ninopellino
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domenica 28 ottobre 2018
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fotografie su vari aspetti folkloristici di napoli
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L'attore Biagio Izzo e il cantante regionale Tony Tammaro si cimentano nel non facile ruolo di attori protagonisti in questa pellicola che ci fotografa in maniera genuina e caricaturale alcuni aspetti folkloristici del modo di pensare e di agire di una buona parte della gente di Napoli. Il risultato è discreto e se da un lato ho avuto l'impressione di non gioire di un una particolare comicità esilarante fatta di grandi risate, per un altro verso questo film trasmette il senso della napoletanità che fa sentire a casa propria chi come me è del luogo, mentre a chi non lo è, di entrare in un mondo particolare fatto di situazioni spesso anche solo sussurate o eseguite anche tramite semplici gesti, più che di azioni vere e proprie.
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L'attore Biagio Izzo e il cantante regionale Tony Tammaro si cimentano nel non facile ruolo di attori protagonisti in questa pellicola che ci fotografa in maniera genuina e caricaturale alcuni aspetti folkloristici del modo di pensare e di agire di una buona parte della gente di Napoli. Il risultato è discreto e se da un lato ho avuto l'impressione di non gioire di un una particolare comicità esilarante fatta di grandi risate, per un altro verso questo film trasmette il senso della napoletanità che fa sentire a casa propria chi come me è del luogo, mentre a chi non lo è, di entrare in un mondo particolare fatto di situazioni spesso anche solo sussurate o eseguite anche tramite semplici gesti, più che di azioni vere e proprie. Il film pare che non abbia un vero finale, se non quello eufemisticamente parafrasato nelle scene conclusive sul senso della vita e di come raggiungerne la bellezza per sperare di esserne felici. Pellicola discreta, non proprio esilarante, ma comunque, a modo suo, capace di trasmettere buon umore.
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acarb
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venerdì 16 novembre 2018
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bel film
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Ad A.T. la realtà in cui si trova a vivere va un po' stretta. Non fa molto per allontanarsene , ma il suo mondo interiore non si rassegna alla banalità del vivere quotidiano. Per fortuna ha la musica che gli consente di andare avanti, di estraniarsi, e fino ad un certo punto sembra bastargli. Quando proprio ha l’esigenza di confidarsi con qualcuno, preferisce come interlocutore il suo cagnolino, che almeno lo ascolta senza interromperlo. Non cerca altro, finché, complice le sue canzoni, non arriva l’amore che suscita in una donna venuta da lontano, che lo comprende e lo apprezza e con cui fuggirà via.
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Ad A.T. la realtà in cui si trova a vivere va un po' stretta. Non fa molto per allontanarsene , ma il suo mondo interiore non si rassegna alla banalità del vivere quotidiano. Per fortuna ha la musica che gli consente di andare avanti, di estraniarsi, e fino ad un certo punto sembra bastargli. Quando proprio ha l’esigenza di confidarsi con qualcuno, preferisce come interlocutore il suo cagnolino, che almeno lo ascolta senza interromperlo. Non cerca altro, finché, complice le sue canzoni, non arriva l’amore che suscita in una donna venuta da lontano, che lo comprende e lo apprezza e con cui fuggirà via. Rinunziando così all’esibizione che avrebbe potuto renderlo famoso.
La narrazione di Antonio Capuano usa tinte forti per rappresentare ciò che il suo protagonista, spesso inconsciamente, non accetta. Una Napoli stereotipata nei suoi eccessi, il vociare dei personaggi di contorno, in primis della moglie fin troppo volgare e sopra le righe, che contrastano con la gentilezza del protagonista, sono lo sfondo immanente del quadro. È così subito chiaro che A.T. pur non abiurando la vita che si ritrova, anela a qualcos’altro. La fatica di salire a piedi quei sette piani di scale che lo portano verso la donna che lo ama, rappresenta bene le difficoltà che deve affrontare per affrancarsi dall’oggi. Che riguardano A.T. ma anche tutti noi che ne seguiamo le vicissitudini con partecipazione. E che al tempo stesso sentiamo simpatia per tanti dei personaggi che ne animano la vicenda. Come del resto ci induce a fare lo sguardo benevolo che riserva loro l’autore del film.
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carloalberto
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martedì 28 dicembre 2021
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commedia a tratti spassosa, con pretese artistiche
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Una commedia alla De Crescenzo senza De Crescenzo, senza la simpatia, l’estro, l'eleganza, l'umorismo, in una parola, la genialità dello scrittore napoletano, una farsa di Scarpetta con un Biagio Izzo che sarebbe stato pure all’altezza del ruolo da protagonista, se non fosse stato represso nella sua esuberante vitalità espressiva fino ad essere deprimente, sia come attore che come il personaggio che interpreta, un autista che si sforza di parlare e di cantare in italiano.
Risultato: le spalle di Izzo sono più comiche di Izzo. Ascanio Celestini e Tony Tammaro sono a tratti irresistibili protagonisti di divertenti gag.
Capuano cerca di uscire, nel finale, dalla commediola banale e volgarotta in cui si è ficcato con il surrealismo del cane che canta e la parrucca tinta di rosso digitale fosforescente e però a quel punto ha perso di credibilità come autore di film di nicchia e la sequenza finale risulta più una ennesima trovata comica che uno sbocco cerebrale a contrasto stilististico.
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Una commedia alla De Crescenzo senza De Crescenzo, senza la simpatia, l’estro, l'eleganza, l'umorismo, in una parola, la genialità dello scrittore napoletano, una farsa di Scarpetta con un Biagio Izzo che sarebbe stato pure all’altezza del ruolo da protagonista, se non fosse stato represso nella sua esuberante vitalità espressiva fino ad essere deprimente, sia come attore che come il personaggio che interpreta, un autista che si sforza di parlare e di cantare in italiano.
Risultato: le spalle di Izzo sono più comiche di Izzo. Ascanio Celestini e Tony Tammaro sono a tratti irresistibili protagonisti di divertenti gag.
Capuano cerca di uscire, nel finale, dalla commediola banale e volgarotta in cui si è ficcato con il surrealismo del cane che canta e la parrucca tinta di rosso digitale fosforescente e però a quel punto ha perso di credibilità come autore di film di nicchia e la sequenza finale risulta più una ennesima trovata comica che uno sbocco cerebrale a contrasto stilististico.
Strane assonanze balzano agli occhi con l’ultimo film del suo più illustre discepolo, sia nell’incipit, con la ripresa del drone dall’alto, questa volta non del blasonato golfo di Napoli ma di poveri palazzoni periferici, sia della figlia del protagonista, che sta sempre chiusa in bagno, sia del figlio che deve fare un provino per diventare attore.
Tutto sommato Achille tarallo è un film da vedere, ma non al cinema, meglio a casa, semmai mentre si sta facendo un'altra cosa, cogliendo una battuta qua e là, peraltro difficilmente comprensibile, visto il pessimo sonoro con l’audio in presa diretta aggravato da clacson, traffico e brusio di fondo, e farsi una sana risata, che di questi tempi male non fa.
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