Valerio Vestoso rende giustizia ad un caso che da tempo merita di essere raccontato, analizzato, celebrato: Gigione e la sua fenomenologia. Il docufilm sviscera alla perfezione il mondo nascosto della provincia italiana (Centro - Sud prevalentemente) che vive lo scorrer del tempo in maniera lenta e genuina, anno dopo anno o meglio sagra dopo sagra. Così le inquadrature dei volti degli anziani o i selfie divertiti dei giovani o ancora le imitazioni dei bambini diventano fotografia, dipinto quasi, di un campionario umano completamente in controtendenza all'omologazione "instragrammatica" del mondo contemporaneo che vuole dare una immagine di sè sempre più trendy e globalizzata catalogando, con un pizzico di spocchia, come kitsch un genere musicale che non ha nessuna intenzione di prendersi sul serio così come i suoi appassionati.
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Valerio Vestoso rende giustizia ad un caso che da tempo merita di essere raccontato, analizzato, celebrato: Gigione e la sua fenomenologia. Il docufilm sviscera alla perfezione il mondo nascosto della provincia italiana (Centro - Sud prevalentemente) che vive lo scorrer del tempo in maniera lenta e genuina, anno dopo anno o meglio sagra dopo sagra. Così le inquadrature dei volti degli anziani o i selfie divertiti dei giovani o ancora le imitazioni dei bambini diventano fotografia, dipinto quasi, di un campionario umano completamente in controtendenza all'omologazione "instragrammatica" del mondo contemporaneo che vuole dare una immagine di sè sempre più trendy e globalizzata catalogando, con un pizzico di spocchia, come kitsch un genere musicale che non ha nessuna intenzione di prendersi sul serio così come i suoi appassionati. Il regista riesce benissimo nel suo esperimento "pasoliniano" e l'azzardo, aldilà delle preferenze musicali di ciascuno, merita senz'altro feedback più che positivi.
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