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Straordinario esordio nel lungometraggio del 1965 di Costa Gravas con un polar dal ritmo serrato e avvincente tratto dal romanzo omonimo di Gianbattista Rossi, Compartiment tueurs; girato nello stile del noir americano e con un bianco e nero a forte contrasto che accentua ora il carattere drammatico ora quello grottesco dei ritratti dei vari personaggi che il regista di volta in volta analizza presentandoli ambiguamente come possibili colpevoli o prossime vittime.
Il film che non lascia un attimo di respiro allo spettatore impegnato a seguire una trama ricca di sorprese con dialoghi fitti e mai banali ha un cast eccezionale che annovera tra i protagonisti alcuni dei migliori attori francesi di quel tempo da Montand a Signoret, da Trintignant a Piccoli.
Pur essendo da considerare a tutti gli effetti un giallo, peraltro incentrato su un delitto perfetto e con un plot degno di Hitchcock, sotto traccia nella sceneggiatura, scritta dallo stesso Gravas, si intravede una sorta di satira politica e sociale nei confronti del maschilismo omofobo diffuso nella Francia di quella epoca incarnato dal commissario di polizia, un personaggio caricaturale che pensa soltanto a far carriera e a dare inutili e roboanti direttive ai suoi sottoposti; in una di queste prediche, ritenendosi evidentemente molto perspicace, pur non essendolo ed il finale lo dimostra, il medesimo sostiene che alle donne tutto manca eccetto la memoria. Nel doppiaggio italiano, volendosi forse rendere manifeste le intenzioni satiriche del regista, una frase viene tradotta in modo non aderente al significato letterale e ?petit salaud? ossia piccolo bastardo diventa ?finocchiaccio? pronunciato dal grande Mario Pisu.
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