jonnylogan
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domenica 31 ottobre 2021
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una radio libera, ma libera veramente
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In una notte di giugno dei primi anni ‘90 Bruno Iori sta mandando in onda l’ultima trasmissione di Radio Freccia, emittente radiofonica di Correggio che quella sera, poco prima di compiere la maggiore età, chiuderà definitivamente i battenti. Per spiegare agli ascoltatori cos’abbia rappresentato la radio per chi come lui era maggiorenne a metà degli anni ’70, Bruno inizia a ripercorrere la sua storia e quella di chi assieme a lui ha dato vita a una radio libera nel cuore dell’Emilia.
Cos’abbia spinto Luciano Ligabue, rocker di Correggio e, da settembre 1998, anche regista di buon successo a portare sul grande schermo le sue narrazioni, i suoi personaggi, prima cantati e poi terminati su carta, con la raccolta Fuori e dentro il borgo, è la probabile necessità di donare una sembianza fisica a tanti protagonisti fino a quel momento immaginati dai suoi fans oltre all’inevitabile desiderio di ripercorrere, attraverso Bruno, Bonanza, Freccia, Iena, Bonanza e Kingo, fan sfegatato di Elvis, rocker per passione e metalmeccanico per necessità, la propria giovinezza con le prime radio libere e le serate passate fra il bar e a piazzare dischi sul ‘piatto’ nel tentativo (reale) di imitare il più quotato ‘Vasco Rossi di Punto Radio’.
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In una notte di giugno dei primi anni ‘90 Bruno Iori sta mandando in onda l’ultima trasmissione di Radio Freccia, emittente radiofonica di Correggio che quella sera, poco prima di compiere la maggiore età, chiuderà definitivamente i battenti. Per spiegare agli ascoltatori cos’abbia rappresentato la radio per chi come lui era maggiorenne a metà degli anni ’70, Bruno inizia a ripercorrere la sua storia e quella di chi assieme a lui ha dato vita a una radio libera nel cuore dell’Emilia.
Cos’abbia spinto Luciano Ligabue, rocker di Correggio e, da settembre 1998, anche regista di buon successo a portare sul grande schermo le sue narrazioni, i suoi personaggi, prima cantati e poi terminati su carta, con la raccolta Fuori e dentro il borgo, è la probabile necessità di donare una sembianza fisica a tanti protagonisti fino a quel momento immaginati dai suoi fans oltre all’inevitabile desiderio di ripercorrere, attraverso Bruno, Bonanza, Freccia, Iena, Bonanza e Kingo, fan sfegatato di Elvis, rocker per passione e metalmeccanico per necessità, la propria giovinezza con le prime radio libere e le serate passate fra il bar e a piazzare dischi sul ‘piatto’ nel tentativo (reale) di imitare il più quotato ‘Vasco Rossi di Punto Radio’.
Il primo sforzo cinematografico del Liga non tradisce minimamente il desiderio di piazzare molta carne sul fuoco cucinandola, anzi mixandola, in maniera anche schizofrenica. La trama saccheggia sapientemente da una serie di personaggi il cui humus è quello della provincia emiliana che a metà dei ’70 forniva poco di più di un bar, un gruppo di amicizie granitiche, i problemi della vita adulta e quelli della droga, declinata nella maniera più feroce possibile, mischiando il tutto in una sceneggiatura a quattro mani con Antonio Leotti, e avvalendosi di attori all’epoca ancora poco più che emergenti, basti pensare a Stefano Accorsi, che anche grazie al ruolo di Freccia ha poi saputo costruirsi una carriera internazionale, Ligabue riesce a strappare ben più di un semplice sorriso a chi quegli anni li ha vissuti anche se ad altre latitudini. C’è infatti molta passione da parte di chi la settima arte l’ha fruita copiosamente, con una citazione fin troppo palese e non certo nascosta per Federico Fellini, omaggiato dalle scritte che appaiono a mezz’aria e che introducono i vari capitoli del film; ma c’è anche altrettanto Stefano Benni con i suoi stereotipi umani da Bar Sport. Nonostante queste due licenze la trama funziona, la colonna sonora è di grande livello e i riconoscimenti che arrivarono copiosi, fra cui Nastri d’argento e David di Donatello, furono tutti quanto mai meritati.
