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Raffaele Meale
Quinlan
"Non ho mai avuto un altro tetto diverso da quello dato dai vasti cieli: allevo montagne sul mio petto, e sul viso frutti o erbe". Si apre con le parole di Pablo de Rokha (scritte in bianco su schermo nero), tra i grandi poeti nazionali cileni, Al amparo del cielo. E quelle del poeta resteranno tra le poche, pochissime parole di un film che è dominato al contrario dal silenzio, o per meglio dire dal rumore della natura, e della pellicola: sulle scritte già infatti si odono i rimbombi del tuono, prima che l'immagine domini lo schermo, con un primissimo piano in bianco e nero granuloso, con quella grana che è materia della pellicola, che è cinema non digitale ma concreto, effettivo, tangibile. [...]
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