Cinema! Ovvero la filantropia e l’impegno per le nazioni unite realizzati con altri mezzi.
Perché questo è il “cinema” della casta diva e "ambasciatrice di buona volontà" per l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati Angelina Jolie. Nobile intento ma col cinema che ci azzecca?Mi verrebbe da dire.
Nel caso dell’ennesima attrice che passa dietro la macchina da presa urge distinguere il contenuto dall’arte cinematografica in sé. Soprattutto quando il primo non è sufficientemente sostenuto da una regia che sappia davvero di cinema.
Lo dico subito non ho mai amato particolarmente il libri di baricco, né tantomeno i film tratti dai suoi romanzi. Se posso permettermi una licenza scribacchina potrei dire che, sia nel caso del film della jolie sia nel caso del romanzo di baricco, il maggior pregio sta soprattutto nella brevità di entrambi.
Per fortuna che il film dura poco altrimenti sarebbe stata una vera catastrofe, temo.
Sulla Jolie come regista calerei un pietoso sipario. L’ho apprezzata vagamente in “By the Sea” (2015) ma soprattutto per i francesismi disseminati qua e là in quell’opera più che per il film in sé. Tuttavia, l’avevo trovato interessante quel film e aspettavo di vedere in quale senso si sarebbe evoluta la regista jolie. Si trattò di una delusione dopo l’altra, purtroppo.
Parafrasando Demián- Tito - Bichir “Mi sono accostato a questa storia con uno strano modo di vedere come se non me ne importasse niente”. È un po’ come se uno uscisse dalla visione del film con l’ennesima sgradevole sensazione di "normalizzazione” della guerra e della violenza. Quel senso di normalizzazione che proviamo tutti i giorni di fronte a immagini e notizie di guerre e massacri vari e contro le quali invece dovremmo provare una sacra indignazione anzi disgusto vero e proprio. Voglio dire che è proprio l’emozione quella che mi è mancata qui.
Probabilmente sono stato condizionato dal poco entusiasmo che mi ha suscitato a suo tempo il breve (per fortuna) romanzo di Baricco
Sul tema della vendetta sono stati spesi fiumi di inchiostro e di pellicole. La vendetta è vero che può assumere molte forme. E così anche la brama di giustizia può assumere risvolti imprevisti e imprevedibili e paradossali persino. Proprio come nel romanzo di Baricco in cui la protagonista da adulta, alla ricerca disperata di una riconciliazione con se stessa soprattutto, e nella sua lenta rincorsa alla redenzione e nella speranza finalmente di lenire le proprie ferite lasciate dalla brutalità e prepotenza insensate, finisce per scopare col suo torturatore di fatto. Un torturatore molto complesso senz’altro perché da un lato le risparmia la vita, ma dall’altro fu complice di un massacro ai danni di suo fratello e di suo padre anche se non fu lui direttamente ad ammazzarli. Sta in questo “paradosso”, almeno apparente, la fortuna del romanzo di Baricco: nella prepotente dissonanza cognitiva che ti impone. Perché è un po’ come se una vittima di stupro finisse per andare a letto successivamente col suo stupratore allo scopo di elaborare la violenza subita. Come a dire la “redenzione omeopatica”: ciò che prima era un veleno, dopo, se preso alle giuste dosi, diventa una cura. Possibile ma fortemente opinabile, secondo me. Ci sarà pure un limite alla redenzione o no? Quindi, il buon esito di pubblico del libro di baricco e forse del film della diva in futuro è dovuto al fatto che non possiamo credere a ciò che vediamo, a ciò che leggiamo, verosimilmente.
Se vogliamo mettere in discussione i complessi concetti di giustizia, perdono e vendetta e di ricerca di pace con se stessi, consiglierei la visione di “Una donna chiamata Maixabel “ di Icíar Bollaín (2021). Roba, quella sì, da pelle d’oca, davvero
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