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elgatoloco
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giovedì 17 settembre 2020
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struggente, bellissimo
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"RadioFreccia"(Luciano Ligabue, anche autore del soggetto e della sceneggiatura insieme con Antonio Leotti, dal suo libro"Fuori e dento il borgo", 1998)è un'opera struggente, malinconcica e a tratti disforica,, che, partendo dalla chiusura di"RadioFreccia", già"RadioRaptus, poco prima del suo diciottesimo compleanno, mostra tutti i dubbi,le ansie e angosce di una generazione di diciotto-ventenni negli anni 1975, di quella generazione, dunque, che nella"Bassa"(dintorni di Reggio Emilia, grosso modo)manifesta tensioni che sfoceranno nella"no future generation", con le avvisaglie di droga pesante(eroina) e autodistruzione che erano in qualkche modo state"sopite"dalle g randi speranze politiche, qui ormai passate.
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"RadioFreccia"(Luciano Ligabue, anche autore del soggetto e della sceneggiatura insieme con Antonio Leotti, dal suo libro"Fuori e dento il borgo", 1998)è un'opera struggente, malinconcica e a tratti disforica,, che, partendo dalla chiusura di"RadioFreccia", già"RadioRaptus, poco prima del suo diciottesimo compleanno, mostra tutti i dubbi,le ansie e angosce di una generazione di diciotto-ventenni negli anni 1975, di quella generazione, dunque, che nella"Bassa"(dintorni di Reggio Emilia, grosso modo)manifesta tensioni che sfoceranno nella"no future generation", con le avvisaglie di droga pesante(eroina) e autodistruzione che erano in qualkche modo state"sopite"dalle g randi speranze politiche, qui ormai passate. Generazione non priva, anzi, di contraddizioni, che si manifesta nele gelosia per le proprie sorelle e nell'avversità -odio per una madre che cornifica il papà(per il ruolo"maudit"l'attrice prescelta è stata Serena Grandi,, che impersona la parte in maniera conivincente), dove una sorta di moralismo di ritorno, pur nell'assenza(invero totale) di referenti religiosi considerati è certo rilevant, vista anche la carenza , anzi anche qui assenza di referenti laici consolidati ... Oltre alle musiche e agli esterni, tra campagna e città(straordinaria l'apparizione, forse fantasmatica, di un rinoceronte, in piena campagna"urbanizzata"), il bar, con la presenza forte di Francesco Guccini, che è anche allenatore di una piccola équipe di football, la famiglia, sostanzialmente atomizzata quanto in piena crisi, altro ancora, con i rapporti sessuali-sentimentali che in qualche modo sfoceranno o in un matrimonio(situazione.limite, in qualchemodo)o invece nella tossicodipendenza, quasi a suggello della crisi latente e poi patente. Muishce a parte(dove la dominanza non è sempre dlelo stesso"Liga"e ai cantatujotri in genere,ma va piuttosto decisamente a Elvis Presley, ai Rolling Stones, al Rock e Rock'n.'Roll in genere), qualche intermezzzo comico, con un Vito cameriere altero al famoso pranzo(meglio cenza, anzi)di nozze, con Stefano Accorsi, pià che convincente protagonista nel ruolo di "Freccia", una"comparsata"dello stesso Ligabue, altre"presenze"in qualche modo fantasmatiche, in un fil, fortemente evocativo. El Gato
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great steven
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martedì 26 novembre 2019
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il declino di un'emittente locale da sogno.
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RADIOFRECCIA (IT, 1998) di LUCIANO LIGABUE. Con STEFANO ACCORSI, LUCIANO FEDERICO, ALESSIO MODICA, ENRICO SALIMBENI, ROBERTO ZIBETTI, FRANCESCO GUCCINI, PATRIZIA PICCININI, SERENA GRANDI
Nel 1993 Radio Raptus, emittente locale della bassa emiliana, sta per chiudere definitivamente. Tuttavia, nelle ultime due ore di attività, Bruno (L. Federico), ideatore e unico deejay della radio, racconta di come è stata fondata a Correggio (RE) nel 1975, a partire da un semplice trasmettitore da cinque watt e dischi portati dagli amici, da un quintetto di giovani nullafacenti con grandi sogni: Bruno, Tito (E. Salimbeni), Iena (A. Modica), Boris (R. Zibetti) e Ivan detto Freccia, il leader del gruppo che poi morirà per overdose di eroina.
