maurizio meres
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lunedì 14 dicembre 2015
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un giorno qualunque
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Un giorno qualunque di una guerra mai presa in considerazione,dove tutti si giravano senza guardare avanti,nessuno voleva rimanere in quella regione chiamata Balcani ma nessuno andava via,le nazioni unite si limitavano al compitino del giorno,cadendo poi nelle varie contraddizioni burocratiche mascherando molto abilmente l'indifferenza dell'occidente,la popolazione alla mercé di tutto e di tutti senza capire chi era veramente il nemico,il conflitto etnico con la rabbia dei lunghi anni precedetti,tenuti uniti soltanto perché la forma dittatoriale camuffata in un socialismo fatto non di uguaglianza ma di potere assoluto nella più spregevole mancanza di rispetto della dignità altrui,con una strategia di paura e controllo politico ramificato nella popolazione.
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Un giorno qualunque di una guerra mai presa in considerazione,dove tutti si giravano senza guardare avanti,nessuno voleva rimanere in quella regione chiamata Balcani ma nessuno andava via,le nazioni unite si limitavano al compitino del giorno,cadendo poi nelle varie contraddizioni burocratiche mascherando molto abilmente l'indifferenza dell'occidente,la popolazione alla mercé di tutto e di tutti senza capire chi era veramente il nemico,il conflitto etnico con la rabbia dei lunghi anni precedetti,tenuti uniti soltanto perché la forma dittatoriale camuffata in un socialismo fatto non di uguaglianza ma di potere assoluto nella più spregevole mancanza di rispetto della dignità altrui,con una strategia di paura e controllo politico ramificato nella popolazione.
Come contorno gli aiuti umanitari portati da volontari che il più delle volte erano persone deluse dalla vita,con problemi anche esistenziali ma dando un grande aiuto sia pratico che psicologico alle popolazioni duramente provate.
Questo è il film in versione tragicomica in un momento della guerra ormai finita ma con tanto lavoro umanitario per far tornare alla normalità la popolazione ,ottimamente diretto ambientazioni realisticamente perfette,giusti cambi scena,atmosfere di desolazione,di crudeltà e voglia di vivere perfettamente riuscite.
Veramente eccezionali Benicio Del Toro e Tim Robbins la loro interpretazione è stata qualcosa di unico recitando nei tempi giusti,sembrava che dialogassero con gli sguardi,far recitare insieme due grandi attori del loro calibro senza mai sovrapponendoli è stata la grande bravura del regista Spagnolo,attraverso la loro grande professionalità.
Ottimo film da vedere
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zarar
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domenica 13 dicembre 2015
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an almost perfect film
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Un bel fim, assolutamente da vedere. La vicenda, ispirata dal libro insieme intimista e ironico di una cooperante spagnola, Paula Farias, ruota intorno a quattro cooperanti di una associazione internazionale e ad un interprete locale in un teatro di guerra imprecisato nei Balcani (Bosnia?). Un giorno x li vede di fronte ad un problema dei tanti che sono chiamati ad affrontare a beneficio della popolazione civile, la bonifica di un pozzo in cui è stato gettato un cadavere per renderlo inutilizzabile. Un compito non troppo arduo, ma che si trasforma, nel mondo capovolto di una feroce guerra civile, in una missione impossibile: trovare la corda necessaria è un’impresa epica, per cui sei costretto a vagare inutilmente da un villaggio all’altro; l’ostilità dei locali è dietro ogni angolo e può bloccarti senza alcuna ragione; anche il semplice spostarsi significa misurarsi con la morte per le mine seminate ovunque; una demenziale burocrazia della forza di intervento internazionale è ‘il fuoco amico’ finale che ti paralizza definitivamente.
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Un bel fim, assolutamente da vedere. La vicenda, ispirata dal libro insieme intimista e ironico di una cooperante spagnola, Paula Farias, ruota intorno a quattro cooperanti di una associazione internazionale e ad un interprete locale in un teatro di guerra imprecisato nei Balcani (Bosnia?). Un giorno x li vede di fronte ad un problema dei tanti che sono chiamati ad affrontare a beneficio della popolazione civile, la bonifica di un pozzo in cui è stato gettato un cadavere per renderlo inutilizzabile. Un compito non troppo arduo, ma che si trasforma, nel mondo capovolto di una feroce guerra civile, in una missione impossibile: trovare la corda necessaria è un’impresa epica, per cui sei costretto a vagare inutilmente da un villaggio all’altro; l’ostilità dei locali è dietro ogni angolo e può bloccarti senza alcuna ragione; anche il semplice spostarsi significa misurarsi con la morte per le mine seminate ovunque; una demenziale burocrazia della forza di intervento internazionale è ‘il fuoco amico’ finale che ti paralizza definitivamente. Alla fine di un sarcasticamente definito “perfect day”, i cinque esasperati devono buttare alle ortiche la corda (di impiccati) che potrebbe servire allo scopo e vengono dirottati dalla base su un altro piacevole incarico (stasare le latrine di un campo profughi) mentre – ciliegina sulla torta - una pioggia violenta comincia a cadere. Ebbene, alle loro spalle, in un fiat, la pioggia colmerà il pozzo e lo libererà dall’ingombrante cadavere. La regia è eccellente nel governare immagini, tempi e ritmi del racconto: dalla carrellata iniziale nel pozzo buio che ti proietta sin dall’inizio in un tunnel senza uscita, al labirinto di strade viste dall’alto che portano i protagonisti da una rovina all’altra, da un rifiuto all’altro, ai claustrofobici primi piani degli stessi protagonisti chiusi nel loro fortino/pullmino, ai tempi e azioni e eventi che balzano davanti agli occhi tutti casuali, tutti inaspettati, lo spettatore si sente insieme agli attori costretto, smarrito e vertiginosamente trascinato verso il basso, in quella che è la guerra per il regista: crudele, senza senso, senza eroi e senza illusioni, a volte tristemente comica nella sua assurdità. Grava soprattutto sulle teste dei più deboli, vecchi, donne, bambini che – ci mostra il regista con grande sobrietà - semplicemente provano a continuare a vivere. Alcuni si aggrappano a una bandiera (la vedetta in mezzo al nulla); solo un bambino – nella sua ancora intatta innocenza - può attaccarsi a un brandello di speranza (vana). Più ‘fuori posto’ di tutti – ironicamente - i protagonisti cooperanti, che sono venuti a fare del ‘bene’, come se ci fosse spazio per il bene, per l’umanità, la generosità nella crudeltà cinica delle guerre. E’ quello che efficacemente ci trasmettono gli attori protagonisti (bravi soprattutto Del Toro e Robbins) ed una sceneggiatura astuta nel suo minimalismo: la buona volontà, sia essa ingenua o ormai del tutto disincantata, dei cooperanti è destinata a cozzare inesorabilmente con la realtà, ad essere beffata dal caso; e dunque non resta che rifugiarsi nella ‘normalità’ dell’anormale, nell’attaccamento testardo e senza grandi aspettative al singolo compito, nel gioco degli escamotages, persino nel dialogo banale, nel riscatto della propria umanità in quella che Ungaretti, anch’egli reduce da una guerra sanguinosa, chiamò ‘allegria di naufragi’
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