tess
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giovedì 20 ottobre 2022
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bravi
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Bravi gli attori e particolare e ben fatto il film per un esordio alla regia che merita di essere visto
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esakki
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mercoledì 14 luglio 2021
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fantascienza!
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Oltre ad una mancanza di tituli c'e' una mancanza di sottotitoli.
Piu' che commedia ci vedo un film di fantascienza: immaginatevi Donnarumma che rinuncia al Chelsea per sostenere gli esami di Stato ...
Comunque ben fatto.
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deh
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venerdì 12 marzo 2021
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senza tituli... che storie e che sport!
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sembra una buona storia in generale...; non
manca di sensazinalismi e sembra mantenere la
logica da manuale delle competizioni sportive,
ricorderete di sicuro tutte le imprese di grandi
giocatori e persone anche se non più al milan,
per parlare di un grande componimento
nonchè di una vetrina con 8 mitiche coppe,
e se è stato bello per loro, essere tifosi, e come
non comprendere l'essere là allora e comunque
e in ogni momento col grido le un gran milan
nelle sfide di champ league, qualunque squadra
si tenesse, coinvolgerli e coinvolgere una multitudine di gente,
non nel disfacimento ma in altre cose,
anche se non sembrano esserci più perchè
e per conto loro, vendendo anch'essi quel
potevano vendere, non si può non ricordare ora nel moderno milan e a
ogni player attuale, il possesso della bacheca e i trofei,
le loro facce non sembrano più essendo chissàdove a
guardare all'infinito della grandezza e sembrano
declinati come pedoni al non potersi soddisfar di
ciò e cioè la possibilità che ora grazie anche al
fondo eliot che partecipa al di queste imprese grandiose
di poter esibire, prima di ogni incontro anche se vogliamo
lo spirito e il prestige nonchè insieme a molte altre imprese sportive
di cui si son persi gli orizzonti e non darle mai per scontato perchè
hanno avuto un costo in etica di talento e sportività incommensurabile
e sembra fare ricordare anche ciò il genere di film.
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sembra una buona storia in generale...; non
manca di sensazinalismi e sembra mantenere la
logica da manuale delle competizioni sportive,
ricorderete di sicuro tutte le imprese di grandi
giocatori e persone anche se non più al milan,
per parlare di un grande componimento
nonchè di una vetrina con 8 mitiche coppe,
e se è stato bello per loro, essere tifosi, e come
non comprendere l'essere là allora e comunque
e in ogni momento col grido le un gran milan
nelle sfide di champ league, qualunque squadra
si tenesse, coinvolgerli e coinvolgere una multitudine di gente,
non nel disfacimento ma in altre cose,
anche se non sembrano esserci più perchè
e per conto loro, vendendo anch'essi quel
potevano vendere, non si può non ricordare ora nel moderno milan e a
ogni player attuale, il possesso della bacheca e i trofei,
le loro facce non sembrano più essendo chissàdove a
guardare all'infinito della grandezza e sembrano
declinati come pedoni al non potersi soddisfar di
ciò e cioè la possibilità che ora grazie anche al
fondo eliot che partecipa al di queste imprese grandiose
di poter esibire, prima di ogni incontro anche se vogliamo
lo spirito e il prestige nonchè insieme a molte altre imprese sportive
di cui si son persi gli orizzonti e non darle mai per scontato perchè
hanno avuto un costo in etica di talento e sportività incommensurabile
e sembra fare ricordare anche ciò il genere di film.
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enzo70
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domenica 28 febbraio 2021
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la solitudine dei numeri dieci
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La solitudine dei numeri dieci, questa potrebbe essere una sintesi della storia di un giovane campione, Christian Ferro, il cui talento è messo a dura prova dal carattere e dal degrado sociale che lo circonda. Non bastano una Lamborghini, una casa da sogno e un facile successo per dargli la felicità. E l’esame di maturità sembra uno scoglio troppo difficile da superare anche per un ragazzo venerato come Christian. Ma l’incontro con un professore privato totalmente al di fuori degli schemi ovattati del mondo del calcio restituisce il fenomeno ad una dimensione umana, mettendo il ragazzo di fronte alle contraddizioni ed alle meschinità della società che lo circonda.
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La solitudine dei numeri dieci, questa potrebbe essere una sintesi della storia di un giovane campione, Christian Ferro, il cui talento è messo a dura prova dal carattere e dal degrado sociale che lo circonda. Non bastano una Lamborghini, una casa da sogno e un facile successo per dargli la felicità. E l’esame di maturità sembra uno scoglio troppo difficile da superare anche per un ragazzo venerato come Christian. Ma l’incontro con un professore privato totalmente al di fuori degli schemi ovattati del mondo del calcio restituisce il fenomeno ad una dimensione umana, mettendo il ragazzo di fronte alle contraddizioni ed alle meschinità della società che lo circonda. Buona regia, bravissimi gli attori, al solito essenziale Stefano Accorsi per un film intelligente che affronta un fenomeno sociale di grande attualità con intelligenza e leggerezza.
