“La casa rossa” è un documento antropologico. Ogni fotogramma del film è un rimando alla dimensione esistenziale, alla cultura, alla dinamica di trasformazione di questa comunità di Inuit. Degno di stare al fianco di documentari di Jean Malaurie, il grande antropologo francese divenuto difensore degli Inuit.
Ogni personaggio esprime un tratto culturale, un reale frammento di una cultura che soffre il contatto con l'Occidente. Ogni personaggio esprime un aspetto di quel popolo, il cacciatore, gli spostati, lo sciamano-attore che assume su di sé i drammi dei giovani, le ragazze che vorrebbero vivere all'occidentale (palestra, shopping, ballo) in un luogo che occidentale non è.
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“La casa rossa” è un documento antropologico. Ogni fotogramma del film è un rimando alla dimensione esistenziale, alla cultura, alla dinamica di trasformazione di questa comunità di Inuit. Degno di stare al fianco di documentari di Jean Malaurie, il grande antropologo francese divenuto difensore degli Inuit.
Ogni personaggio esprime un tratto culturale, un reale frammento di una cultura che soffre il contatto con l'Occidente. Ogni personaggio esprime un aspetto di quel popolo, il cacciatore, gli spostati, lo sciamano-attore che assume su di sé i drammi dei giovani, le ragazze che vorrebbero vivere all'occidentale (palestra, shopping, ballo) in un luogo che occidentale non è. Un ambiente che può apparire un paradiso nasconde il profondo disagio cronico di questa gente che non nasconde atavici limiti della propria cultura.
Il film, asciutto, poetico, senza fronzoli, petroso, smentisce ogni visione turistica o romantica, mettendo nello stesso tempo in luce le possibilità di incontro fra questo popolo e gli occidentali, sempre e comunque ospiti.
Grande opera. Visione indispensabile per chi vuole approfondire la conoscenza degli Inuit superando i preconcetti – positivi e negativi - di un superficiale approccio.
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