gabrisaltgr
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martedì 22 maggio 2018
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totò al massimo livello di estrosità
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Un Totò nel declino della sua carriera che, però, ci regala un film estremamente ironico, surreale. Le leggi della fisica vengono sovvertite, ma Totò se lo può permettere senza sfociare in ridicolo. Il colore, poi, dona alla pellicola un tono caldo e gioviale. Molto buoni anche gli effetti grafici e scenografici, che non mancano mai. Insomma un film che ti fa stare in allegria per 90’, nonostante non sia uno dei suoi capolavori più conosciuti.
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parpignol
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martedì 24 dicembre 2013
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il pirata di... san giovanni a teduccio!
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Terzo ed ultimo film della trilogia parodistica del bravo Fernando Cerchio il quale dà prova di buone capacità nel dettare i tempi della regia e rendere al meglio le trovate scenografiche da inserire nei suoi lavori. Dei tre forse non è il migliore, ma può comunque essere considerato un buon film, per un'epoca in cui le parodie erano viste come intrattenimento senza pretese e senza possibilità di séguiti (a differenza dei tempi moderni in cui le parodie sono sempre molto apprezzate e godono -anche quelle che non dovrebbero- di numerosi capitoli successivi). La regia, si diceva, è intelligente, il montaggio è pulito e la qualità del complesso ci regala bei colori (sempre prediletti dal Cerchio lungimirante abbastanza per sapere che il bianco e nero era da considerarsi sorpassato già da un decennio) resi ancora più belli da dei costumi di scena e contesti degne di un film d'ambientazione di gran classe.
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Terzo ed ultimo film della trilogia parodistica del bravo Fernando Cerchio il quale dà prova di buone capacità nel dettare i tempi della regia e rendere al meglio le trovate scenografiche da inserire nei suoi lavori. Dei tre forse non è il migliore, ma può comunque essere considerato un buon film, per un'epoca in cui le parodie erano viste come intrattenimento senza pretese e senza possibilità di séguiti (a differenza dei tempi moderni in cui le parodie sono sempre molto apprezzate e godono -anche quelle che non dovrebbero- di numerosi capitoli successivi). La regia, si diceva, è intelligente, il montaggio è pulito e la qualità del complesso ci regala bei colori (sempre prediletti dal Cerchio lungimirante abbastanza per sapere che il bianco e nero era da considerarsi sorpassato già da un decennio) resi ancora più belli da dei costumi di scena e contesti degne di un film d'ambientazione di gran classe. Se, quindi, tecnicamente si fa tanto di cappello a questo regista, meglio poteva e doveva essere scelto -o impiegato- il cast per motivi di opportunità. Totò giganteggia nei panni inusuali di pirata, e dà un bel ceffone morale a quanti all'epoca -o ancor oggi- lo avrebbero considerato troppo anziano per un ruolo così dinamico: è un pirata fumettoso, disegnato e programmato con la concettualità che poteva avere uno sceneggiatore degli anni '60, quindi si parla di un bucaniere che tira di spada con uno stocco palesemente giocattolo, che butta a mare i soldati spagnoli, o che arringa la ciurma con una severità che non ha. Ci manca quasi che le pistole tirino fuori la bandierina con scritto "BANG" sopra, e poi si potrebbe iniziare a fare qualche rimostranza, pur nella considerazione che si tratta di una parodia zuzzurellona fatta con poco investimento e poche pretese (e qui ribadisco "purtroppo" poiché la regia, come detto, era inconsapevolmente lungimirante rispetto ad altre coeve). Se Totò deve essere fumettoso, allora lui ci riesce, e lo fa benissimo, muovendosi liberamente in un set che fa sognare lo spettatore (giovane e non): da ladruncolo diventa il vice del Pirata Nero, e ne veste bene i panni, così come altrettanto bene veste i panni del finto nobile al ricevimento del Governatore. Tira fuori le sue migliori battute, i suoi giochi di parole ed alcune trovate surreali che non sono da sottovalutare, se si vuole raffrontare questo film ad altri comico-demenziali contemporanei o moderni. Ad esempio: Totò arpeggia con le sbarre della cella: una scena che per il temperamento del pubblico dell'epoca poteva lasciare perplesso o far storcere il naso, oggigiorno strappa ben volentieri un sorriso, ad un pubblico abituato a vedere demenzialità anche più iperboliche, secondo il gusto moderno. Totò, comunque, primeggia ma in tutto questo rimane da solo per una serie di sfortune: Mario Petri, tenore prestato al cinema per il suo fisico piazzato, alza troppo la voce (eh be', è un tenore, direte voi...) ma anche se idealmente è giusto che il Pirata Nero abbia un vocione, di fatto ciò intimidisce non poco Totò, e gli nega di duettare per bene, smorzandogli le battute. Aldo Giuffré è una spalla che in questo film non convince accanto a Totò (con cui pure aveva lavorato spesso): è evasivo, confusionario, (troppo) tontolone. Giuffré sembra l'unico a non calarsi nella parte, a non divertirsi in quel ruolo bislacco di pirata. Mario Castellani invece è un credibilissimo pirata-cuoco che potrebbe benissimo stare nella ciurma di Pirati dei Caraibi: fenomenale con la sua trasandatezza, il suo uncino e la sua calamita affezionata! Castellani, però, è relegato in un ruolo di second'ordine, e questo è male, perché sarebbe stato il solito grande coppio per Totò. Giacomo Furia pure se la cava bene ma non brilla: lo si perdona perché recitava con la febbre. In definitiva un film comico-parodia degno di nota, ma che sarebbe potuto essere molto migliore con alcuni accorgimenti nella scelta dei ruoli e una trama un po' più studiata che non si limitasse a "raccontare una storiella" ma andasse a sviluppare meglio i personaggi spingendo lo spettatore ad apprezzarli singolarmente perché gli ingredienti c'erano tutti.
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luca scialò
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martedì 20 luglio 2010
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gag e battute riciclate
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Josè si nasconde nel barile di una nave, inconsapevole che si tratta di una nave di feroci pirati. Per restare vivo, si spaccia per abile spadaccino, suscitando la gelosia del Pirata nero, colui che comanda la truppa.
Il film va scancamente avanti tra battute e gag già viste e riviste. Lo stesso Totò appare fisicamente ormai poco adatto per film che lo vorrebbero in azione, vispo, giocherellone. Del resto, siamo nella fase finale della sua carriera e alcuni registi sfruttano il suo personaggio come sale per sceneggiature insipide
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