C'è una frase, in questo film, che rischia di riassumerne alcuni difetti:"Noi abbiamo la pretesa di compiere uno studio stando seduti là, ma cosa possiamo documentare?"
Ecco, nonostante la simpatia che possono suscitare questo film e i suoi personaggi(Meno fastidiosi delle macchiette di "Vodka Lemon", che risale grossomodo allo stesso periodo), è come se il norvegese Hamer, paradossalmente, mettesse in bocca ad un suo personaggio quello che il suo film non dovrebbe essere.In teoria.Perché nella pratica, al contempo, rischia di documentare troppo o troppo poco.Cosa non così strana, del resto:quando un'opera(Ma solo quella?)riesce poco o moderatamente, è perché non ha trovato un equilibrio tra i due estremi.L'equivoco di fondo di questo filmetto, bonario e persino arguto nei suoi momenti migliori, sta proprio qui:quando documenta, manca l'occhio"Scientifico" e dardenniano(Nei loro film migliori) dell'osservatore "Clinico",e ci si limita a guardare fin ossessivamente quanto succede:altre volte, allo stesso tempo,si gioca su paradossi piccoli, a volte anche troppo per divertire(Si veda ad esempio la scena dei pezzetti di formaggio).Se poi il suo scopo è documentare la costruzione di un'amicizia, ma insieme la decostruzione del mondo di Isak(Il cavallo rappresenta forse una metafora,da questo punto di vista?), il film è talora LIEVE, in senso positivo, ma in altre situazioni LEGGERO, con sfumatura negativa(Che occasione sprecata, per esempio, la scena del compleanno).In più, l'amicizia che si crea a dispetto della rivalità tra due popoli così simili(Per noi)ma al contempo così rivali viene descritta senza la perizia del miglior Kaurismaki(A proposito, uno degli attori protagonista tra l'altro di varie scene interessanti, pare proprio il regista finnico).C’è un momento originale, in cui l'anziano e norvegese Isak rimprovera al “giovane” svedese come durante la guerra il suo popolo fosse rimasto neutrale.E’ forse l’unico tocco di “Paradossalità” in un rapporto, mi ripeto, delicato ma un po’ spento, che rischia di opporre due archetipi(Norvegese, anziano e contadino l’uno, svedese, meno anziano e “Colto” l’altro).L’autenticità delle figure non guadagna certo in profondità con altri personaggi, valga per tutti colui che con toni-E sostanza-minacciosa, alla fine, ricorda al personaggio proveniente da Stoccolma(Anzi da Malmo, come specifica lui stesso) che è suo dovere terminare la missione, e lasciare il nuovo amico al suo destino.
Alla fine non andrà così:lo scambio di ruoli(Chi era ufficialmente “Osservato”, in questo curioso esperimento postbellico,aveva finito per osservare lui stesso) va a completarsi nella misura in cui chi studiava gli altri finisce per assumere il ruolo “contadino e semplice” dell’amico.Ma se questo è il messaggio,è decisamente didascalico, e peraltro passa per il suicidio(Credo) di Isak, il che sottolinea i limiti, come sostanza e forma, di un film che ha comunque unito con una certa intelligenza la provocazione su certi personaggi, a metà tra Piero Angela e Foucault, e la delicatezza di un rapporto di amicizia consolidatosi secondo …..insolite modalità.
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