Vittoria amara |
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Un film di Nicholas Ray.
Con Curd Jürgens, Ruth Roman, Richard Burton, Raymond Pellegrin
Titolo originale Bitter Victory.
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
durata 97 min.
- Francia, USA 1957.
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War-movie innovativo e psicologicodi davide chiappettaFeedback: 7859 | altri commenti e recensioni di davide chiappetta |
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martedì 24 gennaio 2012 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
In un era in cui il cinema USA cominciava a scoprire l'antimilitarismo ("Prima linea", "Orizzonti di gloria", e altri capolavori), anche Ray dà il suo contributo alla causa, realizzando un innovativo war-movie psicologico dai tempi dilatati, complesso e con momenti di grande efficacia. Nello splendido e immobile scenario del deserto,ben restituito dalla fotografia di Michel Kelber,sotto un sole implacabile,si combattono due battaglie. Quella tra inglesi e tedeschi e l'altra tra il sopravvento dell'odio e la forza del coraggio e della verità. Film bellissimo che mostra la paura e l'orrore di uccidere, che sfuma la differenza tra la codardia e la coscienza, l'eroismo e la sopravvivenza; qui Ray usa il cinemascope non per mostrare i spazi immensi del deserto ma al contrario lo usa per i primi piani e dettagli dei protagonisti mascherando l'ambiente ostile circostante, a dimostrare il loro isolamento da ciò che li circonda inclusi i loro commilitoni, e lo faceva anche tramite lente panoramiche verticali e orizzontali sul corpo dei protagonisti per passare senza soluzione di continuità dalla psicologia all'azione cera e propria, (lo stesso faceva il grandissimo Anthony Mann che con poche sequenze e senza stacchi usava il Cinemascope per mostrare l'azione e i conflitti fra vari personaggi, ma a differenza di Ray era solo per creare tensione evidenziando i conflitti tra gli uomini e loro simili, e gli uomini e i grandi spazi della Natura). Nel film "Vittoria amara" questo piccolo esercito viene addestrato per sopravvivere a ogni possibile attacco del nemico, ma purtroppo non gli viene insegnato ad affrontare le insidie mortali della natura, come la puntura velenosa di uno scorpione o il vento del Ghibli, e qui Ray non ha paura di mostrare scarafaggi in procinto di divorare corpi semiputrefatti. Finale amaro come il titolo del film. Non c'è da meravigliarsi che Jean-Luc Godard, a differenza dei suoi colleghi che snobbarono il film, solo per esser rivalutato in seguito da critica e pubblico, fece la sua dichiarazione più famosa: "Le cinéma, c'est Nicholas Ray".
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