Processo per direttissima |
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Un film di Lucio De Caro.
Con Mario Adorf, Gabriele Ferzetti, Ira von Fürstenberg, Bernard Blier, Stefano Oppedisano.
continua»
Giallo,
durata 96 min.
- Italia 1974.
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un film drammatico e ottimistadi Gianni LuciniFeedback: 29144 | altri commenti e recensioni di Gianni Lucini |
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sabato 5 novembre 2011 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Nel 1974, quando Processo per direttissima arriva nelle sale, sono ormai passati più di vent’anni da Manù il contrabbandiere, la precedente esperienza dietro alla macchina da presa dell’ex giornalista Lucio De Caro. In quel periodo si è fatto apprezzare per le sue capacità firmando la sceneggiatura di lungometraggi d’impegno sociale come Giordano Bruno di Giuliano Montaldo o Rappresaglia di George Pan Cosmatos e pellicole di grande successo commerciale come La polizia ringrazia di Steno, il film che per primo detta le regole del “poliziesco all’italiana”, quel genere che verrà poi ribattezzato con il nome di “poliziottesco”. In Processo per direttissima Lucio De Caro torna a fare il regista e ispirandosi alla morte dell’anarchico Giuseppe Pinelli, precipitato in circostanze oscure dal quarto piano della Questura di Milano, racconta una storia sulle devianze, gli abusi e i rischi connessi alla mancanza di controllo democratico sugli apparati repressivi dello Stato. Lo fa scegliendo di muoversi fuori dai binari della denuncia esplicita del cinema militante per accompagnare lo spettatore all’interno di una vicenda tesa e ricca di colpi di scena. Nello stesso tempo però evita le trappole dei polizieschi d’azione. Si tiene lontano dagli effetti grandguignoleschi e non si fa prendere la mano dal calvario di Stefano di cui ricostruisce soltanto a posteriori gli ultimi, drammatici, quattro giorni attraverso una lunga serie di sapienti flashback. Nella sua narrazione la morte del giovane militante di sinistra non è la fine, ma l’inizio della storia che racconta l’affannosa ricerca della verità da parte di Laura, la sorella del ragazzo, e Cristina, la cocciuta giornalista il cui personaggio si rifà alla figura della coraggiosa Camilla Cederna. Mentre gran parte dei film d’impegno civile della prima metà degli anni Settanta sono pervasi da una sorta di drammatica rassegnazione nei confronti delle ingiustizie e del potere Processo per direttissima è ispirato da un ottimismo di fondo. Per Lucio De Caro il sistema è malato, forse molto malato, ma ha la possibilità di essere guarito purché si abbia il coraggio e la volontà di opporsi all’ingiustizia e di non cedere alle prepotenze. I segnali positivi non arrivano soltanto dalla felice conclusione della lunga vicenda processuale che contrappone Cristina al sistema repressivo, ma dalla sostanziale onestà del giudice interpretato da Bernard Blier e dalla decisione di rompere l’omertà da parte di uno dei tre poliziotti che hanno assistito al pestaggio che ha causato la morte di Stefano. Emozionanti appaiono le brevi sequenze dell’affollatissimo funerale di Stefano, riprese dal vero ai funerali di Giangiacomo Feltrinelli, l’editore milanese militante dell’estrema sinistra morto in seguito a un’esplosione in circostanze mai del tutto chiarite sotto un traliccio dell’alta tensione.
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