Si combatte per trovare la redenzione
di Alberto Crespi La Repubblica
Mani nude , terzo lungometraggio di Mauro Mancini, è un oggetto da maneggiare con cura. Il rischio è di prenderlo come un film realistico, o addirittura un "documentario", sul mondo degli sport estremi - in questo caso, una forma di boxe o di MMA senza regole dove due disperati si scontrano a pugni nudi finché uno dei due non crepa. Letto così, troppe cose non funzionerebbero: a cominciare dal fisico di Francesco Gheghi, attore bravissimo ma troppo esile per sopravvivere a simili cimenti. MaMani nude non è un film realistico.
Si aggira più dalle parti diFight Clubche da quelle diRocky , è un viaggio onirico nella violenza e nella redenzione: un ragazzo, sequestrato per motivi misteriosi,incontra un "padre" (Alessandro Gassmann) che prima vorrebbe ucciderlo, poi si accontenta di torturarlo e infine fermiamoci qui. Esistono, in letteratura e al cinema, i cosiddetti romanzi di formazione. Mani nude è, almeno nella prima parte, un romanzo di distruzione: una discesa agli inferi dalla quale sarà duro risalire. Alla lettura simbolica del film contribuisce un'ambientazione cruda e spaventosa, degna di un film di fantascienza: buona parte del film è girata nel ventre di un'enorme nave abbandonata nel porto di Varna, in Bulgaria. La stiva immensa e buia in cui si allenano questi gladiatori morituri è una co-protagonista del film, assieme ai bravissimi, citati Gheghi e Gassmann.
Da La Repubblica, 5 giugno 2025
di Alberto Crespi, 5 giugno 2025