cinzia
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giovedì 13 ottobre 2022
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scontro di culture
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Saint-Omer di Alice Diop
A Venezia ha vinto il Gran Premio della Giuria (Leone d’argento) e il Leone del Futuro Opera Prima Luigi de Laurentiis.La protagonista, Rama, di pelle nera, e con i capelli pettinati a treccine, è scrittrice e docente universitaria di letteratura francese che volendo completare il proprio libro su Medea decide di assistere alle udienze processuali che vedono come imputata una giovane senegalese, Laurence, accusata, rea confessa, di aver ucciso la propria bimba di nemmeno un anno, annegandola nella località marittima di Saint Omer, nel nord della Francia.La presidente del Tribunale cerca di capire le motivazioni di tale gesto folle e delicatamente, ma ostinatamente interroga la madre infanticida.
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Saint-Omer di Alice Diop
A Venezia ha vinto il Gran Premio della Giuria (Leone d’argento) e il Leone del Futuro Opera Prima Luigi de Laurentiis.La protagonista, Rama, di pelle nera, e con i capelli pettinati a treccine, è scrittrice e docente universitaria di letteratura francese che volendo completare il proprio libro su Medea decide di assistere alle udienze processuali che vedono come imputata una giovane senegalese, Laurence, accusata, rea confessa, di aver ucciso la propria bimba di nemmeno un anno, annegandola nella località marittima di Saint Omer, nel nord della Francia.La presidente del Tribunale cerca di capire le motivazioni di tale gesto folle e delicatamente, ma ostinatamente interroga la madre infanticida. Dapprima sembra evidente a tutti che Laurence non aveva nessun motivo per liberarsi della bimba che era nata sana e bella, amata da entrambi i genitori perché anche il padre della piccola, sebbene fosse già sposato, viveva con la compagna e la bimba, di cui era molto orgoglioso. Ma a poco a poco emergono inciampi, malintesi, piccole scortesie e episodi di indifferenza o di razzismo occulto che uniti al fatto che la neo mamma è sola in Francia, lontana dalla famiglia d’origine, non ha un lavoro, si sente sempre un po’ come un ospite se non la cuoca, colf, assistente del proprio compagno e nulla di più. Anche l’ex professoressa universitaria di Laurence, una dei testimoni durante il processo, pur apprezzando l’allieva, si lascia sfuggire un commento velatamente razzista quando ricorda che rimase sorpresa dalla scelta di Laurence di voler discutere la tesi su un filosofo tedesco quando avrebbe potuto “sceglierne uno più vicino alla sua cultura d’origine”. Si aggiungano poi le superstizioni infantili , originarie del suo paese africano, di cui la mente di Laurence sembra intrisa e che unite a tutto il resto spiegano, ma ovviamente non giustificano il suo atto assassino alle nostre menti occidentali.Rama si immerge completamente nel processo, anche perché è lontana da casa, vive in albergo e poi durante il giorno sta sempre in tribunale a occhi e orecchie spalancate ed emergono le sue difficoltà familiari (il rapporto faticoso con la propria madre) e i dubbi sulla propria gravidanza appena scoperta e appena iniziata.E’ un tipico “legal drama” come dicono gli americani, cioè un film giudiziario o da tribunale, con niente azione, telecamera fissa sui volti dell’attore che in quel momento sta parlando, lunghi dialoghi (peraltro cesellati con cura) dove la regista compie soprattutto un’indagine psicologica sulle due giovani protagoniste che all’ultima scena, prima del verdetto, si scambiano un’occhiata intensa con i grandi occhi di Laurence, prima quasi rivoltati all’interno, del tutto impermeabili alla realtà esterna, che ora guardano Rama con un’espressione quasi di riconoscimento, come se fossero amiche o sorelle. Mentre gli occhi di Rama, che sono invece estremamente espressivi e vivi, rivelano orrore, dubbi, paura e forse, sollievo.Se vi piacciono i film lenti e intensi, i filma psicologici, i film ambientati in tribunale, i film disturbanti senza però essere volgari o splatter, e se siete affascinati dallo scontro/incontro delle culture, questo è il vostro film.
