steffa
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giovedì 4 maggio 2023
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complesso
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un film, seppur leggero, molto complesso che a tratti però ristagna, un vai e vieni tra dramma e commedia dai temi impegnativi su cui aleggia sempre il genuino velo di satira alleniana
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great steven
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venerdì 16 agosto 2019
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cosa consiglia la coscienza quando c'è il peccato?
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CRIMINI E MISFATTI (USA, 1989) diretto da WOODY ALLEN. Interpretato da MARTIN LANDAU, WOODY ALLEN, MIA FARROW, ANJELICA HUSTON, ALAN ALDA, SAM WATERSTON, DARYL HANNAH
Judah Rosenthal e Clifford Stern abitano entrambi a New York e frequentano l’ambiente intellettuale ebraico. A parte questo, sembra non esserci nessun legame fra le loro vite. Il primo, benestante oculista di successo, nasconde, dietro la facciata di una famiglia felice, un’amante nevrotica che si ostina testardamente a volerlo incontrare e pretende che lasci la moglie per lei; il secondo, modesto regista di documentari con un matrimonio in crisi, vive all’ombra del cognato Lester, produttore arricchitosi con film commerciali.
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CRIMINI E MISFATTI (USA, 1989) diretto da WOODY ALLEN. Interpretato da MARTIN LANDAU, WOODY ALLEN, MIA FARROW, ANJELICA HUSTON, ALAN ALDA, SAM WATERSTON, DARYL HANNAH
Judah Rosenthal e Clifford Stern abitano entrambi a New York e frequentano l’ambiente intellettuale ebraico. A parte questo, sembra non esserci nessun legame fra le loro vite. Il primo, benestante oculista di successo, nasconde, dietro la facciata di una famiglia felice, un’amante nevrotica che si ostina testardamente a volerlo incontrare e pretende che lasci la moglie per lei; il secondo, modesto regista di documentari con un matrimonio in crisi, vive all’ombra del cognato Lester, produttore arricchitosi con film commerciali. Quando si incontrano per caso al matrimonio della figlia di un rabbino, i loro sensi di colpa vengono a galla: Clifford prova un complesso di inferiorità nei riguardi di Lester tale da opprimere perfino la sua creatività artistica e Judah, pur di salvaguardare la sua tranquillità domestica, ha telefonato al fratello per assoldare un sicario che uccidesse la sua amante. Già nel 1989 Allen aveva tratto ispirazione, per i temi del suo repertorio, da maestri come Shakespeare, Čechov e Fellini, che gli fornirono ottimo materiale per formulare quesiti ed elaborare risposte perlopiù convincenti. Qui dà l’impressione di tirare in ballo Dostoevskij ponendo domande sull’esistenza di Dio, sulla necessità di commettere delitti imperdonabili al fine di proteggersi la vita e sulla consistenza delle punizioni. Per riuscirvi, prepara due storie parallele che si incontrano soltanto nel sontuoso finale che allestiscono, sequenza dopo sequenza, una commedia più amara che ironica, popolata da personaggi molto variopinti di forte ricchezza interiore, che ha il suo meraviglioso punto di forza nella comunicazione tra di essi, comunicazione che non manca di svelare sorprese inaspettate ad ogni piè sospinto senza mai sbagliare un tempo comico. La moralità, la colpa e la cecità umana assurgono ad argomenti cui la pellicola fa riferimento per impiantarvi il suo mirabolante significato. Nei due casi specifici in questione, si possono addurre a deus ex machina della mente degli altrettanti protagonisti l’invidia nel caso di Cliff e la lussuria in quello di Judah (ma si possono aprire strade anche ad altre numerose interpretazioni psicologiche e filmiche). Uno dei rari film in cui il regista newyorkese sceglie il cinema d’altri tempi come veicolo con cui trasmettere messaggi di bonaria clemenza pseudo-moralistica (per quanto riguarda almeno la relazione dello sfortunato Cliff con la nipote) atti ad indottrinare le generazioni future ad una maggiore comprensione dell’avvenire. Le amicizie con i vecchi colleghi e le conoscenze di lunga data sono invece il motore principale che determina le scelte, comprese quelle meno rassicuranti, di cui Judah si fa artefice, disegnando il suo tragicomico destino che precipita nel vuoto esistenziale. Landau mesto, Allen non molto diverso dal suo carattere prediletto (ma qui, caso strano, più consapevole dei propri limiti), ma abbiamo pure una Farrow carina e ambiziosa