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Torino 1958. Due fratelli siciliani si ricongiungono e il maggiore decide di accettare qualsiasi lavoro pur di aiutare il fratello minore a studiare e a diventare maestro. Le vicende dei protagonisti seguiranno un arco temporale fino al 1964.
Dal 1958 al 1964; ogni anno un capitolo della storia di questi due fratelli siciliani per un film premiato a Venezia con il Leone d'oro. Il film è struggente e per lunghi tratti buio, grigio e nebbioso come gli inverni torinesi. Gli occhi sono puntati sul dramma dell'emigrazione di massa che dal meridione portò centinaia di migliaia di persone al Nord in cerca di lavoro e di un futuro migliore. Troppo spesso infatti davanti al tema dell'immigrazione, che ci tocca ancora da vicino per quanto concerne gli stranieri che approdano nelle nostre coste, dimentichiamo quella che è stata la nostra storia con tanti connazionali che varcarono anche il confine per andare a lavorare in Svizzera, Germania, Belgio e Sudamerica. Come i migranti di oggi, anche i meridionali del tempo dovevano fare i conti con un pesante clima razzista: si doveva vivere in stanze maleodoranti quando non addirittura sottoterra, si trovavano annunci con scritto affittasi ma non ai meridionali e anche l'accesso a certi ristoranti era proibito. Questi lavoratori erano disposti a tutto dal lavoro in fabbrica fino alla raccolta di rifiuti. Pure i due protagonisti vivono questa esperienza già provati dalla scomparsa del padre. I due sono legati da un grande rapporto d'affetto nonostante il maggiore si danni per lavorare mentre il minore non riesce a trovare la propria strada vittima anche di un carattere schivo e introverso. Uno spaccato insomma dell'Italia che in quegli anni stava per balzare grazie al boom economico e che viveva anche di scioperi e rivendicazioni per maggiori diritti nel lavoro. Insomma un film complesso che ci restituisce però un lucido e doloroso ritratto dell'Italia del tempo vista da chi doveva lasciare la propria casa in cerca di una fortuna che non sempre si trovava.
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