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sabato 21 settembre 2024
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ottima recensione
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...che mi trova completamente d'accordo. Claudio.
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ivan il matto
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martedì 17 settembre 2024
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una soluzione al "cubo"
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Chiunque volesse confrontarsi con la complessità della "professione docente" oggi, non può fare a meno di prendere in considerazione il recente "la sala professori", lungometraggio che ha lanciato il quarantenne regista tedesco di origine turca Ilker Catak, portandolo fino alla cinquina degli ultimi Oscar per il miglior film straniero, a fianco del nostro "Io capitano". Siamo in Germania, città di provincia, scuola media d'eccellenza, aule larghe e confortevoli, spazi sconfinati per i docenti (mai visto niente del genere in 37 anni di carriera). Carla Nowak è una giovane insegnante di matematica al primo incarico, ma di origine polacca.
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Chiunque volesse confrontarsi con la complessità della "professione docente" oggi, non può fare a meno di prendere in considerazione il recente "la sala professori", lungometraggio che ha lanciato il quarantenne regista tedesco di origine turca Ilker Catak, portandolo fino alla cinquina degli ultimi Oscar per il miglior film straniero, a fianco del nostro "Io capitano". Siamo in Germania, città di provincia, scuola media d'eccellenza, aule larghe e confortevoli, spazi sconfinati per i docenti (mai visto niente del genere in 37 anni di carriera). Carla Nowak è una giovane insegnante di matematica al primo incarico, ma di origine polacca. La donna conosce il fatto suo e, fin dall'inizio, appare ben decisa nei suoi intenti, senza timori reverenziali verso le varie componenti dell'universo scolastico che la circondano. Tuttavia, ad oscurare la fama della scuola d'eccellenza, intervengono alcuni furti, anche nella classe della protagonista, che innescheranno reazioni a catena di portata inimmaginabile all'inizio. Soprattutto dopo una brillante iniziativa di Carla, che sembra, in prima battuta, risolvere la questione, le contraddizioni esplodono come una bomba a frammentazione. Criminalizzazione dell'immigrato, bullismo, invidia fra colleghi, maldicenza gratuita, ruolo della stampa (anche il solo giornalino d'istituto) e delle nuove tecnologie digitali, nulla ci viene evitato sullo schermo, pur nei soli 96' della durata, in un crescendo tumultuoso ritmato dall'incalzante colonna sonora di Marvin Miller. Perfetta nel ruolo di protagonista, Leonie Benesc h incarna esattamente i mille stati d'animo cangianti che spesso un insegnante e chiamato a vivere e "governare", magari nella stessa giornata. Esaltazione, frustrazione, rabbia, sconcerto, trasalimento, sbigottimento...ad ognuno di questi sentimenti la Benesch offre un primo piano intenso e credibile. Dal canto suo, l'adolescente Leonard Stettnisch (Oscar), rappresenta l'altra faccia del punto di vista delle questioni, dal quale Carla non vuole staccarsi, consapevole del fatto che ogni insuccesso studentesco ha cmq un riscontro nel lavoro dell'insegnante.Al di là di ogni possibile metafora della scuola come specchio di una società (tedesca od europea) allarmata da movimenti xenofobi ed intolleranti, quello che resta della pellicola è lo sguardo coraggioso e battagliero di Carla che non si tira mai indietro .....lei ha capito che cmq vada per un insegnante non si smette mai di imparare.
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domenica 1 settembre 2024
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una domanda
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Gentile sig.ra Cappi,
ho letto con interesse il Suo commento rientrato dalla visione del film abbastanza turbato (dalla crudezza degli attacchi a questa straordinaria insegnante) e perplesso (non avendo capito il messaggio che il regista avesse voluto darci. La ringrazio per la Sua illuminante analisi. Una domanda mi sorge però spontanea: non trova che questa escalation di contraddizioni si sarebbe potuta evitare se solo Carla avesse semplicemente raccontato ciò che la telecamera avesse ripreso? Sono un avvocato, e dovrei gioire dopo aver letto questo film attraverso il Suo sguardo attento..se fossi come la maggior parte dei miei colleghi per i quali la "verità" non esiste ma esiste solo quellao che costruiamo come tale (la signora Kuns è chiaramente colpevole (almeno a mio avviso ed a giudicare da quanto emerge, eppure si permette di negare l'evidenza addirittura attaccando la coraggiosa docente.