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cinzia
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martedì 13 dicembre 2022
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le vite parallele
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A Venezia ha vinto il Gran Premio della Giuria (Leone d’argento) e il Leone del Futuro Opera Prima Luigi de Laurentiis.La protagonista, Rama, di pelle nera, e con i capelli pettinati a treccine, è scrittrice e docente universitaria di letteratura francese che volendo completare il proprio libro su Medea decide di assistere alle udienze processuali che vedono come imputata una giovane senegalese, Laurence, accusata, rea confessa, di aver ucciso la propria bimba di nemmeno un anno, annegandola nella località marittima di Saint Omer, nel nord della Francia.
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A Venezia ha vinto il Gran Premio della Giuria (Leone d’argento) e il Leone del Futuro Opera Prima Luigi de Laurentiis.La protagonista, Rama, di pelle nera, e con i capelli pettinati a treccine, è scrittrice e docente universitaria di letteratura francese che volendo completare il proprio libro su Medea decide di assistere alle udienze processuali che vedono come imputata una giovane senegalese, Laurence, accusata, rea confessa, di aver ucciso la propria bimba di nemmeno un anno, annegandola nella località marittima di Saint Omer, nel nord della Francia.La presidente del Tribunale cerca di capire le motivazioni di tale gesto folle e delicatamente, ma ostinatamente interroga la madre infanticida. Dapprima sembra evidente a tutti che Laurence non aveva nessun motivo per liberarsi della bimba che era nata sana e bella, amata da entrambi i genitori perché anche il padre della piccola, sebbene fosse già sposato, viveva con la compagna e la bimba, di cui era molto orgoglioso. Ma a poco a poco emergono inciampi, malintesi, piccole scortesie e episodi di indifferenza o di razzismo occulto che uniti al fatto che la neo mamma è sola in Francia, lontana dalla famiglia d’origine, non ha un lavoro, si sente sempre un po’ come un ospite se non la cuoca, colf, assistente del proprio compagno e nulla di più. Anche l’ex professoressa universitaria di Laurence, una dei testimoni durante il processo, pur apprezzando l’allieva, si lascia sfuggire un commento velatamente razzista quando ricorda che rimase sorpresa dalla scelta di Laurence di voler discutere la tesi su un filosofo tedesco quando avrebbe potuto “sceglierne uno più vicino alla sua cultura d’origine”. Si aggiungano poi le superstizioni infantili , originarie del suo paese africano, di cui la mente di Laurence sembra intrisa e che unite a tutto il resto spiegano, ma ovviamente non giustificano, il suo atto assassino alle nostre menti occidentali.Rama si immerge completamente nel processo, anche perché è lontana da casa, vive in albergo e poi durante il giorno sta sempre in tribunale a occhi e orecchie spalancate ed emergono le sue difficoltà familiari (il rapporto faticoso con la propria madre) e i dubbi sulla propria gravidanza appena scoperta e appena iniziata.E’ un tipico “legal drama” come dicono gli americani, cioè un film giudiziario o da tribunale, con niente azione, telecamera fissa sui volti dell’attore che in quel momento sta parlando, lunghi dialoghi (peraltro cesellati con cura) dove la regista compie soprattutto un’indagine psicologica sulle due giovani protagoniste che all’ultima scena, prima del verdetto, si scambiano un’occhiata intensa con i grandi occhi di Laurence, prima quasi rivoltati all’interno, del tutto impermeabili alla realtà esterna, che ora guardano Rama con un’espressione quasi di riconoscimento, come se fossero amiche o sorelle. Mentre gli occhi di Rama, che sono invece estremamente espressivi e vivi, rivelano orrore, dubbi, paura e forse, sollievo.
Se vi piacciono i film lenti e intensi, i film psicologici, i film ambientati in tribunale, i film disturbanti senza però essere volgari o splatter, e se siete affascinati dallo scontro/incontro delle culture, questo è il vostro film.
