hatecraft
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mercoledì 14 luglio 2010
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animazione escatologica
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pregevole, un incubo distopico post-moderno, originale impostazione grafica, ma la trama e quindi la sceneggiatura, è un gineprario, dà l'impressione di essere uno di quei lavori che va visto almeno un paio di volte per apprezzarlo in pieno ed individuarne più punti di vista. l'ho seguito con molta attenzione ma i punti di riferimento sono eccessivamente scardinati, con il finale sono arrivato ad un 60% di comprensione della trama: è effettivamente lacunoso lo script. lo consiglio tuttavia.
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ilconterik
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martedì 28 giugno 2011
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un call center per il tuo cervello
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Metropia si inserisce in quel filone narrativo caratterizzato da mondi distopici, nei quali il Potere è riuscito ad assoggettare le masse al suo volere, senza che i singoli individui siano in grado di reagire, perlopiù in quanto ignari della loro condizione e succubi di slogan pubblicitari (come in Brave New World di Huxley) o propagandistici (come in 1984 di Orwell).
La storia è ambientata in un futuro non così lontano, che presenta un pianeta povero, cadente e semidistrutto, in preda ad una grave crisi energetica per la scarsità di petrolio, ma, nonostante tutto, ancora dominato dallo strapotere delle multinazionali.
Stephen, il protagonista, è un trentenne che lavora (a quanto sembra) in un call center, che conduce una vita grigia e insoddisfacente.
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Metropia si inserisce in quel filone narrativo caratterizzato da mondi distopici, nei quali il Potere è riuscito ad assoggettare le masse al suo volere, senza che i singoli individui siano in grado di reagire, perlopiù in quanto ignari della loro condizione e succubi di slogan pubblicitari (come in Brave New World di Huxley) o propagandistici (come in 1984 di Orwell).
La storia è ambientata in un futuro non così lontano, che presenta un pianeta povero, cadente e semidistrutto, in preda ad una grave crisi energetica per la scarsità di petrolio, ma, nonostante tutto, ancora dominato dallo strapotere delle multinazionali.
Stephen, il protagonista, è un trentenne che lavora (a quanto sembra) in un call center, che conduce una vita grigia e insoddisfacente. A modo suo è uno dei pochi che ancora tentano invano di omologarsi completamente al sistema. A differenza di tutti gli altri si ostina ad andare al lavoro in bicicletta, anzichè utilizzare la Traxx, l’unico mezzo di trasporto ormai rimasto in quel mondo disastrato, un’enorme linea metropolitana ad altissima velocità che collega fra loro tutte le più importanti città europee. Tuttavia, un giorno, Stephen trova la sua bici a pezzi ed è costretto a prendere la metro. Da quel giorno inizierà a sentire una strana voce nella sua testa, che tenta di convincerlo a compiere le azioni che vuole lei…
Il plot non è particolarmente brillante: vi sono delle intuizioni geniali (come la grande Metro e l’analogia con i call center) e sono presentate delle tematiche attuali, anche se già ampiamente sviscerate da altre opere (come V per vendetta, il già citato 1984, Fahrenheit 451 o il meno conosciuto e torinese Hanno cambiato faccia), tuttavia la storia presenta situazioni drammatiche trite e ritrite, che troverebbero senso se sviluppate un po’ più a fondo anzichè appena sfiorate.
Ma la caratteristica che rende unico questo film è l’atmosfera che riesce a creare attraveso una tecnica d’animazione che, personalmente, non avevo mai visto realizzata prima d’ora. I personaggi e gli scenari sono ricreati a partire da fotografie, animate e distorte in post-produzione. L’effetto è sorprendente: molte inquadrature sembrano quasi tratte da un film girato in live action, ma al tempo stesso non si è persa la grande espressività dei volti che l’animazione classica è in grado di regalare.
In conclusione Metropia è un film affascinante, che riesce in ogni caso a non far calare l’attenzione dello spettatore e che è più che godibile anche se si è già fatto indigestione dei temi che presenta.
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