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Gentile sig.ra Cappi,
ho letto con interesse il Suo commento rientrato dalla visione del film abbastanza turbato (dalla crudezza degli attacchi a questa straordinaria insegnante) e perplesso (non avendo capito il messaggio che il regista avesse voluto darci. La ringrazio per la Sua illuminante analisi. Una domanda mi sorge però spontanea: non trova che questa escalation di contraddizioni si sarebbe potuta evitare se solo Carla avesse semplicemente raccontato ciò che la telecamera avesse ripreso? Sono un avvocato, e dovrei gioire dopo aver letto questo film attraverso il Suo sguardo attento..se fossi come la maggior parte dei miei colleghi per i quali la "verità" non esiste ma esiste solo quellao che costruiamo come tale (la signora Kuns è chiaramente colpevole (almeno a mio avviso ed a giudicare da quanto emerge, eppure si permette di negare l'evidenza addirittura attaccando la coraggiosa docente..e così il figlio che addirittura la minaccia... Ma non sono come la media dei miei colleghi..per cui non mi convince questo eccessivo rispetto e la troppa cautela. Ma sono ben lieto di confrontarmi con Lei sul punto. Grazie, cordiali saluti.
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eugenio
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domenica 16 giugno 2024
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demoni scolastici
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La sala professori, recente candidato come miglior film straniero (poi vinto dal potente "La zona di interesse") apre questioni irrisolte, sui processi educativi, le responsabilità degli insegnanti e quelle dei ragazzi, idiosincrasie, pregiudizi e umori personali nella gestione della cosa comune, ovvero la costruzione di una lezione di vita.
Una serie di furti in una scuola media sono il pretesto di un film "sociale" che fanno si' che una professoressa "idealista" di matematica e ginnastica, inizi a indagare incapace di accettare che un suo allievo sia responsabile di un atto criminale.
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La sala professori, recente candidato come miglior film straniero (poi vinto dal potente "La zona di interesse") apre questioni irrisolte, sui processi educativi, le responsabilità degli insegnanti e quelle dei ragazzi, idiosincrasie, pregiudizi e umori personali nella gestione della cosa comune, ovvero la costruzione di una lezione di vita.
Una serie di furti in una scuola media sono il pretesto di un film "sociale" che fanno si' che una professoressa "idealista" di matematica e ginnastica, inizi a indagare incapace di accettare che un suo allievo sia responsabile di un atto criminale. La ricerca diviene pretesto di una serie di interrogativi sul ruolo della didattica, specchio sempre più distorto di una scuola in senso lato, figlia dell'educazione alla vita. Teso e moralmente difficile, il film di Catak, riflette sul delicato rapporto docente-discente, e docente-docente spaccato etico morale della vita, alla stregua di odissea e dramma kafkiano. Veritas omnia vincula vincit ma spesso è il legame col proprio maestro a spaccare la gabbia dell'isolamento, permettendoci una crescita da re.
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luciano sibio
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sabato 15 giugno 2024
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lo stare insieme è un complesso gioco
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E' un Film in cui si vuole dimostrare come da un episodio semplice e dalle apparenti facili deduzioni possa invece nascere un'autentica complessa trama di reazioni e contro reazioni del tutto incontrollate. Si vede come lo stare insieme non è un sempice svolgimento ma un complesso gioco tenuto in piedi da un attento esame delle situazioni, su quello che si può o non si può dire indipendentemente dalla buona o cattiva fede di ognuno di noi. Lo scenario è una scuola, i bambini in essa presentii, e una professionale e impegnata professoressa del tutto innocente e inconsapevole di quello che gli cadrà addossso a seguito di una sua innocente e giustificabile azione di denuncia a fronte di un furto subito nella scuola.
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E' un Film in cui si vuole dimostrare come da un episodio semplice e dalle apparenti facili deduzioni possa invece nascere un'autentica complessa trama di reazioni e contro reazioni del tutto incontrollate. Si vede come lo stare insieme non è un sempice svolgimento ma un complesso gioco tenuto in piedi da un attento esame delle situazioni, su quello che si può o non si può dire indipendentemente dalla buona o cattiva fede di ognuno di noi. Lo scenario è una scuola, i bambini in essa presentii, e una professionale e impegnata professoressa del tutto innocente e inconsapevole di quello che gli cadrà addossso a seguito di una sua innocente e giustificabile azione di denuncia a fronte di un furto subito nella scuola. La storia non ha ovviamente alcun sviluppo o finale di sorta se non la descrizione dell'intercedere dal punto di vista psicologico del progressivo disagio a carico della innocente professoressa e di tutti i bambini coinvolti nella storia. Un vero bel film da guardare e riflettere e dai ritmi serrati.