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saymyname
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mercoledì 23 settembre 2020
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bella schifezza!
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Al decimo minuto sai esattamente come va a finire, e va esattamente tutto come ti aspetti. Film più prevedibili ne abbiamo?
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la nera
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sabato 1 agosto 2020
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abbastanza
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il-divo
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giovedì 4 giugno 2020
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la nazionale
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Sulle prime diresti che tra i due, il personaggio più interessante è il disilluso professore di Accorsi, uno che si presenta in sede della A.S. Roma a bordo di una Multipla scassata e con la barba incolta, ammettendo candidamente di non avere un’idea di cosa sia il calcio (“seguo i Mondiali...”) — e non il dinoccolato CF24, sorta di combinazione delle peggiori teste calde del calcio nostrano, inquietante fusione tra Zaniolo e Balotelli.
Poi il film si snoda e si capisce che anche Valerio ha nell’armadio lo scheletro del cliché, con una storia personale presa di peso da Manchester by the sea e dintorni. Ma al netto della dichiarata avversione all’originalità e della regia abbottonatissima del buon d’Agostini, Il campione funziona perché non sbrodola, ha ritmo e compie la scelta ammirevole di ridurre al minimo le scene sul rettangolo verde (non conosco sport più anti-cinematografico del calcio).
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Sulle prime diresti che tra i due, il personaggio più interessante è il disilluso professore di Accorsi, uno che si presenta in sede della A.S. Roma a bordo di una Multipla scassata e con la barba incolta, ammettendo candidamente di non avere un’idea di cosa sia il calcio (“seguo i Mondiali...”) — e non il dinoccolato CF24, sorta di combinazione delle peggiori teste calde del calcio nostrano, inquietante fusione tra Zaniolo e Balotelli.
Poi il film si snoda e si capisce che anche Valerio ha nell’armadio lo scheletro del cliché, con una storia personale presa di peso da Manchester by the sea e dintorni. Ma al netto della dichiarata avversione all’originalità e della regia abbottonatissima del buon d’Agostini, Il campione funziona perché non sbrodola, ha ritmo e compie la scelta ammirevole di ridurre al minimo le scene sul rettangolo verde (non conosco sport più anti-cinematografico del calcio).
Ho letto da molte parti che uno dei pregi del film starebbe nell’accuratezza del contorno, con scene girate a Trigoria, servizi di SkySport24, telecronache di Caressa e Riccardo Trevisani: vero, ma con il rischio di ottenere un involontario effetto career mode da Playstation, senza considerare che i pochi minuti di partita con squadre di Serie A (con maglie ufficiali ma giocatori finti) rischiano di trasformare queste buone intenzioni in una scadente versione di Pro Evolution Soccer.
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hegotgame
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martedì 14 aprile 2020
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banale e scontato
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Film di una banalità e di una scontatezza imbarazzanti che finisce esattamente come previsto dopo 10 minuti dall'inizio della visione. Peccato. Gli elementi per una storia più originale e profonda c'erano tutti, ma si è preferito andare sul pop per accontentare tutti quanti. Salvo solo gli attori, davvero bravi e azzeccati nei loro ruoli.
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lbavassano
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martedì 26 novembre 2019
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giovane cinema italiano
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Gran bel film "Il campione", di Leonardo D'Agostini, e sorprendente l'interpretazione di Andrea Carpenzano, capace di tenere egregiamente testa ad uno Stefano Accorsi anche nell'arte difficile della misura, quanto mai difficile in un film come questo. E' un vero piacere assistere alle opere prime di autori profondamente calati nella realtà italiana contemporanea, nei suoi aspetti problematici, marginali più di quanto non possa forse apparire, eppur capaci di positività.
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sergio dal maso
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lunedì 4 novembre 2019
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il campione
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“... non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore” F. De Gregori – La leva calcistica della classe ‘68
CF24. Ventiquattro sta per il numero di maglia. CF per Christian Ferro, l’astro nascente del calcio italiano, il nuovo idolo dei tifosi della Roma.
CF24 non è solo un nome d’arte o un soprannome ma un vero e proprio marchio commerciale.
Il maggior business del calcio moderno è quello di trasformare in milioni di euro prima di tutto l’immagine pubblica dei calciatori, con le sponsorizzazioni e il merchandising di magliette e oggettistica varia.
