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Una squadra di operatori palombari specializzati in riparazioni di oleodotti sottomarini, durante una tempesta rimane isolata in un "cassone barometrico" a 400 metri di profondità marina con poco ossigeno a disposizione.
Richiamando un altro film di salvataggio sottomarino, "Salvate il Gray Lady" del 1978 per la regia di David Greene, l' ambientazione claustrofobica dovrebbe farla da padrone, invece, lentamente, con calma, lo spazio viene riempito dalle prove attoriali, soprattutto di un Danny Huston che impersona quasi un Humphrey Bogart moderno, antieroe in cerca di redenzione, che con gli altri attori, non proprio famosissimi , innesta una rappresentazione, in parte teatrale del dramma a cui stiamo assistendo.
Intendiamoci, siamo davanti ad un film modesto, con poche invenzioni visive, ma che qualche colpo di suspense riesce a crearlo, vedi il naufragio della nave madre e macabra scoperta dei cadaveri dell' equipaggio.
Direi che le facce "operaie", a cui non dai nessuna speranza di catarsi spettatoriale all' inizio della visione del film, nel proseguo, riescono a risollevare le sorti del prodotto.
Certo, sono personaggi tagliati con l' accetta: il novellino che non si è mai immerso oltre i 30 metri, l' esperto veterano disastrato nel fisico e nella mente, il leader che si affida alla religione e il tecnico con un passato da espiare.
Vedibile, a tratti pure emozionante, con il pregio di durare non più di un' ora e mezza.
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