cianoz
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domenica 7 luglio 2013
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se nessuno lo ricorda un motivo c'è
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Film davvero brutto, noioso, povero di idee, con trama sbrindellata e sfilacciata, personaggi inesistenti, né definiti né tantomeno tratteggiati. Un continuum di scene prive di interesse alcuno, dialoghi banali e scontati e buchi nella storia distribuiti a piene mani che rendono assurdo il senso di ogni singolo pezzo del film. Persino le musiche sono invadenti e fastidiose.
Un film che, ammesso si riesca a vedere fino alla fine (i primi 40 minuti sono veramente soporiferi), si vuole dimenticare subito dopo. Tra i film brutti, davvero uno dei peggiori.
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alexius
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domenica 26 aprile 2009
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l'amico di quentin
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Mi è stato chiesto: qual è il film più sottovalutato degli anni ’90?
E’ bastato poco affinchè la mia risposta giungesse: è un film con pochi ammiratori, molti dei quali non ne hanno ancora compreso pienamente i lati più originali e interessanti; in compenso, ha pochi detrattori: o meglio, il resto degli spettatori preferisce essergli indifferente...
Si CHIAMA KILLING ZOE... diretto da Roger Avary amico di "Mr Pulp Fiction" Tarantino (qui anche produttore), è un mix di sarcasmo & violenza temi cari e condivisi dai due registi, ormai diventato un Cult Movie. Un film che consiglio vivamente agli amanti del vero cinema puro e indipendente... e per tutti gli appassionati del genere "Tarantiniano"!!!
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io
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domenica 1 marzo 2009
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merda totale
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pellicola da distruggere , offensiva verso l'arte del cinema
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giuseppe scarlatti
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domenica 15 febbraio 2009
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film veramente brutto
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non sò come chi ha scritto prima di me abbia potuto trovare bello e divertente questo film, assolutamente noioso e pesante.
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amico di eric
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venerdì 28 dicembre 2007
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il doppiatore di eric
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Questo film lo conosco a memoria, le battute di eric sono formidabili, il doppiatore è un genio, come non innamorarsi.....ascoltate bene, ascoltate a fondo.
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martedì 24 gennaio 2006
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arg!
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Chi ha scritto la recensione dovrebbe scrivere recensioni solo ed esclusivamente per i cartonianimati dei puffi fatta esclusione per le puntate con una punta di ironia.
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(di naidileia)
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alessandro baratti
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venerdì 29 aprile 2005
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eric zed zoe
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Allucinato, sulfureo, ghignante, estatico, "Killing Zoe" racconta, simultaneamente, un'autodistruttiva e inarrestabile discesa agli inferi e una vertiginosa ascesa nei paradisi (artificiali?) dell'amore assoluto e folgorante. Zoe (Julie Delpy) - etera eterea, figura angelica palesemente salvifica - ed Eric (Jean-Hugues Anglade) - criminale mefistofelico, crepitante incarnazione diabolica - si contendono l'anima di Zed (Eric Stoltz), scassinatore di talento convocato d'urgenza a Parigi per un colpo in banca da realizzare il giorno dopo, il 14 luglio. Roger Avary mette in scena questo duello dalle risonanze metafisiche con una chiara predilezione (e un gusto letteralmente irresistibile) per le situazioni grottesche, ma sempre percorse da un'intima, lacerante conflittualità.
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Allucinato, sulfureo, ghignante, estatico, "Killing Zoe" racconta, simultaneamente, un'autodistruttiva e inarrestabile discesa agli inferi e una vertiginosa ascesa nei paradisi (artificiali?) dell'amore assoluto e folgorante. Zoe (Julie Delpy) - etera eterea, figura angelica palesemente salvifica - ed Eric (Jean-Hugues Anglade) - criminale mefistofelico, crepitante incarnazione diabolica - si contendono l'anima di Zed (Eric Stoltz), scassinatore di talento convocato d'urgenza a Parigi per un colpo in banca da realizzare il giorno dopo, il 14 luglio. Roger Avary mette in scena questo duello dalle risonanze metafisiche con una chiara predilezione (e un gusto letteralmente irresistibile) per le situazioni grottesche, ma sempre percorse da un'intima, lacerante conflittualità. Emblematico il primo incontro tra Zed e Zoe: la prostituta-artista dichiara con sfacciata innocenza il suo trasporto sentimentale all'uomo appena conosciuto ("noi combaciamo", dice), provocando la perplessità di lui, combattuto tra l'attrazione provata per la donna e l'oggettiva assurdità della circostanza. Ogni episodio è carico di profonda, sconcertante ambiguità, ogni passaggio narrativo è suscettibile di rovesciarsi nel suo opposto. Non c'è sequenza sul cui sviluppo lo spettatore possa ragionevolmente scommettere: è un film che sembra stare in piedi per miracolo, sempre sul punto di esplodere. E di esplosioni ce ne sono nell'esordio registico di Avary. A raffica. Eppure, ancora una volta, gli scoppi di violenza non si esauriscono nello spargimento di sangue, nell'effetto granguignolesco, nel cruore, ma vengono trasfigurati in momenti espressivi di stupefacente densità cromatica, in chiazze rosseggianti che punteggiano una danza macabra morbosamente carnascialesca, in pura irrorazione estetica: è la pellicola stessa a sanguinare, non i corpi. Paradossalmente. Perversamente.
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