francesco2
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domenica 16 giugno 2019
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film piacevole, ma assolutamente dimenticabile
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« Com’è grande la citta », cantava una volta Gaber. Le prime inquadrature seguono un percorso diverso da quello del film, lasciando che la camera si sposti, sinuosamente, tra le strade di Parigi. A conti fatti, tuttavia, l’attenzione si focalizza subito sulle protagoniste, evitando le suggestioni corali viste, ad esempio, in “Parigi”. Il titolo originale, “Sage femme”, sembra prestarsi ad una doppia lettura: se è un’espressione francese per designare la nostra badante, potremmo e dovremmo chiederci chi sia la vera “saggia donna” nel titolo tradotto letteralmente in Italiano? Il personaggio della Frot, diligente medico che ricorda la dardenniana senza nome, nonché madrealle prese con un figlio in procinto di diventare adulto? O l”altra” Catherine, Deneuve, settantenne (troppo?) amante dei piaceri ma anche nemica delle convenzioni?
A queste domande, tuttavia, il film fornisce risposte approssimative, evitando il didatticismo” delle morali facili , ma proponendo una storia non inedita: ben trent’anni or sono il regista inglese Hall, recentemente scomparso, nel suo “E’ stata via”, orchestrava in modo più interessante l’incontro-scontro tra la quarantenne imborghesita e la settantenne ribelle, che “rispuntava” ormai invecchiata.
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« Com’è grande la citta », cantava una volta Gaber. Le prime inquadrature seguono un percorso diverso da quello del film, lasciando che la camera si sposti, sinuosamente, tra le strade di Parigi. A conti fatti, tuttavia, l’attenzione si focalizza subito sulle protagoniste, evitando le suggestioni corali viste, ad esempio, in “Parigi”. Il titolo originale, “Sage femme”, sembra prestarsi ad una doppia lettura: se è un’espressione francese per designare la nostra badante, potremmo e dovremmo chiederci chi sia la vera “saggia donna” nel titolo tradotto letteralmente in Italiano? Il personaggio della Frot, diligente medico che ricorda la dardenniana senza nome, nonché madrealle prese con un figlio in procinto di diventare adulto? O l”altra” Catherine, Deneuve, settantenne (troppo?) amante dei piaceri ma anche nemica delle convenzioni?
A queste domande, tuttavia, il film fornisce risposte approssimative, evitando il didatticismo” delle morali facili , ma proponendo una storia non inedita: ben trent’anni or sono il regista inglese Hall, recentemente scomparso, nel suo “E’ stata via”, orchestrava in modo più interessante l’incontro-scontro tra la quarantenne imborghesita e la settantenne ribelle, che “rispuntava” ormai invecchiata. Quando, poi, il regista dichiara di essersi ispirato ad una vicenda personale –quella della badante che, un tempo, se ne prese cura-, il pensiero di chi scrive va al discontinuo, ma un poco piu consistente “A Simple Life”, che batteva bandiera di Hong Kong.
Ecco, se gli snodi lungo Parigi all’inizio potevano sorprendere, il ,film non esce dai binari del prevedibile. , Anche il personaggio di Gourmet, attore caro ai Dardenne, che qui lascia i suoi occhiali spessi e severi -per diventare un “Io tra di voi” in mezzo alle due donne, cambia di poco la sostanza. Lo spunto del padre defunto, per quanto possa attingere alla biografia del regista, appare telefonato, come anche il finale: verso il quale, svelando il meno possibile, ci si avvia con garbo e ritegno. Aggiungendo lo spunto curioso di alcuni ragazzini , che affiancano l’anticonformista Deneuve in una scorribanda finale. In questi momenti, tutta la piccofa storia guadagna in espressivita. Quella che, spice scriverlo, (solo?) in questa occsione è mancata alla Frot.
