henry
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giovedì 12 luglio 2007
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ultraviolenza di poco senso
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Per smentire la tesi del cannibalismo un'antropologa newyorkese parte per la giungla della Colombia insieme a due ingenui compagni. Sul posto incontrano due avventurieri: uno dei due, un sadico cocainomane, dopo aver commesso ogni tipo di violenza, scatenerà l'inevitabile reazione dei selvaggi indios. A distanza di un solo anno dall'uscita di Cannibal Holocaust di Deodato, Lenzi, anche sceneggiatore, ne propone una variante alquanto esibizionista e modaiola. Un'operazione certamente "limite" e iperviolenta con un primo tempo promettente e agghiacciante che si fa sostituire troppo presto da un intreccio più debole, ripetitivo e incontrollato. Le sequenze di sangue possono anche regalare qualche fremito, il problema è che il film ,in sè, sia di un'insensatezza sconfortante.
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Per smentire la tesi del cannibalismo un'antropologa newyorkese parte per la giungla della Colombia insieme a due ingenui compagni. Sul posto incontrano due avventurieri: uno dei due, un sadico cocainomane, dopo aver commesso ogni tipo di violenza, scatenerà l'inevitabile reazione dei selvaggi indios. A distanza di un solo anno dall'uscita di Cannibal Holocaust di Deodato, Lenzi, anche sceneggiatore, ne propone una variante alquanto esibizionista e modaiola. Un'operazione certamente "limite" e iperviolenta con un primo tempo promettente e agghiacciante che si fa sostituire troppo presto da un intreccio più debole, ripetitivo e incontrollato. Le sequenze di sangue possono anche regalare qualche fremito, il problema è che il film ,in sè, sia di un'insensatezza sconfortante. Violenza sempre esplicita e tendenzialmente gratuita: crani scoperchiati con sashimi di cervello umano fresco, donne agganciate per i seni, evirazioni (quella dell'avventuriero Mike è però molto ridicola), piranha affamati, atrocità sugli animali (queste ultime si potevano risparmiare) e chi più ne ha più ne metta: è un film che ha il pregio di funzionare forse più come provocazione che per tutto il resto. Cult internazionale underground bandito alla sua uscita in 31 paesi ma che adesso circola liberamente in dvd con un semplice VM14. Solo per spettatori con lo stomaco forte, s'intende.
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m.raffaele92
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mercoledì 16 ottobre 2013
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l'apogeo di un genere
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Uno dei film principali del filone dei cannibal-movie lanciato dallo stesso Lenzi nel 1972 con “Il paese del sesso selvaggio”.
L’idea di base della nascita di questo sotto genere (idea che concorre direttamente a far parte della trama del film) è un’Italia che si chiede se esistano ancora a tutt’oggi i cannibali.
Con questo pretesto, abbiamo il (solito) gruppo di ricercatori che, spinti da diversi motivi e necessità, si avventurano nella (solita) foresta amazzonica e troveranno (loro malgrado) le risposte che cercavano.
Perché ho detto “soliti”? Perché in fondo si tratta di uno degli ultimi esemplari del genere.
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Uno dei film principali del filone dei cannibal-movie lanciato dallo stesso Lenzi nel 1972 con “Il paese del sesso selvaggio”.
L’idea di base della nascita di questo sotto genere (idea che concorre direttamente a far parte della trama del film) è un’Italia che si chiede se esistano ancora a tutt’oggi i cannibali.
Con questo pretesto, abbiamo il (solito) gruppo di ricercatori che, spinti da diversi motivi e necessità, si avventurano nella (solita) foresta amazzonica e troveranno (loro malgrado) le risposte che cercavano.
Perché ho detto “soliti”? Perché in fondo si tratta di uno degli ultimi esemplari del genere. Nonostante ciò è da considerarsi migliore di molti dei suoi predecessori.
Migliore, per esempio, rispetto a Cannibal Holocaust, poiché se nel film di Ruggero Deodato la violenza era fine a sé stessa e urtava la sensibilità anche di uno spettatore dallo stomaco forte, nel film di Lenzi lo splatter è (a suo modo) innocuo e funzionale ai canoni (e alla trama, praticamente assente invece in “Cannibal Holocaust”) del (sotto)genere stesso.
Migliore (per citarne un altro) rispetto a “Mangiati vivi!” sempre di Lenzi (1980), che riciclava in modo fin troppo esplicito la struttura de “Il paese del sesso selvaggio”, introducendo scene di stupro a casaccio, nonché il riutilizzo (inutile) delle scene di squartamenti animali usate dal regista nel suo film del 1972.
Non fraintendetemi, la trama in “Cannibal Ferox” è minimale, ma (almeno) c’è.
Lenzi ci mostra quello che non aveva potuto mostrare 9 anni prima: se nel “paese del sesso selvaggio” torture e squartamenti toccavano agli animali, nel film dell’81 vengono applicate agli scomodi visitatori: si veda in quest’ottica il parallelismo inerente alla scena dove viene aperto il cranio alla scimmietta nel primo film, che si ripete su di un essere umano nel film qui recensito.