che intrallazza con A. Alda in vie sempre più confidenziali e un’A. Huston di compulsiva personalità autodistruttiva a condire la cornice di un racconto emozionante che arricchisce l’osservatore accompagnandolo al contempo anche in un crescendo di sensazioni positive. Per Allen il cinema delega al pubblico la possibilità di esprimere un giudizio etico, di trovare un finale narrativo. Tocca a coloro che guardano (come al paziente in analisi) assolvere o condannare la qualità della vita confezionata sullo schermo. Ancora più che nel precedente La rosa purpurea del Cairo (1985) il personaggio chiave della fabula è lo spettatore. Accolto tiepidamente al box office, ha riscosso in compenso i favori della critica europea e americana. Il suo funzionamento è inoltre supportato dal breve messaggio conclusivo che danza sulle note del ballo fra i novelli sposi: ogni essere umano si compone delle sue decisioni e, nonostante la vita ci ponga spesso innanzi a bivi angoscianti, la maggior parte di noi raccatta la serenità nei valori delle piccole cose, ad esempio il lavoro e la famiglia. Due pezzi insuperabili di bravura stilistica: la tenebrosa suspense del discorso immaginario di Landau col fratello defunto nella lugubre atmosfera dell’ambulatorio deserto e la divertentissima scena della derisione di Alda tramite il film del cognato che lo ridicolizza mettendolo a confronto con Mussolini e con un asino. Tre nomination all’Oscar (regia, sceneggiatura, Landau attore non protagonista) non conclusesi con una vittoria come regolarmente avviene ad Allen, e un David di Donatello alla migliore sceneggiatura straniera. Un’opera che da una parte ha trovato chi l’ha snobbata, mente dall’altra ha incontrato vividi e salubri ammiratori.
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johngarfield
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venerdì 27 gennaio 2017
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rintocchi di pessimismo senza speranza
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Il film più disperato di Allen, molto più che in Manhattan. Là c erano cenni di piacere di vivere, dopo tutto. Qui c è solo disperazione e morte. Tre sono gli argomenti che portano a queste conclusioni : nella vita trionfano i peggiori, il rimorso è una macchia che si lava dopo qualche tempo e non resta nulla, la filosofia sono solo parole che si perdono nel tempo. Dopo averle sperimentate, non resta che guardare in faccia la realtà, anche se questa ha le fattezze di un mostro.
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tomdoniphon
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domenica 7 febbraio 2016
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delitto e castigo secondo allen
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Due storie parallele: un oculista (Martin Landau, straordinario), perseguitato dall’amante, si rivolge al fratello malavitoso per eliminare la donna; un documentarista (Allen) non ha fortuna né nel lavoro né in amore.
Commedia drammatica o dramma comico? Difficile dirlo. Come era riuscito a Billy Wilder in “L’appartamento”, Allen qui trova un magico punto di equilibrio tra i due registri, tanto che il film potrebbe essere letto come una perfetta sintesi delle tematiche e dello stile delle sue commedie degli anni ’70 (tra tutti, “Io e Annie”) e dei suoi film drammatici degli anni ’80 (tra tutti, “Un’altra donna”).
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Due storie parallele: un oculista (Martin Landau, straordinario), perseguitato dall’amante, si rivolge al fratello malavitoso per eliminare la donna; un documentarista (Allen) non ha fortuna né nel lavoro né in amore.
Commedia drammatica o dramma comico? Difficile dirlo. Come era riuscito a Billy Wilder in “L’appartamento”, Allen qui trova un magico punto di equilibrio tra i due registri, tanto che il film potrebbe essere letto come una perfetta sintesi delle tematiche e dello stile delle sue commedie degli anni ’70 (tra tutti, “Io e Annie”) e dei suoi film drammatici degli anni ’80 (tra tutti, “Un’altra donna”).
“Crimini e misfatti” è una divertente, ma allo stesso tempo amarissima, rilettura moderna di “Delitto e castigo” di Dostoevskij, in un mondo popolato dal cinismo, in cui la morale non esiste ed il castigo (a differenza che nel romanzo) è tutt’altro che scontato. In questo contesto, la religione (uno dei temi centrali nella filmografia del regista) non sembra essere in grado di costituire un adeguato conforto (“Dio è un lusso che non mi posso permettere”).
