Maya Sarfaty porta in superficie l'incredibile storia tra una prigioniera e il suo aguzzino, attraverso le loro stesse testimonianze e quelle di chi era con loro nel campo di concentramento
di Giulia Lucchini La Rivista del Cinematografo
E' un doc, ma la storia è da film. S'intitola Se questo è amore, e per una volta il titolo italiano, con chiaro riferimento al libro di Primo Levi Se questo è un uomo, è più efficace dell'originale: Liebe war es nie, cioè non è mai stato amore, ricalcante le parole della canzone tedesca dei primi anni trenta che accompagna tutto il film.
Sulle note di quella canzone ebbe inizio l'incanto di Franz Wunsch, un giovane ufficiale nazista, per Helena Citron, una ragazza ebrea deportata ad Auschwitz. Ovviamente la domanda è: può nascere, sbocciare un amore, nel bel mezzo degli orrori del lager?
E soprattutto tra un nazista e un ebrea? Tra il carnefice e la (sua) vittima? Difficile rispondere. [...]
di Giulia Lucchini, articolo completo (2516 caratteri spazi inclusi) su La Rivista del Cinematografo 28 gennaio 2021