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RADIOFRECCIA (IT, 1998) di LUCIANO LIGABUE. Con STEFANO ACCORSI, LUCIANO FEDERICO, ALESSIO MODICA, ENRICO SALIMBENI, ROBERTO ZIBETTI, FRANCESCO GUCCINI, PATRIZIA PICCININI, SERENA GRANDI
Nel 1993 Radio Raptus, emittente locale della bassa emiliana, sta per chiudere definitivamente. Tuttavia, nelle ultime due ore di attività, Bruno (L. Federico), ideatore e unico deejay della radio, racconta di come è stata fondata a Correggio (RE) nel 1975, a partire da un semplice trasmettitore da cinque watt e dischi portati dagli amici, da un quintetto di giovani nullafacenti con grandi sogni: Bruno, Tito (E. Salimbeni), Iena (A. Modica), Boris (R. Zibetti) e Ivan detto Freccia, il leader del gruppo che poi morirà per overdose di eroina. Le tragicomiche vicissitudini, gli scherzi, gli amori e le passioni che l’emittente attraversa in questi diciotto anni condurranno poi i sopravvissuti a ribattezzarla Radiofreccia. Tratto dai racconti di Fuori e dentro il borgo (1997) di Luciano Ligabue, sceneggiato dall’autore-regista con Antonio Leotti. Raro caso di film italiano di ambiente radiofonico, coglie nel segno narrando con una spensieratezza levigata in certi tratti da asperità l’epoca delle radio libere negli anni ’70, quando il connubio fra amici al bar, droga e la New Wave del rock costituivano un approccio di pensiero per la gioventù post-sessantottina. Già da qualche tempo Domenico Procacci andava in cerca di un soggetto che narrasse la vita della provincia padana così come emergeva dalle canzoni del rocker emiliano. Ligabue, contattato inizialmente solo come soggettista, fu entusiasta del progetto al punto da volerne assumere lui la regia, sia pure sotto la supervisione attenta del più esperto Antonello Grimaldi. Con un occhio ad American Graffiti e a Fellini, ecco nascere un’opera fresca, inusuale, autobiografica, vitale, che era destinata sulla carta solo ai fan di Ligabue, e che invece trovò intorno a sé un pubblico molto più vasto (quasi un milione di spettatori paganti). Definito dallo stesso cantautore la versione senza oceano di Un mercoledì da leoni. La linea d’ombra con cui arricchì questo discorso, citandola come elemento intravisto a lavoro finito, è quella che separa il mondo degli adolescenti da quello degli adulti, e nel film compaiono i temi cari al Liga: l’Emilia con le sue leggende paesane, i suoi personaggi bizzarri (il barista-confessore, l’appassionato di cinema soprannominato Bonanza, il sosia di Elvis Presley), la fine della giovinezza, la paura del futuro e dell’età adulta, la delusione per i sogni non concretizzati. Nonostante la scrittura un po’ ruvida e le scivolate involontarie nel patetico, il disegno dei personaggi appare oltremodo realistico, e risulta efficace la direzione degli attori (specialmente Salimbeni, un magnifico Accorsi, la sempre brava Piccinini e un inedito Guccini in veste di barista) in un quadro governato da uno sguardo ammirevole nella sua disincantata dimestichezza. Film basato sui personaggi che soffrono in parte per una struttura rigida (appena abbozzata la madre trasandata di Freccia, dunque poco riuscita nella definizione) che però non manca di estrarre trovate eccellenti malgrado i tempi morti individuabili qua e là nella naturalezza della recitazione. La sua simpatia genuina ne rivela la nostalgia senza rimpianto né autocompassione, potendo contare su un umorismo di base pressoché dominante che si fa controbilanciare da un senso molto fisico del drammatico teso a innescare la commozione spontanea. La Fandango di Procacci sborsò non poco denaro per coprire i costi della colonna sonora (Lou Reed, David Bowie, Lynyrd Skynyrd, Creedence Clearwater Revival, Roxy Music, Doobie Brothers). Nastro d’argento e David di Donatello a Ligabue per il miglior regista esordiente. Tre Globi d’oro (stampa estera): film, regia, musica (Alessio Vlad). Ciak d’oro a S. Accorsi. Il tema delle radio libere, celebrato nel 1976 anche dalla canzone-simbolo di Eugenio Finardi, vede la sua esemplificazione completa in Guccini, il cantastorie che più di ogni altro ha simboleggiato la rabbia e le amarezze, l’intelligenza e l’impegno degli anni ’70.
