Di Caravaggio, sapevo. Guizzi di luce, squarci fulminei. Fotografo. Nel Raffaello di Ferrari mi sono inoltrato terapeutico, "sollevarmi". Invece, mi sono inquietato rivedendo idee sul Sommo marchigiano. (Gli altri due sono Leopardi e Rossini). Mi son più volte detto: ma questo è cinema. Potenza espressiva, sapienza nel sistemare piani, masse, forme, fondali. Di più mi hanno convinto i ritratti, "cammei", inquadrature di un trailer. Tutti, da fiction, foto di un cast. La gran signora che si pianta in fronte uno scorpione, la dama di rango che si trastulla con un pecorello con l'aggiunta di un simbolo fallico.
Biografia dal sapore attuale. Solo 37 anni. Propter nimium coitum, dice la leggenda. Polmonite per gli studiosi dell'arte.
Al Sanzio si attribuiscono tratto gentile e modi cortesi. Lo credo, come tutti quelli che han ricevuto il dono divino, raro, di amare le donne e di esserne riamati, senza strascichi giudiziari. Attitudine con cui crea opere che lo porteranno lontano. Nella godereccia Parigi, nella febbricitante Aragona di Goya, tanti, che han voluto um modello di seduzione, han pensato alla Fornarina.
Si conclude istruttivamente (parlo per me) con la Trasfigurazione. Si cita Nietzsche che nel Cristo scorse un simbolo apollineo. Umilmente, dissento. L'Urbinate, nei suoi lavori, specialmentre nelle figure femminili come il "Trionfo" di Galatea, l'intento di idealizzare il bello è solo apparente, ci si ritrova sempre nel "corporeo". Proprio come il cinema: può soffondere tutte le atmosfere, raccontare tutte le panzane, ma sempre deve comporsi di figure prese dalla realtà, esseri viventi, cose tangibili. Pasolini, per es., spacciò per "angeli", borgatari stacciuti come vitelli. Se devo rassomigliarlo Raffaello, nominerei Rembradt che non disdegnò di documentare un mezzo bovino macellato, il tutto senza vezzo di realismo.
Osservate in basso a destra il disgraziato ragazzetto affetto da doppio strabismo divergente. Voi che vi nutrite di horror, sapete che è opera diabolica.
Santifichiamoci col Redentore che si "libra". Ammantato in una tunica immaginaria che, appunto, non è la sua. Drappeggio ridondante. Maniche troppo lunghe avvoltolate ai polsi, I piedi, poi... Alluce quasi valgo, distante dalle altre dita. Una tensione muscolare che implica uno sforzo per sollevarsi. Compiamolo anche noi, non arriveremo ai cieli ma ci eleveremo su di un qualche terra terra.
P.S. Il "Tondo Doni", bastava guardare nello sfondo. Casca a fagiolo. Conforta l'idea che una pittura è presagio del cinema e che un cinema ha nostalgia della pittura. Zeffirelli, Bellocchio...Nel finale di 50 Sfumature di Rosso, nel terzetto idilliaco sul prato, me n'ero accorto, attribuendolo correttamente a Michelangelo. Che vi dicevo...
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