasi fosse una nuova forma di ascetismo , ne indica una via verso l’accettazione . Ora si pùo biasimare ( a che scopo ? I film migliori sono una riflessione, un ‘approccio , un tentativo puramente teorico di afferrare la propria epoca nei suoi tratti essenziali .) che la strada intrapresa sia quella di una violenza consapevole , un’ autodistruzione limitata ad un io tanto egoista quanto ingombrante. Ad un orecchio più attento il contenuto del film dovrebbe risultare questo: Il vivere contemporaneo , il consumismo moderno ci porta a sentire le cose che possediamo come estensioni del nostro stesso essere , il nostro corpo un’ enorme ricchezza da preservare quando esso non ha altra funzione che permetterci di respirare , farci da mezzo di trasporto . Per tornare ad una dimensione tanto più umana è necessario accettare il dolore , riconoscerlo in quanto tale ,senza vane mistificazioni, come componente dell’ esistenza . L’etica dominante , capitalista , quella del cinema hollywoodiano ci ha dipinto il mondo come l’opera perfetta di tante singole , potenti individualità col risultato di renderci tanto più insopportabile la nostra inettitudine. L’uomo comune non destinatario di particolari glorie od oneri abbandona le sue velleità , cessa di essere dilaniato ( concezione della globalizzazione , pure non in accezione estetica , vagamente quanto involontariamente pasoliniana) , mutilato nel corpo per un ritorno ad una fisicità primitiva . L’utopia della palingenesi viene fagocitata quando la donna “Marla” si rivela , oltre che origine delle contraddizioni del protagonista , il suo vero oggetto di desiderio nella scena finale. Ma il ritrovato equilibrio mentale potrebbe nascondere un’altra menzogna , o celare con il velo dell’inconsapevolezza la sintesi raggiunta.
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john
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mercoledì 3 dicembre 2003
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privee
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Non sento non penso non so. C'è solo che Brad Pitt mi arrapa che più bestia non si può.
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lemke
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letto il libro visto il film
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Fight club è una delle rarissime eccezioni nelle quali il film riesce a raccogliere appieno lo spirito del romanzo cui è ispirato. Chuck Plahniuk è pazzo. Non lo dico io, lo dice il suo psichiatra. Ed in quanto pazzo, ha la capacità di dire quello che gli altri fanno finta di non vedere, di sbatterti in faccia l'ipocrisia di uno stile di vita basato sul modello: guadagna-spendi, più guadagni più devi spendere. Che egli usi la violenza (ossia ciò che a livello formale chiunque rifiuta), come paradossale grimaldello di questa catena è una scelta estrema, ma ha sviato molti dei critici di questo film (che probabilmente non avevano letto il libro): la vilenza di fight club NON è il fine, ma il mezzo; la tesi di fondo è che il sistema economico attuale sia talmente vomitevole che qualunque cosa, anche la violenza primordiale sia comunque meglio.
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Fight club è una delle rarissime eccezioni nelle quali il film riesce a raccogliere appieno lo spirito del romanzo cui è ispirato. Chuck Plahniuk è pazzo. Non lo dico io, lo dice il suo psichiatra. Ed in quanto pazzo, ha la capacità di dire quello che gli altri fanno finta di non vedere, di sbatterti in faccia l'ipocrisia di uno stile di vita basato sul modello: guadagna-spendi, più guadagni più devi spendere. Che egli usi la violenza (ossia ciò che a livello formale chiunque rifiuta), come paradossale grimaldello di questa catena è una scelta estrema, ma ha sviato molti dei critici di questo film (che probabilmente non avevano letto il libro): la vilenza di fight club NON è il fine, ma il mezzo; la tesi di fondo è che il sistema economico attuale sia talmente vomitevole che qualunque cosa, anche la violenza primordiale sia comunque meglio. Qui non si tratta di recensire il filmetto adolescenziale un po' stupido che esalta la violenza, qui siamo di fronte alla trasposizione filmica di uno dei libri destinati a diventare uno dei simboli della nostra epoca. Consigli per gli acquisti: ovviamente il romanzo di palahniuk, ma anche ilrecente "Soffocare", ancora più estremo e devastante nello scoprire i lati oscuri del nostro benessere.
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[+] leggere il libro??ma dai!!!
(di .:missangel:.)
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weltenwandler
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sono basito!!!
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Per la quarta volta insisto...Pino chi??? Ma dai...vai...vai...
Signori...andate su filmup.com che almeno lì le recensioni sono fatte da chi di cinema ne sa qualcosa!!! Sono mostruosamente inc*zz**o con le recensioni che affiancano le locandine...NON CE N'E'UNA CHE SI SALVI!!! Ma ci rendiamo conto??? Andate a raccogliere patate, va, che è meglio!!! Non sprecherò commenti su questo film che comunque è un capolavoro...
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ale
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domenica 5 gennaio 2003
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il fine giustifica i mezzi?
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ovvero.. la violenza è tollerabile se lo scopo è quello di purificare lo spirito, di sentirsi protagonisti, di azzerare le disparità economiche che nella società di oggi ci dividono?
Estremismo, nel bene e nel male, nel tentativo di realizzare un ideale politico e nelle lotte di quartiere.
Una pellicola all'insegna del perseguimento della strada più semplice... più facile è crearsi un alter ego che affrontare i propri limiti, far esplodere banche che tentare di cambiare il mondo rinunciando alla violenza.
Ma le vere vittorie si perseguono nel tempo e per gradi, e di Tyler Durden non bisogna conservare null'altro se non l'eccezionale carisma.
Direzione più che buona, frenetica, originale, all'insegna dell'eccesso, supportata da un'ottima sceneggiatura.
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maxs
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venerdì 3 gennaio 2003
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pino pino
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Pino, pino, birichino
stai svaccando un po' sulle recensioni
una volta ci mettevi più impegno
ma i film recenti li guardi tu
o deleghi tutto agli allievi della tua scuola
Tienili d'occhio questi giovani biricchini...
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alfonso del giudice
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domenica 18 agosto 2002
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www.filmup.com
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