L'uccello dalle piume di cristallo

Primo film di un grandissimo regista, probabilmente sottovalutato dalla critica "ufficiale". "L'uccello dalle piume di cristallo" rivela da subito un autore con la "a" maiuscola, portatore di uno stile personale - per quanto certi debiti col cinema di Mario Bava (su tutti "Sei donne per l'assassino") siano innegabili - che, già dal primo lungometraggio, scardina le convenzioni del genere. Il film, all'epoca, fu un successo commerciale di vaste proporzioni. Ancora oggi, a 40 anni e oltre di distanza, conserva intatta tutta la sua forza espressiva (merito anche della fotografia di Storaro) e fa stare in costante tensione.
Colpisce, se si pensa che si tratta di un'opera prima, già la padronanza con la quale Argento adopera la m.d.p., presentanto inquadrature audaci, quasi impossibili -almeno per l'epoca in cui è ambientato- e un uso della soggettiva che provoca nello spettatore un effetto di immedesimazione assolutamente sconvolgente.
Già in questa prima opera emergono delle tematiche che ricorreranno spessissimo nella carriera del regista romano: le mani guantate dell'assassino, il primo piano dei coltelli, la preparazione delle scene degli omicidi (che diventeranno sempre più efferati nei film successivi), un trauma del passato che riemerge scatenando la follia assassina.
Ottimo il cast, uno dei migliori dell'intera filmografia argentiana (che nel futuro troverà nella recitazione degli attori un punto debole) e bellissime le musiche di Morricone.
E' uno dei film "omaggiati" da Tarantino nel suo "Grindhouse - A prova di morte", dove in una scena si riprende l'incipit di questo film contrappuntandola anche dalle medesime musiche del film del regista romano.
Da non perdere.