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ocoaesound
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giovedì 29 marzo 2018
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sgattaiolando col lardo delsound canticchiando ecc
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Una storiella un pò conosciuta, quella delle radio libere. Vi è
chi diceva che sembrava abusiva, per la legge di allora,
tipo una specie di pirata la spiker..., lo spiker
e per tal proposito il film affronta spesso l'argomento
3,4 4 volte alludendo a quella gente
sconosciuta che sparlava per radio senza limitarsi
e enfatizzandosi forse perchè non avevano altra cosa da fare, forse perchè
priva di personalità sua, non renderle libere sarebbe stato un comportamento
da suicida in radio freccia... si parla di tali cose, ascoltandola... la storia s'ha
quasi lavoglia di dire qualcosa, qualche complimento per il modo in
cui sembra dirigere spesso la trasmissone, spesso si sente dire la
stessa cosa tipo sono le 4 e 8 minuti, altre volte no, alle volte i brani sono
buttati a caso alle volte sono di prima scelta o scelti da chi l'ascolta,
s'accorge.
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Una storiella un pò conosciuta, quella delle radio libere. Vi è
chi diceva che sembrava abusiva, per la legge di allora,
tipo una specie di pirata la spiker..., lo spiker
e per tal proposito il film affronta spesso l'argomento
3,4 4 volte alludendo a quella gente
sconosciuta che sparlava per radio senza limitarsi
e enfatizzandosi forse perchè non avevano altra cosa da fare, forse perchè
priva di personalità sua, non renderle libere sarebbe stato un comportamento
da suicida in radio freccia... si parla di tali cose, ascoltandola... la storia s'ha
quasi lavoglia di dire qualcosa, qualche complimento per il modo in
cui sembra dirigere spesso la trasmissone, spesso si sente dire la
stessa cosa tipo sono le 4 e 8 minuti, altre volte no, alle volte i brani sono
buttati a caso alle volte sono di prima scelta o scelti da chi l'ascolta,
s'accorge... magari qualcuna/o che la libertà... quella che intendiamo noi, è
un pò un valore e è piacevole esprimersi a piacimento, non sono star mi costa forse
e spiace dirlo però la radio spesso è un buon diffusore di belle notizie, e il film
senza un costo esorbitante per scenografia, sembra essere comunque sufficiente.
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fabio57
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venerdì 20 novembre 2015
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nostalgico e struggente
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Bello questo primo lavoro di Cimabue come regista.Tuffo negli anni settanta, pieni di contraddizioni,di speranze, di utopie e soprattutto di radio libere che col loro colto dilettantismo ci hanno tenuto compagnia per anni.Ritratto struggente e nostalgico di una generazione che voleva cambiare il mondo,ma alla fine ne è stata travolta.Ottimo Occorsi che forse ci regala una delle sue migliori interpretazioni,carino il cammeo di Guccini,salace e caustico allenatore di una scalcinata squadretta di calcio.Serena Grandi ancora conturbante.
Da vedere per chi non l'ha ancora fatto
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g_andrini
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domenica 13 aprile 2014
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non male.
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E' una pellicola realizzata con passione, con buona ispirazione. Le droghe, la follia, il disagio nella società, sono ben presenti lungo tutto lo svolgimento, ben raccontate. Fortunatamente, stiamo parlando di un film "storico", nel senso che la tipologia delle vicende raccontate diventerà presto solo passato.