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vanessa zarastro
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martedì 1 agosto 2017
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la formica e la cicala
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Sage femme, titolo francese del film, racconta il rapporto tra due donne completamente diverse, un po’ cicala una e un po’ formica l’altra. Beatrice, la più anziana, ha avuto – e ha ancora – una vita frivola, piena di emozioni e alla ricerca di soddisfare i propri piaceri: i soldi, il buon vino, il cibo succulento, il gioco d’azzardo e gli uomini. È una donna passionale, capricciosa ma anche generosa, che non si è mai fatta mancare nulla: vestiti, gioielli e corteggiatori. È stata una trentina di anni prima l’amante del padre di Claire la quale, invece è una donna tendenzialmente depressa che trova la sua maggior soddisfazione nello svolgere il suo lavoro: fa nascere bambini ogni giorno, essendo ostetrica.
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Sage femme, titolo francese del film, racconta il rapporto tra due donne completamente diverse, un po’ cicala una e un po’ formica l’altra. Beatrice, la più anziana, ha avuto – e ha ancora – una vita frivola, piena di emozioni e alla ricerca di soddisfare i propri piaceri: i soldi, il buon vino, il cibo succulento, il gioco d’azzardo e gli uomini. È una donna passionale, capricciosa ma anche generosa, che non si è mai fatta mancare nulla: vestiti, gioielli e corteggiatori. È stata una trentina di anni prima l’amante del padre di Claire la quale, invece è una donna tendenzialmente depressa che trova la sua maggior soddisfazione nello svolgere il suo lavoro: fa nascere bambini ogni giorno, essendo ostetrica. Claire abita e lavora a Mantes-la-Jolie, una piccola cittadina di 43.000 abitanti sulla riva della Senna a nord di Parigi. Vive sola con un figlio che studia medicina ed è piuttosto assente, tutto preso dagli suoi studi e da una nuova fidanzata. È severa con se stessa e non si concede mai un momento di piacere, non beve e non fuma. Nei momenti di pausa va in bicicletta a coltivare il suo orto che possiede sulle rive della Senna.
Beatrice, avendo saputo di essere malata di un tumore a cervello, ricerca le persone con cui ha avuto un rapporto più intenso ed essendo morto Antoine, il padre di Claire, riversa sulla figlia le sue richieste ma anche le sue attenzioni. Dal canto suo Claire non ricambia affatto le manifestazioni affettive – ma anche critiche pungenti – della “matrigna” e getta via i suoi regali. Non riesce a perdonarle il fatto che le abbia portato via il padre (e marito di sua madre) per poi lasciarlo a sua volta, spingendolo in tal modo verso la disperazione. La malattia di Beatrice richiede palesemente le attenzioni competenti di Claire che non si sottrae all’accudimento. Così man mano le due donne iniziano a conoscersi e forse anche a piacersi. Alla fine Beatrice riuscirà a infondere una voglia di vivere in Claire - a farla sorridere e a prendere tutto un po’ meno sul serio - che si scioglierà poco a poco trovando anche un nuovo amore nella vita.
Le due bravissime attrici reggono la scena tutto il tempo e fanno dimenticare anche il fatto che il film dura un paio d’ore. Martin Provot è un regista appassionato di figure femminili come, ad esempio nel film Violette (la storia dell’incontro tra Viollette Leduc e Simone De Bauvoir) del 2015 e, con questo film commovente, malinconico, ma anche divertente, ha voluto fare un delicato omaggio alla levatrice che l’ha salvato donandogli il suo sangue, oltre che aiutarlo a nascere.
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flyanto
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lunedì 5 giugno 2017
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due donne all'opposto
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"Quello che So di Lei" è una commedia agro-dolce tutta imperniata su due tipologie di donne (Catherine Deneuve e Catherine Frot), una più differente dall'altra. Catherine Frot, infatti, impersona una brava e coscienziosa ostetrica che svolge il proprio lavoro con passione presso un ambulatorio che sta per chiudere nella periferia parigina, mentre Catherine Deneuve, l'ex-amante del padre ormai defunto, impersona una donna molto affascinante che vive un poco alla giornata e con la passione del gioco delle carte. Dopo moltissimi anni la seconda contatta la prima perchè malata di cancro al cervello ma poichè tra le due non corrono buoni rapporti a causa appunto della scomparsa improvvisa dell'ex-amante anni addietro, il dialogo e la volontà a frequentarsi da parte dell'ostetrica in un primo tempo manca finchè, col passare delle settimane ella comincerà, sia pure con personalità e visione della vita completamente diverse da quelle dell'altra, ad apprezzarla ed amarla.