Il diffuso pessimismo sull’uomo e sulle sue qualità tornerà anni dopo nel brillante “Match point” (altra rilettura di “Delitto e castigo”): ma se da una parte Allen riuscirà a conseguire un ben più ampio successo di pubblico, dall’altro lato non sarà in grado di sviluppare, con tanta forza ed incisività, quella disamina esistenziale -allo stesso tempo lucida e toccante- raggiunta in “Crimini e misfatti”.
Da confrontare con “A serious man” dei fratelli Coen.
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paolp78
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giovedì 28 maggio 2015
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magistrale allen
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Ho sempre apprezzato i film di Woody Allen, qualcuno più e qualcuno meno come è normale: in una ipotetica classifica “Crimini e Misfatti” entra nel mio podio personale.
La pellicola è divisa in due narrazioni: con quella principale Allen si cimenta nell’ardua impresa di affrontare tematiche filosofico-teologiche complesse e lo fa prendendole di petto, analizzandole in profondo, con sensibilità, con lucidità. Ne scaturisce un’opera assolutamente unica ed eccezionale, che trascende la dimensione cinematografica: un magistrale saggio con cui l’autore newyorkese si innalza al livello dei grandi pensatori della storia.
L’altra parte del film svolge essenzialmente una funzione di alleggerimento: serve cioè ad intervallare le parti impegnate con alcune scene umoristiche, garbate e godibili.
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Ho sempre apprezzato i film di Woody Allen, qualcuno più e qualcuno meno come è normale: in una ipotetica classifica “Crimini e Misfatti” entra nel mio podio personale.
La pellicola è divisa in due narrazioni: con quella principale Allen si cimenta nell’ardua impresa di affrontare tematiche filosofico-teologiche complesse e lo fa prendendole di petto, analizzandole in profondo, con sensibilità, con lucidità. Ne scaturisce un’opera assolutamente unica ed eccezionale, che trascende la dimensione cinematografica: un magistrale saggio con cui l’autore newyorkese si innalza al livello dei grandi pensatori della storia.
L’altra parte del film svolge essenzialmente una funzione di alleggerimento: serve cioè ad intervallare le parti impegnate con alcune scene umoristiche, garbate e godibili. Si tratta quindi di una “storia di contorno”, che nel complesso risulta ben riuscita, gradevole ed a tratti anche molto divertente (soprattutto quando è in scena il personaggio interpretato da Alan Alda che scatena la verve comica di Allen).
Il risultato è un alternarsi di scene riferite a due diverse storie, che sembrano destinate a non incontrarsi mai, come due rette parallele, salvo farlo nell’emblematico finale.
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il befe
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lunedì 9 marzo 2015
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capolavoro
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iuriv
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giovedì 26 febbraio 2015
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la legge del più forte.
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Woody Allen non è per tutti e io conosco almeno una persona che non ama il suo stile. Sfortuna vuole che quella persona sia proprio io. Ed è un vero peccato, perché il potenziale di questo film è a prova di bomba e la forza del suo messaggio sfonda anche la mia ostilità verso il regista newyorkese, facendomi capire che la mia cattiva predisposizione nei suoi confronti è mal riposta.
Alen costruisce una trama che vive su due filoni principali. In uno, recitato dallo stesso regista, domina la commedia. Siamo alle solite, con un Woody in perenne conflitto con se stesso, costretto a vivere una vita priva di soddisfazioni, nella quale nessuno crede al suo potenziale.
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Woody Allen non è per tutti e io conosco almeno una persona che non ama il suo stile. Sfortuna vuole che quella persona sia proprio io. Ed è un vero peccato, perché il potenziale di questo film è a prova di bomba e la forza del suo messaggio sfonda anche la mia ostilità verso il regista newyorkese, facendomi capire che la mia cattiva predisposizione nei suoi confronti è mal riposta.
Alen costruisce una trama che vive su due filoni principali. In uno, recitato dallo stesso regista, domina la commedia. Siamo alle solite, con un Woody in perenne conflitto con se stesso, costretto a vivere una vita priva di soddisfazioni, nella quale nessuno crede al suo potenziale. Travolto dalla passione per una collega di lavoro, pare dimenticare il grigiore di un matrimonio ormai finito e l'ingrato compito lavorativo che gli tocca.