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tozkino
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martedì 2 aprile 2024
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la vita è più complicato del cubo
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Interessante, profondo e, per certi versi, drammatico: il lavoro del giovane regista tedesco Ilker Çatak, titolato in italiano La sala professori (Das Lehrerzimmer), era candidato al 73º Festival internazionale del cinema di Berlino, dove fu presentato in anteprima mondiale lo scorso anno. Ha poi ottenuto una prestigiosa candidatura all'Oscar come miglior film in lingua straniera, insieme al film di Garrone Io Capitano e a La zona di interesse, che poi l’Oscar lo ha, meritatamente vinto. Il lavoro di Çatak scava nel profondo e raggiunge un vertice drammatico davvero alto, sembra una semplice lettura del mondo scolastico non solo tedesco in qualche modo sembra un film sul mondo della scuola e su alcune dinamiche legate all’educazione morale e culturale delle nuove generazioni, invece non si ferma a questo livello, pur importante, va molto più a fondo.
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Interessante, profondo e, per certi versi, drammatico: il lavoro del giovane regista tedesco Ilker Çatak, titolato in italiano La sala professori (Das Lehrerzimmer), era candidato al 73º Festival internazionale del cinema di Berlino, dove fu presentato in anteprima mondiale lo scorso anno. Ha poi ottenuto una prestigiosa candidatura all'Oscar come miglior film in lingua straniera, insieme al film di Garrone Io Capitano e a La zona di interesse, che poi l’Oscar lo ha, meritatamente vinto. Il lavoro di Çatak scava nel profondo e raggiunge un vertice drammatico davvero alto, sembra una semplice lettura del mondo scolastico non solo tedesco in qualche modo sembra un film sul mondo della scuola e su alcune dinamiche legate all’educazione morale e culturale delle nuove generazioni, invece non si ferma a questo livello, pur importante, va molto più a fondo. Sul mondo della scuola ci sono decine di titoli, tanti film che hanno ottenuto anche grandissimi successi come L'attimo fuggente (1989), per me uno dei migliori film in assoluto e non solo per questa tematica. La Sala Professori però non un filmino sul mondo della scuola: questa sembra il punto di partenza, forse anche solo un pretesto, una scusa per allargare il discorso e riflettere (e far riflettere lo spettatore) sulle basi della stessa società civile, sui suoi valori e sulle negatività, sulle virtù e sui vizi, aspetti positivi e mediocri di una società come la nostra che, spesso, fa fatica ad accogliere e non riesce a compiere passi veri nel processo di integrazione di tutti; una comunità umana che pare giusta (fino alla follia) con alcuni e ingiusta quando si tratta di altre persone. Pone parecchi interrogativi questo film: le nostre comunità come vivono l’integrazione? Perché spesso crediamo sia meglio anestetizzare i problemi invece di andare alla ricerca di soluzioni eque, giuste, morali e inclusive? Il lavoro del giovane regista tedesco è un’analisi spietata su un vasto campionario di umanità e sui valori che fondano o distruggono la convivenza tra simili, tra umani: la nostra società è malata. Come riconoscere la sua malattia e come tentare di guarirla e di salvarla? Ecco il film però dà ricette, non propone soluzioni, non conosce rimedi facili. Eppure stimola la riflessione, presenta i problemi, propone analisi e chiede opinioni, lo fa in modo drammatico, complesso, aggrovigliato e bruciante. Il racconto di Ilker Çatak, ha numerosi momenti catartici, ti interpella in prima persona. Una parabola di vita un film sul mondo della scuola come pochi. La linea narrativa è semplice: Quando uno dei suoi studenti viene sospettato di furto, la professoressa di matematica e scienza Carla Nowak, di provenienza polacca, decide di andare a fondo della questione. Usa la sua forza, il suo carisma, l’essere apparentemente accolta da tutti, ma anche lei commette errori e leggerezze anche gravi: intrappolata tra i suoi ideali e l’algido, e solo apparentemente democratico, sistema scolastico all’avanguardia, assapora il gusto amaro della contestazione e della violenta repressione, le conseguenze delle sue azioni provocano inquietudine e crisi, dolori lancinanti nella sua anima e nella sua sensibilità di donna e di insegnante. Sente di aver fallito: rischiando di spezzarsi. La vita è ancora più complicata del cubo di Rubik. Assolutamente da vedere.
