In un corto della durata effimera di circa 30 minuti Resnais sintetizza per sempre in modo sublime l’orrore dei campi, rendendo ultroneo ed inopportuno qualsiasi altro film sia stato prodotto in seguito sull’argomento, che risulterà dalla Notte e nebbia del ’56 in poi pura retorica del pianto e della commiserazione, edulcorazione involontaria o capzioso sfruttamento del dolore per trarne profitto ed ogni riferimento ad opere osannate ed acclamate e premiate con l’oscar è puramente casuale. Immagini in bianco e nero di repertorio che colpiscono duro allo stomaco e raffronto impietoso delle stesse con la cinica natura umana che tutto dimentica nel colore del presente dei verdi prati che ricopre l’abominio destinandolo, dopo appena un decennio dal massacro degli innocenti, all’oblio.
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In un corto della durata effimera di circa 30 minuti Resnais sintetizza per sempre in modo sublime l’orrore dei campi, rendendo ultroneo ed inopportuno qualsiasi altro film sia stato prodotto in seguito sull’argomento, che risulterà dalla Notte e nebbia del ’56 in poi pura retorica del pianto e della commiserazione, edulcorazione involontaria o capzioso sfruttamento del dolore per trarne profitto ed ogni riferimento ad opere osannate ed acclamate e premiate con l’oscar è puramente casuale. Immagini in bianco e nero di repertorio che colpiscono duro allo stomaco e raffronto impietoso delle stesse con la cinica natura umana che tutto dimentica nel colore del presente dei verdi prati che ricopre l’abominio destinandolo, dopo appena un decennio dal massacro degli innocenti, all’oblio. Film denuncia universale, del male che serpeggia tra di noi e che può assumere le sembianze di chi ora ci siede accanto e che un domani potrebbe costruire gabbie, a nostra insaputa, per imprigionare anime, mutandole in pelli per paralumi o in tessuti fatti di capelli umani nella prossima industria del terrore. Un film che mette in guardia l’uomo e che lo esorta a non fidarsi del suo simile, un documento imperituro, al di là delle ideologie e delle divise dell’epoca, sull’essenza diabolica dell’animo umano. Resnais diffida dalla speranza, esorta, invece, ad essere vigili perché il male è al lavoro, sempre. E’ l’attenzione e non il pianto delle prefiche che ci salverà dal prossimo olocausto.
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