In questa metà di film, Allen ripropone tutte le caratteristiche che lo fanno amare dai suoi fan e odiare da me. E' una trama che vive sulla sceneggiatura, quindi infarcita di dialoghi messi in bocca a un personaggio irritante, che sfrutta una comicità intellettuale che si esterna poco. E' una questione di gusti, naturalmente, e a me questo stile non conquista, perché lo trovo artificiale e arrampicato su vette troppo alte. Per di più finge modestia nel presentare il protagonista al pubblico, cosa che mi infastidisce ancor di più.
A far da contraltare a questo c'è la vicenda dell'oculista Martin Landau, che viene proposta come un noir. Qui salta fuori il lato migliore della pellicola, grazie a una regia più visionaria e attenta all'estetica, a un protagonista non privo di fascino e a una storia torbida, nella quale si mischiano, opportunismo, senso di colpa, religione, scienza e astrazione del potere. La commedia qui viene completamente azzerata, per lasciar spazio a un dramma realizzato davvero bene e portato in scena da un Landau credibile fino in fondo. Si respira a pieni polmoni un senso d'angoscia e di oppressione, che sono poi quelli con i quali il personaggio principale deve convivere.
Eppure, quando i due protagonisti della storia si incontrano, per caso e solo al crepuscolo della pellicola, si capisce che alla fine non sarà il bene a trionfare. E sarà Allen stesso a spiegare perché, con una trattazione anti hollywoodiana che spazza via la logica del lieto fine con una semplicità disarmante.
Nonostante continui a non amare l'opera di Allen, questo film affronta talmente tante sfaccettature della società (e senza inserirle a forza) da rimanere impresso. Davvero un'ottima pellicola.
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fedeleto
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giovedì 20 settembre 2012
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allen tra crimini e misfatti
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Dopo il buon Edipoo relitto,episodio di New York stories,Allen torna con un gran film,pessimista,ironico,giallo, ma ad ogni modo unico.Judah e' un oculista di fama,e da tempo ormai ha un'amante che ormai lo tormenta e lo minaccia di far scoprire tutto alla moglie.Disperato,Judah chiamera' il fratello e la fara' uccidere,non senza enormi sensi di colpa e crisi.Invece da un'altra parte a New York c'e' Cliff,un documentarista che ormai ha un matrimonio in pezzi ma vede una speranza con una sua collaboratrice che lavora ad un progetto sulla vita di un comico che del resto e' il fratello della moglie.Pertanto lo colpira' il fatto di un noto professore che si suicida,poiche' era un personaggio psicologo e filosofo che Cliff filmava spesso,e da cio' appunto sara' gettato nella confusione e medita sull'incoerenza del professore,ma come se non bastasse la sua collaboratrice prende strade diverse e si innamora anche del comico,personaggio che Cliff odia.
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Dopo il buon Edipoo relitto,episodio di New York stories,Allen torna con un gran film,pessimista,ironico,giallo, ma ad ogni modo unico.Judah e' un oculista di fama,e da tempo ormai ha un'amante che ormai lo tormenta e lo minaccia di far scoprire tutto alla moglie.Disperato,Judah chiamera' il fratello e la fara' uccidere,non senza enormi sensi di colpa e crisi.Invece da un'altra parte a New York c'e' Cliff,un documentarista che ormai ha un matrimonio in pezzi ma vede una speranza con una sua collaboratrice che lavora ad un progetto sulla vita di un comico che del resto e' il fratello della moglie.Pertanto lo colpira' il fatto di un noto professore che si suicida,poiche' era un personaggio psicologo e filosofo che Cliff filmava spesso,e da cio' appunto sara' gettato nella confusione e medita sull'incoerenza del professore,ma come se non bastasse la sua collaboratrice prende strade diverse e si innamora anche del comico,personaggio che Cliff odia.Si incontreranno ad una festa di matrimonio Judah e Cliff ,e il primo suggerira in incognito la sua storia come sceneggiatura.Esiste una morale?o un dio? se riesce a discolparrsi da soli si e' salvi,l'etica e' umana e non divina,cosi l'uomo commette il suo crimine e vaga libero ,e dio non punisce,ma deve essere il pubblico a scegliere come poterlo finire.Allen torna a far riflettere,ma questa volta e' piu' pessimista del solito.Prima di tutto Judah e' un oculista,il che significa ridare la vista,ma quale vista?la vista della ragione? egli si sfoga con un rabbino quasi cieco,che