I prigionieri dell'oceano

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Un film di Alfred Hitchcock. Con María Andersen, William Bendix, John Hodiak, Tallulah Bankhead, Walter Slezak.
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Titolo originale Lifeboat. Guerra, Ratings: Kids+13, b/n durata 96 min. - USA 1943. MYMONETRO I prigionieri dell'oceano * * * - - valutazione media: 3,00 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Guerra psicologica sull'Atlantico Valutazione 3 stelle su cinque

di Danko188


Feedback: 2303 | altri commenti e recensioni di Danko188
giovedì 10 marzo 2016

Nel bel mezzo dell’Oceano Atlantico, un sommergibile tedesco affonda un transatlantico alleato. Alcuni superstiti americani si radunano a bordo di una scialuppa di salvataggio: un’elegante giornalista in pelliccia, un ingegnere dalla chiare idee di sinistra, un ricco industriale di destra, un cameriere di colore assai religioso, un marinaio di origini tedesche con la gamba in cancrena, un operatore radio e infine una giovane infermiera. Mentre i nostri eroi dalle scarse conoscenze nautiche s’interrogano su quale possa essere la direzione giusta da percorrere, cercando invano di orientarsi, sale a bordo un naufrago tedesco, disperso anch’egli dopo lo scontro navale. Questi si mostrerà dapprima inoffensivo e pacifico, ma più gli americani abbasseranno la guardia, più le carte che si celano dietro il suo volto paffuto verranno a scoprirsi.
 
Alfred Hitchcock riconferma la sua solida posizione anti-nazista dopo Sabotatori, schierandosi apertamente tra le fila democratiche in quella scacchiera posata sul tavolo dalle grandi nazioni durante il secondo conflitto mondiale. Dice la sua il giovane Maestro del brivido in un film che a differenza di quello sopracitato è ambientato interamente in uno spazio ristretto, situato nella vastità dell’oceano, non occorrono perciò trame di spionaggio o fughe iperboliche stavolta, per realizzare quello che possiamo definire una sorta di Kammerspiel psicologico: 90 minuti girati interamente su una barca che galleggia in una piscina. Cielo e acqua sono stati resi mediante trasparenti. La tecnica di regia è anch’essa piuttosto ordinaria: quasi assenti i movimenti di macchina per tenere alta la concentrazione sui volti dei protagonisti grazie a primi piani più e meno stretti, che evidenziano la sensazione di smarrimento creatasi nel microcosmo in cui sono coinvolti.
La figura più approfondita ed elaborata durante l’arco dell’ora e mezzo è sicuramente quella della giornalista Connie Porter, che d’altronde è anche la prima dell’equipaggio a venirci presentata: sicura di sé, parla fluentemente il tedesco, a volte sembra essere l’unica a credere ancora che ci sia una speranza di salvarsi. E’ motivatrice e romantica, non disdegna il sapore dell’avventura a cui, vista la professione, è sicuramente predisposta. Quello che è veramente simbolico nel film di Hitchcock nell’aver curato questo personaggio sta nell’averci mostrato di come le viene sottratto, man mano che la disfatta sembra assicurata, praticamente tutto il materiale e l’occorrente che la protagonista ha con sé: dall’apparecchio fotografico alla pelliccia, dalla preziosa macchina da scrivere alla coperta, fino al colpo decisivo, rappresentante del passato e dell’intimità, ovvero un bracciale di diamanti che non ha mai abbandonato da 18 anni, usato come esca per acciuffare un pesce quando ormai la fame a bordo è  arrivata al suo ultimo stadio. Suona infatti determinante la risata quasi isterica della brava Tallulah Bankhead dopo aver smarrito l’oggetto, un’ immagine che ci appalesa della scarsa importanza che la donna in una situazione al limite dell’umano ripone anche all’oggetto a cui è più indissolubilmente legata. Se fosse stata sposata avrebbe potuto usare la propria fede nuziale ma sarebbe mancato l’incentivo per far iniziare la storia d’amore con Kovac.
La seconda figura portante dell’opera è naturalmente quella del tedesco, attorno al quale viene architettata la suspence. Personaggio astuto e ambiguo, sulle sue capacità nautiche Hitchcock pone il vero pilastro della narrazione, che poi avrebbe scatenato le critiche negative della stampa americana, che non poteva accettare un tedesco più abile dei propri compatrioti. Scevro dalle scarse possibilità commerciali del film, Hitchcock s’interessò soprattutto ad imprimere al villain tutti i caratteri costituenti dell’avversario, riuscendo egregiamente a costruire un autentico microcosmo bellico psicologico, una guerra senza armi in cui al nazista che agisce da solo si oppongono democratici fuori luogo e disorganizzati.
In questo film è presente anche il più singolare e autoironico cameo del regista, ma lo lascio scoprire a voi.

Voto 7.5

Danko188

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