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"Quello che So di Lei" è una commedia agro-dolce tutta imperniata su due tipologie di donne (Catherine Deneuve e Catherine Frot), una più differente dall'altra. Catherine Frot, infatti, impersona una brava e coscienziosa ostetrica che svolge il proprio lavoro con passione presso un ambulatorio che sta per chiudere nella periferia parigina, mentre Catherine Deneuve, l'ex-amante del padre ormai defunto, impersona una donna molto affascinante che vive un poco alla giornata e con la passione del gioco delle carte. Dopo moltissimi anni la seconda contatta la prima perchè malata di cancro al cervello ma poichè tra le due non corrono buoni rapporti a causa appunto della scomparsa improvvisa dell'ex-amante anni addietro, il dialogo e la volontà a frequentarsi da parte dell'ostetrica in un primo tempo manca finchè, col passare delle settimane ella comincerà, sia pure con personalità e visione della vita completamente diverse da quelle dell'altra, ad apprezzarla ed amarla....
Il regista Martin Prevost porta sullo schermo una divertente ed allo stesso tempo molto toccante storia la cui riuscita, oltre che ai dialoghi ironicamente ben costruiti ed alla regia nitida e precisa, deve moltissimo, se non tutto, alle due attrici interpreti, "in primis" a Catherine Denevue che qui si rivela in un particolare stato di grazia. La pellicola funziona molto bene in quanto la vicenda, per quanto un poco amara, non solo è ben raccontata e non scende mai in momenti di eccessiva drammaticità o pietismo ma soprattutto per la rappresentazione di due ritratti di donne agli antipodi che però, in quanto accomunate dalla medesima solitudine e da un affetto reciproco e sincero . E Prevost ne riesce a cogliere tutte le sfaccettature magnificamente.
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(di vanessa zarastro)
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loland10
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venerdì 2 giugno 2017
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due donne e il passato
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“Tutto quello che so di lei” (Sage femme, 2017) è il sesto lungometraggio dell’attore-regista francese Martin Provost.
Una levatrice (traduzione del titolo originale che può indicare anche 'donna saggia')) è Claire: donna che vede la vita nascere tutti i giorni. Il suo nido e la sua forza si trovano dentro il contatto umano con le madri e i loro bisogni. La vita professionale addomestica e addolcisce la sua vita famigliare: una madre inesistente, un padre e il suo abbandono famigliare, un marito e una tragedia, un figlio Simon che vorrebbe copiarla.
In un continuo andirivieni casa-ospedale, nel mentre la situazione lavorativa diventa difficile per la chiusura del reparto maternità, Claire incontra dopo molti anni Bèatrice, la donna che ha diviso i suoi genitori: suo padre andò con lei.
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“Tutto quello che so di lei” (Sage femme, 2017) è il sesto lungometraggio dell’attore-regista francese Martin Provost.
Una levatrice (traduzione del titolo originale che può indicare anche 'donna saggia')) è Claire: donna che vede la vita nascere tutti i giorni. Il suo nido e la sua forza si trovano dentro il contatto umano con le madri e i loro bisogni. La vita professionale addomestica e addolcisce la sua vita famigliare: una madre inesistente, un padre e il suo abbandono famigliare, un marito e una tragedia, un figlio Simon che vorrebbe copiarla.