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“... non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore” F. De Gregori – La leva calcistica della classe ‘68
CF24. Ventiquattro sta per il numero di maglia. CF per Christian Ferro, l’astro nascente del calcio italiano, il nuovo idolo dei tifosi della Roma.
CF24 non è solo un nome d’arte o un soprannome ma un vero e proprio marchio commerciale.
Il maggior business del calcio moderno è quello di trasformare in milioni di euro prima di tutto l’immagine pubblica dei calciatori, con le sponsorizzazioni e il merchandising di magliette e oggettistica varia.
Così un ragazzo appena maggiorenne può trovarsi catapultato in una vita da rockstar, con tanto di villa con piscina, Lamborghini parcheggiate in garage e fidanzata-velina, naturalmente influencer su instagram.
L’immagine pubblica di Christian è quella di un ragazzo capriccioso e viziato, tutto genio in campo e sregolatezza nella vita. Non si fa mancare niente: auto sfasciate, risse in discoteca e maldestri furti per compiacere i vecchi amici di borgata. Uno stile di vita che può comprometterne la carriera. Un carattere ingestibile visto come un problema da risolvere urgentemente dal presidente della squadra. Christian dovrà studiare e diplomarsi, pena l’esclusione dai titolari.
Tra i tanti candidati al ruolo di tutorla dirigenza della società compie un azzardo scegliendo Valerio Fioretti, un professore in crisi, introverso e malinconico, che non sa nulla di calcio. Apparentemente l’esatto contrario di Christian, venerato dalla tifoseria, oltre che spaccone e irascibile.
Si scoprirà che dietro la maschera cui entrambi si nascondono ci sono due solitudini molto simili. Sia Christian che Valerio hanno alle spalle situazioni famigliari difficili e un lutto lacerante che non sono riusciti a superare.
Prima di essere un film ambientato nel mondo del calcio Il campione è un racconto di formazione, la storia di un’improbabile amicizia che dall’iniziale diffidenza si rivelerà profonda e sincera, salvifica per tutti e due.
Appoggiandosi l’uno all’altro capiranno che si può convivere anche con un dolore straziante e guardare lo stesso al futuro, con uno sguardo diverso e con la voglia viverlo fino in fondo.
All’esordio alla regia Leonardo D’Agostini centra un gran film. E non era per niente facile. Anzi, portare la classica storia di formazione con l’abusata formula del rapporto difficile tra un adolescente e un adulto in un mondo anti-cinematografico come quello del calcio poteva essere un azzardo.
Invece D’Agostini confeziona un film brillante, senza sbavature, convincente in tutte le componenti filmiche.
A dir poco straordinarie le interpretazioni di Andrea Carpenzano e di Stefano Accorsi, i due attori protagonisti danno vita a due personaggi che crescono di minuto in minuto in una perfetta alchimia; non va dimenticata l’altrettanto brava Ludovica Martino, in un ruolo chiave per l’equilibrio dello sviluppo narrativo. Dopo l’eccellente esordio con Tutto quello che vuoi era gioco facile profetizzare una brillante carriera ad Andrea Carpenzano, le promesse sono state mantenute. Per l’amara ironia e i perfetti tempi comici delle battute ricorda molto Valerio Mastandrea o Marco Giallini.
La sceneggiatura di Giulia Steigerwalt è solita e credibile, oltre che attenta a non cadere nella retorica. Il mondo del calcio e le partite, le cui scene sono tecnicamente di grande effetto, restano sullo sfondo per dare risalto alla crescita umana e al legame che si crea tra Christian e Valerio. Alcune idee narrative, come quella di partire dagli schemi di gioco per creare un metodo di studio personalizzato in cui viene schematizzata la Storia, sono convincenti e funzionali al racconto.
L’esordio di Leonardo D’Agostini è stato prodotto dalla Groenlandiadi Matteo Rovere e Sydney Sibilia, due (giovani) registi che stanno rivoluzionando il cinema italiano con opere innovative come la trilogia di Smetto quando voglioo Veloce come il vento, permettendosi anche di produrre film audaci come Il primo re, recitato in protolatino. Il cinema italiano ha un gran bisogno di film come Il campione, autoriali ma nel contempo in grado di attrarre anche un pubblico popolare, e quindi di incassare portando ossigeno all’asfittica industria cinematografica. Auguriamoci che il futuro di questo gruppo di giovani registi e produttori sia luminoso come la carriera calcistica che si prospetta a Christian Ferro.
Malgrado le difficoltà, per dirla con De Gregori, “il ragazzo si farà ...”.
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