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carlo santoni
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lunedì 1 aprile 2024
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la scuola è conflitto
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Difficile argomentare su questo film così importante, poiché ho visto che su di esso è stato già detto più o meno tutto, trovandomi d’accordo; dunque, a chi come me ora segue la ruota del carro, restano da dire ovvietà, o quasi. Partirei dal titolo: perché “La sala professori”, perché non la scuola nel suo insieme, la classe in particolare? Poiché questo ambiente burocratico, amministrativo, apparentemente asettico, distante per sua funzione dalla vivacità della classe e dall’interscambio docente-discenti, o tra discenti, funge da tessuto connettivo tra i vari ambiti della scuola, e della storia: la classe prima di tutto, ma poi la segreteria, la presidenza, la palestra, gli spogliatoi, il cortile.
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Difficile argomentare su questo film così importante, poiché ho visto che su di esso è stato già detto più o meno tutto, trovandomi d’accordo; dunque, a chi come me ora segue la ruota del carro, restano da dire ovvietà, o quasi. Partirei dal titolo: perché “La sala professori”, perché non la scuola nel suo insieme, la classe in particolare? Poiché questo ambiente burocratico, amministrativo, apparentemente asettico, distante per sua funzione dalla vivacità della classe e dall’interscambio docente-discenti, o tra discenti, funge da tessuto connettivo tra i vari ambiti della scuola, e della storia: la classe prima di tutto, ma poi la segreteria, la presidenza, la palestra, gli spogliatoi, il cortile. E tutto si raccorda, tutto confluisce qui, nella sala professori: luogo in cui i professori si consultano, si offendono, si scontrano; luogo in cui gli studenti vengono sottoposti a interrogatori polizieschi, o in cui si formulano ipotesi procedurali.
La bravissima, davvero bravissima Leonie Benesch, nei panni della professoressa di matematica e ginnastica Carla Nowak, esordisce in classe con un quesito: si può dire che il nove composto corrisponda all’uno? Ed invita i suoi studenti, credo di II media, ad argomentare. E a chi argomenta chiede poi: “Si tratta di un’affermazione o di una dimostrazione?”. Platone avrebbe tradotto: “Si tratta di doxa o di episteme?”
La domanda è carica di implicazioni, poiché la vicenda (sostenuta da una strepitosa sceneggiatura ed un gran bel lavoro di montaggio, che aiutati da una mdp a spalla, inquieta come la vicenda, e da una colonna sonora asciutta e implacabile, letteralmente tengono col fiato sospeso dall’inizio alla fine) verte su casi di furto, le cui indagini, nonostante indizi pesanti, non daranno capo ad alcun risultato certo, ma indirettamente squaderneranno fenomeni di conflitto qui latente, là esplicito, nella scuola in cui la vicenda si svolge. Conflitti tra studenti, prima di tutto, tra studenti e insegnanti, tra insegnanti, tra insegnanti e genitori: conflitti che si innervano su aspetti di autoritarismo esplicito, di razzismo latente, di maturità e protagonismo e insieme indisciplina accesa di parte degli studenti.
Com’è stato rilevato, il film è uno specchio della realtà scolastica tedesca, ma al tempo stesso della società tedesca nel suo complesso; un po’ come “La zona d’interesse”, che si è beccato l’Oscar al posto suo, parla sì della vicenda del criminale nazista Rudolf Höß e di Auschwitz, mettendo a fuoco l’indifferenza cieca sua e dei suoi familiari di fronte a quanto accade costantemente appena al di là del muro di cinta del campo di sterminio: ma al tempo stesso ci parla (ci urla, se avessi orecchie per sentire!) della nostra imperdonabile indifferenza di fronte a quanto, oggi e non nel lontano 1942-1945, sta accadendo esattamente sotto i nostri occhi a Gaza, ad opera degli sanguinari genocidi di Tel Aviv, aiutati dal cosiddetto Occidente al completo.
Il film è dunque una riflessione complessiva sulla società tedesca e le sue fratture interne, sociale, etniche, culturali e dunque necessariamente politiche.
Formidabile la scena iniziale del nove composto, formidabile la scena finale col piccolo Oskar (un commovente Leonard Stettnisch), sospeso dall’istituto “a tolleranza zero” per dieci giorni a causa delle sue non lievi intemperanze, ma rifiutandosi si uscire, viene portato via sedia e tutto da due poliziotti: e lui seduto e serio ben al di sopra delle loro spalle, attraversa i viali della scuola come un papa o un re su una portantina regale. Ma non c’è niente da festeggiare.