In un continuo andirivieni casa-ospedale, nel mentre la situazione lavorativa diventa difficile per la chiusura del reparto maternità, Claire incontra dopo molti anni Bèatrice, la donna che ha diviso i suoi genitori: suo padre andò con lei. Béatrice è malata ma il suo spirito vitale è forte: è battagliera; Claire invece appare smorta e con poco entusiasmo. Donne opposte: la vita ospedaliera incontra uno sguardo remissivo mentre la morte che si avvicina è a fianco di energie mai sopite. Il mondo degli incontri-scontri e degli ossimori non conclusi si avvicinano, si allontanano, si beccano e, forse, addolciscono le loro posizioni.
Film cosiddetto ‘medio’ con una produzione al pari: la recitazione giornaliera, l’ovvietà delle cose e le considerazioni ordinarie (stereotipate e che t’aspetti) in una Parigi di contorno e in una campagna francese isolata e silenziosa dove la Senna sorveglia le vite e da respiro ai sogni e ai loro piccolo orticelli. Un’andare ondulato e placido con il vino che percorre ogni incontro o spaesamento e le chiacchiere casuali con un vicino ridestano una voglia di riprendersi il proprio destino.
‘Cosa preferisce un francese, un italiano o uno spagnolo …’. Il consiglio del cameriere di sala per un vino d’oltralpe invece di un buon lambrusco. Ecco che il cibo o una sosta spensierata danno a Beatrice nuova linfa. ‘Sai che non puoi mangiare carne rossa e tantomeno fumare…’: i consigli di Claire a Béatrice da doveri diventano comprensivi per poi essere leggeri e quasi spariti. Claire ridisegna la sua vita con Paul (il suo vicino d’orto) quasi senza accorgersene. Un trasportatore in Tir dove la fuga è sempre in agguato: e prima che il gioco diventi tragico Beatrice vuole vivere ancora per una guida del mezzo pesante. Una sincronia tra volti appassiti e rughe dismesse. I tre si divertono in una fuga dalla vita (per non incontrare la morte).
Le note e le canzoni di Serge Reggiani rapiscono il cuore di Beatrice mentre si isola dalla sua malattia per far riemergere il suo bel passato. E l’incontro tra le due donne dona un conoscenza segreta, arrivano le diapositive del nonno di Simon: il nipote rientra all’improvviso e nell’aprire la porta della camera taglia le immagini dell’uomo con i baffi proiettate sulla parete vicino all’entrata. Simon si è fatto crescere i baffi e la somiglianza con l’uomo atletico e campione di nuoto appare evidente. Beatrice ascolta le sue parole verso sua madre e della dolce attesa della fidanzata. ‘E’ un maschio..’ dice. ‘Guarda mamma si vide il coso…’. E Beatrice conferma ai dubbi della madre Claire mentre vedono le foto della gravidanza. Simon felice lascia le due donne riceve un bacio (inaspettato e soffice) sulle labbra da Béatrice. Un destino che si chiude. Poi fugge da se stessa mentre la Senna si riprende le spoglie di tutti e anche la vita di una donna acida e vitale, cocciuta e scostante. La saggezza di Claire è (forse) riposta nel suo nipote che sta arrivando.
Chaterine Deneuve(Béatrice) e Chaterine Frot (Claire) donne in prima fila che reggono i personaggi fino alla fine: i loro mondi che si raccontano tengono in modo giusto e intanto si riflette sulla contesto lavorativo e le problematiche di una società difforme e poco attenta. Senza attenzione al futile nel film vediamo veri parti e veri incontri con un disincanto che difficilmente riusciamo a vedere(ci) prima dell’Oltralpe. Una malinconia continua fino al finale in attesa di un nipote. La Senna simbolo di lavacro della vita: solo da attraversare. Alcune immagini di troppo e inutili parole. Il finale (doppio) è da romanzo.
Chi sa se il titolo in italiano è un omaggio al cinema di Jean-Luc Godard (‘Due o tre cose che so di lei’ di cinquant’anni fa)? Il regista racconta se stesso e la sua nascita omaggiando la (sua) levatrice per la venuta al mondo.
Voto: 6½/10.
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[+] ma che noia ma che noia ma che noia!!!
(di misesjunior)
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