A Durango, in Colorado, la follia imprenditoriale di David Shelby (Hudson) ha gabbato ecologisti e comprato politici pur di realizzare un delizioso resort invernale senza badare al risparmio. Sovvertendo tutte le precauzioni contro la gravità franosa, il moderno Maometto del turismo si è impadronito della montagna cingendone i fianchi e sfidando la volontà celeste. L'ex moglie Caroline Brace (Farrow) giunge in hotel per celebrare l'apertura della stagione e per riallacciare il legame, scoprendo ben presto che la sua impresa è ben più ardua di una scalata. Shelby sembra proclive al dominio anche nei rapporti ed un misterioso ambientalista (Forster) comincia ad esercitare su Caroline un certo ascendente, complicandone i sentimenti.
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A Durango, in Colorado, la follia imprenditoriale di David Shelby (Hudson) ha gabbato ecologisti e comprato politici pur di realizzare un delizioso resort invernale senza badare al risparmio. Sovvertendo tutte le precauzioni contro la gravità franosa, il moderno Maometto del turismo si è impadronito della montagna cingendone i fianchi e sfidando la volontà celeste. L'ex moglie Caroline Brace (Farrow) giunge in hotel per celebrare l'apertura della stagione e per riallacciare il legame, scoprendo ben presto che la sua impresa è ben più ardua di una scalata. Shelby sembra proclive al dominio anche nei rapporti ed un misterioso ambientalista (Forster) comincia ad esercitare su Caroline un certo ascendente, complicandone i sentimenti. Nel mentre, l'albergo s'affolla di storie personali entrate in scena in punta di scarponi. Ci sono il campione olimpico di sci che è un narcisista patologico, la sua ossessiva e instabile compagna, il marito di costei che la segue ovunque per riconquistarla. C'è la pattinatrice insicura e c'è il suo motivante allenatore. Su tutti, prevale la personalità dell'arzilla e irresistibile mamma di David Shelby, vera animatrice dei festeggiamenti che preferisce farsi un Bloody Mary piuttosto che ricevere assistenza medica. Storie servite col ghiaccio e serventi ad un disegno catartico che si compirà dopo l'enfatizzazione delle umane debolezze. La valanga di fatto esplode come una piaga biblica e, al pari di una divinità panteistica e punitiva, con le sue spire fa piazza pulita di protervia, edonismo, irriverenza spazzando via gli sportivi in salopette che ne sono l'emblema e che bivaccano arrogantemente sulle piste da sci. Ma il disastro è anche una metafora sul crollo relazionale e sul decadentismo esistenziale. David Shelby ha fatto franare la montagna come il suo stesso matrimonio e Rock Hudson è un "Gigante" ormai appassito e offuscato dal vapore delle saune che alla ricerca del petrolio ha sostituito quella più egocentrica del piacere. Il suo temperamento si scioglie come il suo impero glaciale a mano a mano che affiorano le conseguenze della catastrofe, tra i San Bernardo ed i carotatori che sondano le profondità in cerca di superstiti. La trasfigurazione da eroe nietzschiano a uomo fragile si mette a nudo in un panorama ormai irreale. Il dopo valanga è infatti una tempesta il cui silenzio è rotto solo dal vento e dalle richieste d'aiuto. Girato a Tamarron, struttura turistica reale e tuttora funzionante, "Valanga" è a buon diritto un cult di polistirolo, come i blocchi che seppelliscono i suoi sfortunati protagonisti, con effetti non particolarmente speciali ma efficaci e con un climax ascendente che rispetta perfettamente i tempi della tragedia. La colonna di William Kraft, tra flauti e tromboni, disegna alla perfezione l'incedere a valle delle colate nevose. Amo il film con il suo mood da tardi anni '70 perché lo trovo puro e artigianale intrattenimento e per un valore affettivo in quanto specchio del tempo in cui, bambino, imparavo a sciare trascorrendo intere giornate sulle piste. Impagabili Jeanette Nolan e l'epilogo dell'ambulanza nel crepaccio.
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