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simone magli
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giovedì 24 ottobre 2013
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un gran bel film
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Gli amici, il bar, le goliardate, i problemi esistenziali: quel vuoto che Freccia non riuscirà mai a colmare. Un affresco sugli anni '70, sulla vita di di paese, sul ceto medio, ma soprattutto uno sguardo sulla difficoltà di accettare la normalità dell'esistenza. Freccia è un personaggio magnificamente riuscito: le sue emozioni ti toccano nel profondo. Il film omaggia il valore della fratellanza fra amici e l'avvento delle radio libere, nate per condividere musica, passioni, fragilità e sogni.
"Un gran bel film" detto alla maniera di Liga.
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daniele23
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martedì 2 aprile 2013
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daniele
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Nel 1993 Bruno (Federico), ideatore e unico deejay di Radio Raptus, rievoca, due ore prima della definitiva chiusura dell'emittente, la storia di Radiofreccia, aperta a Correggio (RE) nel 1975 con un trasmettitore di 5 watt e dischi portati dagli amici, che faceva capo a un quintetto: Bruno, Tito (Salimbeni), Iena (Modica), Boris (Zibetti) e Freccia (Accorsi), loro leader che morirà di overdose di eroina. Tratto dai racconti di Fuori e dentro il borgo (1989) di , sceneggiato dall'autore-regista con Antonio. Raro esempio di film italiano di ambiente radiofonico con l'ambizione
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gianni lucini
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venerdì 14 ottobre 2011
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da venezia alle sale
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Nel 1998 Luciano Ligabue accetta quella che lui stesso definisce la "folle richiesta" del produttore Domenico Procacci di dirigere in prima persona il film ispirato ai suoi racconti. Le riprese iniziano nel mese di maggio. Gli esterni vengono girati tra Correggio, Gualtieri, Guastalla, Carpi, Torre d’Oglio e altre località della bassa padana. Il 13 settembre Radiofreccia viene proiettato in pubblico per la prima volta in una sede importante come il festival del Cinema di Venezia, dove, presentato fuori concorso riscuote consensi di pubblico e di critica. Il successo dell’anteprima viene confermato anche dalla programmazione nelle sale con un milione circa di spettatori paganti e un incasso complessivo superiore ai dieci miliardi di lire.
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Nel 1998 Luciano Ligabue accetta quella che lui stesso definisce la "folle richiesta" del produttore Domenico Procacci di dirigere in prima persona il film ispirato ai suoi racconti. Le riprese iniziano nel mese di maggio. Gli esterni vengono girati tra Correggio, Gualtieri, Guastalla, Carpi, Torre d’Oglio e altre località della bassa padana. Il 13 settembre Radiofreccia viene proiettato in pubblico per la prima volta in una sede importante come il festival del Cinema di Venezia, dove, presentato fuori concorso riscuote consensi di pubblico e di critica. Il successo dell’anteprima viene confermato anche dalla programmazione nelle sale con un milione circa di spettatori paganti e un incasso complessivo superiore ai dieci miliardi di lire. Non mancano neppure premi e riconoscimenti. Tra i premi più prestigiosi vinti da Radiofreccia ci sono tre David di Donatello 1999 (a Gaetano Carito per il miglior fonico di presa diretta, a Luciano Ligabue per il miglior regista esordiente e a Stefano Accorsi per il miglior attore protagonista), due Nastri d’argento 1999 (entrambi a Luciano Ligabue per il miglior regista esordiente e per la miglior canzone), Premio Flaiano 1999 alla regia, tre Ciak d’oro 1999 (per la miglior opera prima, per il miglior attore protagonista e per il miglior film in videocassetta) e tre Globi d’Oro (miglior film, miglior regia e miglior musica).
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paride86
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sabato 27 febbraio 2010
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buono
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Luciano Ligabue rievoca gli anni della sua giovinezza in Emilia Romagna tra provincia, radio libere e droga. Ne esce fuori un film godibile ma non troppo profondo, comunque fedele al suo intento descrittivo e nostalgico.
Guccini, però, è un pessimo attore.
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