Fountain of Youth, nonostante scene spettacolari e un cast all star, non decolla.
In parte per via di una sceneggiatura farraginosa, che alterna scene d’azione a lunghi spiegoni, in parte per alcune scelte di cast non troppo azzeccate come quella di Natalie Portman, che risulta un pesce fuori d’acqua.
Guy Ritchie si ritrova sospeso tra la portata ormai leggendaria di Indiana Jones e quella del dittico con Nicolas Cage, National Treasure.
Se è vero che Ritchie resta fedele a sé stesso, spostando lo sguardo sempre più in direzione dell’action e sempre meno sulle questioni storiche ed emotive, qui pericolosamente marginali, Fountain of Youth perde fin da subito le ragioni effettive del suo stesso essere.
A sorprendere per inefficacia e addirittura pigrizia è la sua scrittura, si procede instancabilmente per luoghi comuni e territori iper-esplorati, senza mai sconfinare né, tantomeno, indagare un potenziale altrove. La chimica tra gli interpreti, fragile in partenza e poi definitivamente perduta, è soltanto una delle moltissime debolezze di un film nato stanco che, perfino nell’esplorazione globale di scenari e adrenaliniche imprese, risulta immobile, immutato e, per questo, immediatamente dimenticabile.
La regia è anonima, spogliata della peculiarità del regista tanto che la pellicola potrebbe essere stata girata da chiunque.
La trama si basa su un protagonista non riuscito che non ha alchimia né con la sorella né con la rivale con cui cerca di flirtare ripetutamente.
A Krasinski manca il fascino e il carisma che serve al suo personaggio per trascinare lo spettatore nelle sue avventure, un personaggio, a sua volta, che vorrebbe essere accattivante e affascinante nella sua nerditudine ma che non è credibile in nessun momento.
La Gonzalez è inespressiva come una sfinge egizia, ma atletica come una trapezista del Cirque du Soleil.
Duole soprattutto vedere una splendida attrice come la Portman tentare di nuovo la via del blockbuster action-comico nonostante la sua mancanza di attitudine per la comicità.
La sceneggiatura è una pozione insapore di tutti gli elementi del genere messi nel calderone con un'innaturale mancanza di tocco personale; le gag sono infantili e di rado strappano un sorriso, gli enigmi sono ridicolmente banali, l’identità del villain è subito ovvia, i personaggi sono privi di spessore.
Una tremenda rivisitazione algoritmica di Indiana Jones.
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