Davvero un film coinvolgente e di rara potenza, da vedere senz’altro.
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ennepi54
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martedì 26 marzo 2024
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la sala professori
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La sala professori (Das Lehererzimmer) è un film drammatico tedesco del 2023 diretto da ?lker Çatak. È stato candidato al 73º Festival internazionale del cinema di Berlino. Brevemente il film si incentra sulla figura di una giovane professoressa, Carla Nowak, a cui viene affidata una seconda media inferiore. Nella scuola avvengono dei furti, la cui responsabilità è attribuita agli alunni. Ma alla professoressa non va il modo di come viene affrontato il problema perché da lei considerato controproducente e foriero di peggiori conseguenze nei loro confronti. Ella quindi pensa di “stanare” il vero responsabile facendo in modo che il proprio notebook possa registrare una parte dell’aula docenti.
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La sala professori (Das Lehererzimmer) è un film drammatico tedesco del 2023 diretto da ?lker Çatak. È stato candidato al 73º Festival internazionale del cinema di Berlino. Brevemente il film si incentra sulla figura di una giovane professoressa, Carla Nowak, a cui viene affidata una seconda media inferiore. Nella scuola avvengono dei furti, la cui responsabilità è attribuita agli alunni. Ma alla professoressa non va il modo di come viene affrontato il problema perché da lei considerato controproducente e foriero di peggiori conseguenze nei loro confronti. Ella quindi pensa di “stanare” il vero responsabile facendo in modo che il proprio notebook possa registrare una parte dell’aula docenti. E in effetti il pc registra il maglione della persona che sottrae un portafoglio. Il capo di vestiario porta ad una persona, adulta, ben riconoscibile per i disegni che lo caratterizzano e non ad un ragazzo come da tutti creduto. Il film presenta più piani di lettura: su quello strettamente pragmatico l’idea di posizionare una videocamera motu proprio e, peggio ancora, di invitare l’indiziato/a ad un passo indietro sono atti che legalmente non dovrebbero essere compiuti. Tuttavia è il “gradino” che permette al regista di portare avanti il proprio discorso. Il film insomma non è un poliziesco e non è pensato per esserlo, quindi l’incongruenza di partenza è un falso problema. Nella realtà della struttura filmica subentrano immediatamente i veri piani di sviluppo della questione: i genitori e gli alunni via via che la trama si sviluppa non esitano a dare di sé una interpretazione del fatto che li possa escludere del tutto da quanto accaduto e anzi ribaltando sull’insegnante tutta e intera la responsabilità delle tensioni che il fatto provoca. È una sorta di trionfo del political correct e di un modo meschino ed egoista di intendere le proprie responsabilità sempre e solo all’interno di un’ottica giustificazionista della propria immagine e di sé. Gli alunni iniziano a “dare addosso” ad un proprio compagno di classe in modo sempre più pesante perché quest’ultimo è direttamente coinvolto su quanto accade ma è quello stesso alunno che mostra nelle sequenze iniziali la propria maturità e bravura nella soluzione di un problema di non facile soluzione. L’invidia non esiste solo nei libri. I genitori a parole mostrano di essere preoccupati per la situazione dei propri figli e per i loro voti ma non esitano a scaricare sulle spalle dell’insegnante gli insuccessi dei figli stessi. Nella trama è ragguardevole il momento in cui l’insegnante si presta ad essere intervistata dai “redattori” del giornalino della scuola, impegno concordato prima di quello che sarebbe accaduto ma anticipato dai ragazzi con l’intento deliberato di cercare di mettere in difficoltà l’insegnante. Subito dopo di fronte ad alcune domande la professoressa sceglie di non accettare di interloquire per non far circolare voci, illazioni, che possono prestarsi a manipolazioni. In quella che, secondo me, è la scena clou, una giovane “redattrice” ricorda all’insegnante causa la sua scelta di restare in silenzio, il motto latino posto nella sala della redazione: VERITAS OMNIA VINCULA VINCIT. Ora, certamente la verità è di per sé rivoluzionaria, ma in quel momento di quale verità si sta parlando? Di una verità frutto del conformismo e della volontà di mistificare qualsiasi cosa per contrabbandare la propria immagine e la propria integrità. Viene voglia di pensare a tutte quelle occasioni in cui nelle scuole si trova spazio per improvvisate palestre di allenamento dialettico all’unico scopo di imparare a dire niente pensando di dire tutto o, peggio, di fare in modo di essere “sempre dalla parte della ragione o almeno della maggioranza”. Anche i docenti non escono bene dal quadro che il regista offre, perché l’insegnante Nowak intuisce di essere malconsiderata per partito preso da molti solo una collega le esterna la propria vicinanza. Il film illumina alcune delle contraddizioni in cui la scuola oggi si dibatte. Come conciliare rispetto degli altri, necessità e obbligo dello studio e formazione culturale della persona? Come garantire una preparazione che possa aiutare il discente nella sua necessaria esigenza di dotarsi di mezzi culturali che possano preservare la sua autonomia e la sua consapevolezza? Non sono domande semplici e altrettanto non lo sono le risposte. Il lavoro dell’insegnante ben lungi dagli stereotipi negativi, specie in Italia, è in realtà un lavoro di grande responsabilità e non facile. Il film di Catak ci illustra un modo di intendere la scuola apparentemente “nella norma” che cade in una contraddizione verticale nel momento in cui invece che al già detto, allo scontato, e al tran tran di ogni giorno bisogna fare appello alla propria moralità e al proprio senso del dovere.