gli consiglia,una volta saputo dell'adulterio,di confessarsi alla moglie,la sua e' una legge dettata dal dogma della religione,ma il cieco e' anche una sorta di oracolo,come poteva esserlo un Tiresia,fortunatamente o sfortunatamente tale profezia si rivela inutile,perche' Judah prende un'altra strada e infine ancora una volta l'elemento dell'occhio torna quando la povera Carla,l'amante di Judah e' distesa morta al suolo con il suo occho aperto,forse come raccontava lei ora la sua anima e' uscita dagli occhi.Allen pertano va oltre anche con il suo episodio,egli e' documentarista dunque speranzoso in qualcosa che possa essere la natura,la ragione o qualcos'altro,trova nella figura del professore una sorta di idolo,il suicidio di quest'ultimo e' la contraddizione,l'inutilita',la prova che la vita anche qui non ha occhi che possano scrutare l'imperscrutabile,e la sua speranza nell'amore si rivela fallace.Ma l'incontro tra i due e' la prova che ognuno dei due ha commesso qualcosa,chi appunto un crimine, ma si assolve sostituendosi probabilmente a dio e superando l'etica,e chi invece ha riposto speranze nel cambiamento rimanendo statico.Judah e' da giudicare solo attraverso appunto il pubblico che scegliera' la sua opinione piu' plausibile riguardo il suo atto.Il soggetto e la scenggiatura ancora una volta di Allen,buona la fotografia di Nykvist,bravo Martin Landau,ma meritevole anche Anjelica Houston.Candidato a tre premi oscar,rimane uno dei migliori Allen riflessivi e pessimisti per via di quell'ingiustizia di quella non visibilita' che lascia solo il silenzio e l'ipocrisia,forse il ritratto di un grande buio del cinema.
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luca scialò
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venerdì 15 aprile 2011
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allen e i suoi atroci dubbi su amore e religione
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Due storie parallele. Quella di Judah Rosenthal, oculista rispettato e padre di famiglia, che però ha un'amante. E quella di Cliff Stern, regista squattrinato costretto a montare un film biografico sul fratello della moglie, Lester; mediocre pensatore pieno di sé. Il primo sarà costretto a sbarazzarsi dell'amante - divenuta ormai isterica e invadente dei suoi spazi familiari - chiedendo aiuto al fratello, e sarà perseguitato dai rimorsi e dal timore del giudizio di Dio, essendo cresciuto in una famiglia ebrea molto ossecuiante. Il secondo avrà un colpo atroce quando scoprirà che il tanto odiato e deriso Lester è insieme ad una collega verso la quale prova molta attrazione: Halley Reed.
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Due storie parallele. Quella di Judah Rosenthal, oculista rispettato e padre di famiglia, che però ha un'amante. E quella di Cliff Stern, regista squattrinato costretto a montare un film biografico sul fratello della moglie, Lester; mediocre pensatore pieno di sé. Il primo sarà costretto a sbarazzarsi dell'amante - divenuta ormai isterica e invadente dei suoi spazi familiari - chiedendo aiuto al fratello, e sarà perseguitato dai rimorsi e dal timore del giudizio di Dio, essendo cresciuto in una famiglia ebrea molto ossecuiante. Il secondo avrà un colpo atroce quando scoprirà che il tanto odiato e deriso Lester è insieme ad una collega verso la quale prova molta attrazione: Halley Reed. Sullo sfondo delle due storie, le parole profonde di un filosofo del quale Cliff stava preparando una biografia, che sembrano scandire come rintocchi violenti i passi incerti e sbagliati delle loro vite.
Il film rientra tra i lungometraggi in cui Allen, mediante i protagonisti (come in questo caso anche da lui interpretati), si pone profondi e atroci quesiti sulla fede e l'amore. I suoi personaggi sono fragili, incerti, smarriti, fallaci. Questa volta Allen pare non dare alcuno scampo al suo personaggio, il quale perde anche l'unico punto di riferimento della sua vita.
La trama si perde di tanto in tanto in qualche logorrea o pausa di troppo, ma anche ciò è in pieno stile Allen.
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l'intenditore
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lunedì 2 febbraio 2009
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"crimes and misdemeanors"
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Un opera fine,acuta e coinvolgente del buon vecchio Woody,e sicuramente una tra le migliori che ha realizzato.
A buon intenditor poche parole.
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