dandy
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lunedì 28 aprile 2025
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"qual''? il pregio di un regista?durare."
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Assieme al precedente "Fulci for fake",un altro ritratto del regista nostrano "anarchico" per eccellenza,fornito stavolta dal regista stesso.Recuperando una loro intervista di inizio anni'90 la regista e il critico Marcello Garofalo(perennemente fuori campo)lasciano che Fulci racconti se stesso tra aneddoti,considerazioni e riflessioni sul cinema,l'Italia,la vita e naturalmente la morte.Narratore schietto e inarrestabile,fiero ma mai arrogante,colto e sempre sottilmente ironico(le considerazioni sul "rivale" Dario Argento),Fulci calamita ovviamente l'attenzione dall'inizio alla fine,ripercorrendo le tappe decisive della sua vita(interessante l'osservazione sui genitori e i numerosi lutti a cui assistette nell'infanzia)e la sua carriera(dagli inizi con Steno ai problemi con Totò ai film con Ciccio e Franco alla svolta coi gialli e successivamente con l'horror da "Zombi 2" fino a "Un gatto nel cervello").
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Assieme al precedente "Fulci for fake",un altro ritratto del regista nostrano "anarchico" per eccellenza,fornito stavolta dal regista stesso.Recuperando una loro intervista di inizio anni'90 la regista e il critico Marcello Garofalo(perennemente fuori campo)lasciano che Fulci racconti se stesso tra aneddoti,considerazioni e riflessioni sul cinema,l'Italia,la vita e naturalmente la morte.Narratore schietto e inarrestabile,fiero ma mai arrogante,colto e sempre sottilmente ironico(le considerazioni sul "rivale" Dario Argento),Fulci calamita ovviamente l'attenzione dall'inizio alla fine,ripercorrendo le tappe decisive della sua vita(interessante l'osservazione sui genitori e i numerosi lutti a cui assistette nell'infanzia)e la sua carriera(dagli inizi con Steno ai problemi con Totò ai film con Ciccio e Franco alla svolta coi gialli e successivamente con l'horror da "Zombi 2" fino a "Un gatto nel cervello").Discontinuo e incoerente per sua stessa ammissione,desolato di non aver mai potuto girare una sequenza di fanteria(celebre il suo amore per i cavalli,oltre che per le barche,che consiglia ad altri registi-colleghi come rimedio alla nevrosi),divertito da come la critica da sempre ostile nei suoi confronti abbia iniziato a rivalutarlo dopo 20 anni,ed acuto osservatore dell'evoluzione del cinema anche fuori dall'Italia(oltre alle simpatiche storie sulle divergenze con Orson Welles,le sue brevi considerazioni su Spielberg,Scorsese e l'allora appena emerso Tarantino,suo grande estimatore).Un artista a tutto tondo sfortunato nella vita e in parte anche nel cinema,ma capace di lasciare il segno muovendosi fuori dagli schemi influenzando innegabilmente il cinema negli anni a venire a cominciare dall'estero,dove venne apprezzato da subito(celebre l'appellativo di "poète du macabre" donatogli in Francia,smentito dal regista).Efficace nel creare coinvolgimento la semplicità della messinscena,con un'unica inquadratura frontale e qualche foto nel finale.Come il docufilm di Simone Scafidi,un altro titolo obbligatorio per chi apprezza il regista romano.Uscito on demand.
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woody62
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giovedì 18 marzo 2021
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aiuto! e se fosse bravo?
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La domanda che un po' provocatoriamente poneva Claudio Carabba, noto critico cinematografico scomparso a fine 2020, ha una risposta. Lucio Fulci era davvero bravo. Lo constatiamo guardando i suoi numerosi film che spaziano tra mille generi diversi con passione e originalità; prendendo atto degli omaggi e dei riconoscimenti che hanno rivolto a lui alcuni tra i più importanti critici e registi del panorama mondiale; ascoltando la lunga intervista curata da Antonietta De Lillo e Marcello Garofalo del 1993, qualche anno prima della sua scomparsa, e proposta oggi nel film “Fulci talks”.
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La domanda che un po' provocatoriamente poneva Claudio Carabba, noto critico cinematografico scomparso a fine 2020, ha una risposta. Lucio Fulci era davvero bravo. Lo constatiamo guardando i suoi numerosi film che spaziano tra mille generi diversi con passione e originalità; prendendo atto degli omaggi e dei riconoscimenti che hanno rivolto a lui alcuni tra i più importanti critici e registi del panorama mondiale; ascoltando la lunga intervista curata da Antonietta De Lillo e Marcello Garofalo del 1993, qualche anno prima della sua scomparsa, e proposta oggi nel film “Fulci talks”. Ricca di spunti e suggestioni, aneddoti e curiosità su alcuni tra i più grandi protagonisti della storia del cinema: Lattuada, Leone, Steno, Fellini, Totò. Di famiglia umile, con origini siciliane, il giovane Fulci frequenta a Roma il Centro Sperimentale di Cinematografia dopo una delusione d'amore. All'esame di ingresso davanti a Luchino Visconti ha la spudoratezza di evidenziargli le inquadrature “rubate” a Renoir per "Ossessione". Il grande regista lungi dal cacciarlo, lo prende invece in simpatia. Come racconta lui stesso la vera fortuna è l'incontro con Steno, il suo maestro, che lo avvia alla sceneggiatura e lo prende come aiuto regista per un film con Totò. Ne farà molti altri sempre come sceneggiatore e in un solo caso come regista – il suo primo film “I ladri”. Dopo molti anni di collaborazione stima reciproca il legame si rompe. “Fu a causa di un equivoco” racconta Fulci “Totò credeva che avessi tentato un approccio con Franca Faldini, mentre io ero solo un suo amico”. Tra i vari generi curati da Fulci, il comico gli diede molte soddisfazioni. E' merito suo l'aver valorizzato la coppia Franco e Ciccio con la grande intuizione di affidare a Franco il ruolo del “tonto” e a Ciccio quello del serio. Sua è anche l'idea del personaggio di Sordi, Nando Moriconi, che da “Un giorno in pretura” passa al grande successo di “Un americano a Roma”. Altro capitolo importante fu quello dedicato al western, e ancor di più la produzione nel genere thriller e horror. I gialli di Fulci, da “Una sull'altra” a “Non si sevizia un paperino” e “Sette note in nero” sono opere che non sfigurano al cospetto di maestri come Bava e Dario Argento. Proprio il rapporto con il grande Dario è una delle parti più interessanti e divertenti dell'intervista. Tra il serio e il faceto Fulci tende a sottolineare le differenze tra con Argento: “Lui è prigioniero dei suoi incubi e nei suoi film non c'è ironia, io invece dormo benissimo e per me l'ironia è un elemento indispensabile”. Così anche nel genere horror definito da Fulci come il genere “anarchico per eccellenza, dove non ci sono regole, né morali, ma solo il dubbio, il puro pensiero, la fantasia”. Certo con la critica italiana il rapporto fu di amore e odio, più il secondo del primo. Memorabile la battuta di un critico suo amico che gli disse: “ma come puoi pensare di dare tre stelle ad un film di Fulci?”. Uomo colto e profondo - era laureato in Lettere anche se non lo dava a vedere – Lucio Fulci non temeva la morte. In uno dei suoi ultimi film affronta un lungo dialogo con essa. Così chiude l'intervista: “Se rimango nella memoria di chi mi ha amato e di chi mi ricorda, io vivo lo stesso”. Una vera e propria lezione di cinema, quasi una lezione di vita.
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