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kukkurella
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domenica 10 marzo 2024
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noioso e retorico
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Il politico corretto ormai è noma,ma che lo si proponga in chiave cinematografia su dei "bimbetti" data l'età dei scolari (11/12anni),x me è troppo. Creaturi con lessico e analisi dei vari problemi della scuola da adulti consumati,e la prof protagonista che nn sa da che parte schierarsi. L'ho trovato confuso e lento,per poi arrivare ad un nulla di fatto.
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(di mario rossi)
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anna rosa
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domenica 10 marzo 2024
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"il diavolo probabilmente", ma non di bresson
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Premesso che riconosco il talento degli sceneggiatori e degli attori principali, e innanzitutto del bambino che interpreta il ruolo di Oscar, voglio qui con forza fare presente che in tutta la mia vita scolastica, come allieva prima e come prof poi, mai ho avuto motivo di pensare che il Male si fosse insinuato nelle anime e nella vita delle persone coinvolte nella vita scolastica, pur con tutti i problemi che le cose umane sempre presentano. Sì, il Male. Giacché in questo film si è trasformato un fatto, dai contorni peraltro pochissimo chiari (furti: dove? nella classe di Oscar? nella sala prof?) in una nera tempesta di sospetto che travolge tutto e tutti a partire da una scelta dei professori di una classe DEL TUTTO IMPROBABILE.
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Premesso che riconosco il talento degli sceneggiatori e degli attori principali, e innanzitutto del bambino che interpreta il ruolo di Oscar, voglio qui con forza fare presente che in tutta la mia vita scolastica, come allieva prima e come prof poi, mai ho avuto motivo di pensare che il Male si fosse insinuato nelle anime e nella vita delle persone coinvolte nella vita scolastica, pur con tutti i problemi che le cose umane sempre presentano. Sì, il Male. Giacché in questo film si è trasformato un fatto, dai contorni peraltro pochissimo chiari (furti: dove? nella classe di Oscar? nella sala prof?) in una nera tempesta di sospetto che travolge tutto e tutti a partire da una scelta dei professori di una classe DEL TUTTO IMPROBABILE. Sì , il Male. Perché solo il Male può aver fatto uno sgambetto a una persona innocente rendendola sospetta (parlo della madre di Oscar). Il Male metafisico che si fa beffe dell'intelligenza umana, visto che l'autore del furto in sala prof rimane sconosciuto. E questo Male, questo Dio crudele, ha designato come vittima sacrificale il piccolo Oscar, che nella scena finale viene portato fuori dalla scuola seduto sulla sua sedia sostenuta da due poliziotti, mentre la colonna sonora (non so dire il titolo del pezzo musicale) evoca molto chiaramente la figura di Cristo torturato quale peraltro ho visto spesso in Polonia: con in testa la corona di spine, le mani legate davanti e appunto seduto. Quel che mi preme dire, per concludere, è che determinate criticità della scuola, che OVVIAMENTE esistono in quanto appartenenti all'ordine della realtà, vengono manipolate per fare un thriller di forte impatto emotivo (i buoni soccombono as una forza maligna misteriosa) e non per fare un quadro realistico della scuola.
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[+] non "il maschio", ...
(di anna rosa)
[ - ] non "il maschio", ...
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