Le varie efferatezze (da segnalarsi ottimi effetti speciali, piacevolmente retrò e artigianali) che (oltre a quella appena accennata) si susseguono e che (per evitare spoiler), non mi dilungo a descrivere, rientrano tra le scene cult di un filone che vede il questo film uno degli ultimi bagliori e che avrebbe tra l’altro avuto seguaci ed estimatori (Tarantino, manco a dirlo).
Non lasciatevi fuorviare dalle fittizie implicazioni psicologico-sociali che il sottotesto può portarvi a seguire: l’idea dell’inchiesta perseguita dalla protagonista (con tanto di falsa “confessione” finale), nonché il fatto che gli indigeni siano visti come vittime prima, e come carnefici (vendicativi) solo poi, sono solo (gustosi e necessari) espedienti per mettere in bella mostra un tripudio di sangue come da onesta tradizione splatter.
In ogni caso, solo per appassionati (e per stomaci forti).
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fedeleto
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giovedì 12 febbraio 2015
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cannibali:dove il mito diventa realtà. .
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Un'antropologa è convinta che il cannibalismo sia un falso mito creato dall'uomo bianco per condannare le popolazioni indigene.Partira' in Amazzonia con il fratello e un'amica incontrando due ragazzi che hanno fatto sevizie agli indigeni.Questi ultimi si vendicano e l'orrore si scatena.Chi si salverà? Umberto Lenzi (mangiati vivi, la banda del gobbo) dopo il paese del sesso selvaggio e mangiati vivi chiude con l'ultimo capitolo della trilogia cannibale.Scritto e diretto dallo stesso Lenzi, la pellicola non si smentisce nel suo genere , ed è piena di orrori vari (evirazioni, calotte craniche tagliate, seni uncinati, interiora di fuori, ecc..) la storia mette in risalto un tema chiaro ovvero "la violenza attira altra violenza", e l'uomo bianco è il male che provoca la reazione degli indigeni.
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Un'antropologa è convinta che il cannibalismo sia un falso mito creato dall'uomo bianco per condannare le popolazioni indigene.Partira' in Amazzonia con il fratello e un'amica incontrando due ragazzi che hanno fatto sevizie agli indigeni.Questi ultimi si vendicano e l'orrore si scatena.Chi si salverà? Umberto Lenzi (mangiati vivi, la banda del gobbo) dopo il paese del sesso selvaggio e mangiati vivi chiude con l'ultimo capitolo della trilogia cannibale.Scritto e diretto dallo stesso Lenzi, la pellicola non si smentisce nel suo genere , ed è piena di orrori vari (evirazioni, calotte craniche tagliate, seni uncinati, interiora di fuori, ecc..) la storia mette in risalto un tema chiaro ovvero "la violenza attira altra violenza", e l'uomo bianco è il male che provoca la reazione degli indigeni.Dunque ancora il tema dello scontro Lenziano , bianchi contro indigeni.Forse il più crudo della trilogia .Lorraine de Sane senza infamia ne lode.
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ralphscott
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martedì 18 gennaio 2011
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c'é una morale
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Il film non è male,considerando le difficoltà realizzative. Gli indigeni sono inespressivi perchè tribù locale,incapace di comprendere ogni lingua nota agli occidentali. Il regista si esprimeva a gesti. In un interessante extra,Lenzi ci spiega che il girato veniva rivisto solo raramente,una volta abbandonate le locations selvagge ed inospitali. La sceneggiatura é un po' povera,ma una buona équipe di attori (intensa Lorraine De Selle) tiene in piedi tutto. Inevitabile il confronto con "Cannibal Holocaust":quest'ultimo risulta più avvincente,anche per merito (colpa) di maggiori barbarie sugli animali,nonchè più violenze tra gli umani.
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Il film non è male,considerando le difficoltà realizzative. Gli indigeni sono inespressivi perchè tribù locale,incapace di comprendere ogni lingua nota agli occidentali. Il regista si esprimeva a gesti. In un interessante extra,Lenzi ci spiega che il girato veniva rivisto solo raramente,una volta abbandonate le locations selvagge ed inospitali. La sceneggiatura é un po' povera,ma una buona équipe di attori (intensa Lorraine De Selle) tiene in piedi tutto. Inevitabile il confronto con "Cannibal Holocaust":quest'ultimo risulta più avvincente,anche per merito (colpa) di maggiori barbarie sugli animali,nonchè più violenze tra gli umani. Devo confessare che stavo apprezzando l'etica nei confronti della natura,quando é arrivata la scena del sacrificio della tartaruga,giusto per non esser da meno del più conosciuto film di Deodato. Frettoloso il finale.
La morale di Lenzi é che il cannibalismo é causato dalla cattiveria,spietatezza dei popoli civilizzati
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