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crispino seidenari
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lunedì 26 dicembre 2022
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le lacrime del male
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Saint Omer vibra di un fascino sinistro, un’energia oscura che risiede nei recessi bui dell’animo umano, nei meandri imperscrutabili dove dimorano gli embrioni del male che, fecondati dal dolore e dalle ingiustizie subite, possono innescare la gestazione di mostri capaci di trasformare il male ricevuto in male da infliggere al mondo. Il film mette lo spettatore nella stessa posizione di un giudice che deve elaborare il suo verdetto su una donna, Lawrence, accusata di aver ucciso la figlia di pochi mesi, ponendolo solo dinanzi alle deposizioni processuali. Non ha nessun vantaggio rispetto alle figure della narrazione, non è un privilegiato, non c’è nessuna interpretazione della tragedia e potrà intuire le ragioni di un atto così incomprensibile, solo attraverso le dichiarazioni dei testimoni e della donna incriminata.
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Saint Omer vibra di un fascino sinistro, un’energia oscura che risiede nei recessi bui dell’animo umano, nei meandri imperscrutabili dove dimorano gli embrioni del male che, fecondati dal dolore e dalle ingiustizie subite, possono innescare la gestazione di mostri capaci di trasformare il male ricevuto in male da infliggere al mondo. Il film mette lo spettatore nella stessa posizione di un giudice che deve elaborare il suo verdetto su una donna, Lawrence, accusata di aver ucciso la figlia di pochi mesi, ponendolo solo dinanzi alle deposizioni processuali. Non ha nessun vantaggio rispetto alle figure della narrazione, non è un privilegiato, non c’è nessuna interpretazione della tragedia e potrà intuire le ragioni di un atto così incomprensibile, solo attraverso le dichiarazioni dei testimoni e della donna incriminata.
Dal punto di vista legale, si tratta di un caso molto chiaro e lineare. L’imputata non nega neppure di essere l’autrice dell’infanticidio della figlia, ma si dichiara al tempo stesso innocente, considerando il gesto come l’unica opportunità di riscatto da una situazione divenuta per lei insostenibile. Siamo dinanzi ad una donna intelligente, colta, di colore, in cui non si riesce a scorgere nessuna traccia di abiezione, nessuna connotazione di malvagità. Ciò che lentamente affiora, durante il processo, è un senso vertiginoso di solitudine, di abbandono, e chi assiste al suo svolgimento non può non sentirsi lacerato da una profonda antinomia: da un lato la drammatica necessità di sanzionare il delitto secondo le norme etiche che disciplinano la vita di una comunità, dall’altro, un sentimento sconfinato di pietà verso uno spirito sofferente, tormentato da un senso di esclusione, da un dolore, da cui l’inesorabile condanna non potrà certo redimere.
Un crimine così spietato suscita l’inevitabile idea di un’autentica barbarie, un gesto primitivo, orribile e raccapricciante che ci spinge però ad una significativa riflessione. Sebbene tutti noi possiamo ritenerci persone istruite, colte e di buon senso, nel momento in cui siamo feriti nella nostra dimensione emotiva, tutte le nostre certezze, i nostri punti di riferimento, sono messi in discussione lasciandoci in balia di atteggiamenti deleteri e comportamenti imprevedibili.
Le reazioni di una donna (come di un uomo) dinanzi al tradimento o al rifiuto possono essere le più disparate. Alcune si lasciano fagocitare e annichilire dalla disperazione, altre invece, come Medea, tradita e abbandonata da Giasone, reagiscono in maniera spropositata e abnorme. Tutti noi possiamo avvertire delle emozioni molto forti, simili a quelle di Medea, ma nella maggior parte dei casi non sono tradotte in azioni concrete. Il bisogno di distruggere e annientare le cause del nostro dolore è più che comprensibile, ma per fortuna, il più delle volte rimane una fantasia, un bisogno inespresso. Ma quando si è ciecamente posseduti da sentimenti ossessivi, viscerali, allora è anche possibile giungere al compimento di gesti criminali.
L’immagine del presidente della corte che proclama la colpevolezza della donna, mostra quanto possa essere penoso per un giudice decretare il verdetto che sancisce la condanna di un imputato. Questo film ha il pregio, come solo la letteratura sa fare, di strapparci al moto irriflessivo delle incombenze quotidiane, per trasportarci in una dimensione più spirituale e trasgressiva, che ci rende consapevoli di come possa essere difficile giudicare un “mostro”, insinuando il dubbio che anche noi, come tutte le creature che amano, sognano e desiderano, senza essere a loro volta sognate, amate e desiderate, potremmo trasformarci in mostri.
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