Arrivederci e grazie |
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Un film di Giorgio Capitani.
Con Ugo Tognazzi, Anouk Aimée, Ricky Tognazzi, Alessandro Haber, Gianmarco Tognazzi.
continua»
Commedia,
durata 98 min.
- Italia 1987.
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film quasi televisivodi elgatolocoFeedback: 257552 | altri commenti e recensioni di elgatoloco |
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martedì 24 gennaio 2017 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Film para-televisivo(non fosse per le parolacce, che allora-1987-forse non sarebbero passate), non solo per la regia di Capitani, in genere regista di telefilm: lo è per i tempi, decisamente da TV, per il noiosissimo leitmotiv o meglio il motivetto musicale continuamente ripetuto che diventa leitmotiv, la scansione quasi in"sezioni"(ma siamo ancora, volendo, nell'ambito della tempistica). Non molto da dire, in realtà, salvo che si tratta di un fatto di famiglia: in scena il grande Ugo, i figli Ricky e Gianmarco, ma anche la sceneggiatura di Simona Izzo(moglie di Ricky)e la partecipazione, come attrice, di una sorella minore della stessa Izzo. Storia di famiglia/e, questa, con qualche soluzione intelligente e il colpo di scena del"sotto-finale"più che del finale(sarebbe inopportuno), con una certa difficoltà-un certo imbarazzo attoriale tra Ugo e i figli, decisamente palpabile(meglio, diremmo, il rapporto di Vittorio Gassman con Alessandro in"Camping"ma non solo, di Paola non so dire...), dovendo mettere in scena l'atavico tema dei contrasti familiari; entrambi donnaioli o meglio, invece, donnaiolo il padre, decisamente più"in crisi"il figlio, a disagio con le donne, anche se tendenzialmente attratto dalle stesse; ma decisamente diversi i caratteri-le tendenze sul piano della realizzazione professionale_molto dinamico il padre, già avvocato ma dirigente d'azienda, "fallito"come commediografo il figlio-qui un altro elemento del film, che pesca a piene mani nel"playing the play"(metateatro, metaspettacolo), nella riflessione sul farsi della realizzazione spettacolare, insomma, con vistose note ironiche, un po'buttate al vento, invero. Non convince, in un ruolo troppo"caricato", Alessandro Haber come"gay"(anzi"checca"), dove oggi una simile caratterizzazione farebbe decisamente insorgere(ritengo)i movimenti gay, che protesterebbero contro il film(o una sua trasmissione televisiva). La dinamica familiare e come la sceneggiatura la rappresenta sarebbe ampiamente perdonabile, se messa in mano a un altro regista e cambiando il"rumore di fondo", leggi il leitmotiv di cui si diceva all'inizio...IL Tognazzi stanco degli ultimi anni, peraltro, si esprimeva così, ma anche in quegli anni non era certamente al"top", sempre che di"top"si voglia parlare... El Gato
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