kamisan
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domenica 14 settembre 2014
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identità perdute nel vortice di un apparato cieco
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One on One è un film che andrebbe visto e per chi l'ha già visto, come me, andrebbe rivisto.
E' stato scritto che è un film violento, con omicidi, torture e altre forme di violenze psicologiche, ma non si tratta di violenza fine a se stessa. Kim Ki-Duk esprime la sua rabbia, un'indignazione che eccede le buone maniere e si fa grido: la brutalità delle immagini è la forma di cui si è servito per imprimere con forza ed efficacia nelle coscienze un altro tipo di ferocia, silenziosa e quasi sempre tollerata. Il mostro che mette in scena il film è la strumentalizzazione della vita degli individui, l'occultamento del pensiero critico, ad opera di dinamiche globali (che trascendono la società, l'economia, il potere militare e politico, che non riguardano solo la Corea del Sud, ma molti altri Paesi) delle quali nemmeno chi sta al vertice del sistema può risponderne, quando, invece, dovrebbe.
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One on One è un film che andrebbe visto e per chi l'ha già visto, come me, andrebbe rivisto.
E' stato scritto che è un film violento, con omicidi, torture e altre forme di violenze psicologiche, ma non si tratta di violenza fine a se stessa. Kim Ki-Duk esprime la sua rabbia, un'indignazione che eccede le buone maniere e si fa grido: la brutalità delle immagini è la forma di cui si è servito per imprimere con forza ed efficacia nelle coscienze un altro tipo di ferocia, silenziosa e quasi sempre tollerata. Il mostro che mette in scena il film è la strumentalizzazione della vita degli individui, l'occultamento del pensiero critico, ad opera di dinamiche globali (che trascendono la società, l'economia, il potere militare e politico, che non riguardano solo la Corea del Sud, ma molti altri Paesi) delle quali nemmeno chi sta al vertice del sistema può risponderne, quando, invece, dovrebbe.
Il messaggio del film potrebbe essere questo: ognuno di noi dovrebbe avere la possibilità di rispondere di quello che è e di quello che fa, avere la possibilità di farlo, ancor prima di farlo; distacco, lucidità mentale, regole morali proprie, a dispetto di un'adesione incondizionata ad un sistema che, paradossalmente, oggettiva i soggetti e soggettivizza l'apparato.
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flyanto
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mercoledì 3 settembre 2014
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quando la violenza genera solo violenza
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Film in cui si racconta di un gruppo di sette uomini che insieme violentano e poi uccidono una studentessa. I componenti di una sorta di "setta" militare si adoperano per rintracciare e punire con la tortura ad uno ad uno i sette colpevoli e piano piano questi vengono tutti annientati portando però all'autodistruzione ed ancora ad un'eccessiva violenza gli stessi vendicatori.
Quest'ultima opera di Kim Ki Duk, sicuramente non all'altezza delle precedenti quali "L'Isola" , "Primavera, Estate, Autunno ed Inverno ed ancora Primavera" e "Ferro 3, in pratica è un'aperta denuncia all'intero assetto politico che vige nella Corea del Sud contemporanea.
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Film in cui si racconta di un gruppo di sette uomini che insieme violentano e poi uccidono una studentessa. I componenti di una sorta di "setta" militare si adoperano per rintracciare e punire con la tortura ad uno ad uno i sette colpevoli e piano piano questi vengono tutti annientati portando però all'autodistruzione ed ancora ad un'eccessiva violenza gli stessi vendicatori.
Quest'ultima opera di Kim Ki Duk, sicuramente non all'altezza delle precedenti quali "L'Isola" , "Primavera, Estate, Autunno ed Inverno ed ancora Primavera" e "Ferro 3, in pratica è un'aperta denuncia all'intero assetto politico che vige nella Corea del Sud contemporanea. Il regista coreano qui analizza ed ovviamente condanna la società odierna che è strutturata in modo tale che chi detiene una sorta di potere, o politico od economico o, meglio, entrambi, assume un comportamento di prevaricazione tale che viene sancito con la violenza e seminando terrore ed, ovviamente, innocenti vittime. Coloro, come gli appartenenti al gruppo dei vendicatori, si ribellano a tutto ciò, volendo portare una benchè minima parvenza di giustizia, non sono però lontani dal modo di agire di quelli stessi che essi condannano, ricorrendo così anch'essi alla violenza estrema. Insomma, un assetto politico e societario marcio dentro che in maniera assai diversa dalle precedenti pellicole, Kim Ki Duk presenta ed ovviamente deplora. Ma il modo in cui il film è girato non possiede quella grazia, quella poesia, sebbene a volte intrisa di scene crude, che possiedono, ripeto, le sue prime produzioni. Qui addirittura sembrerebbe esserci un lontano richiamo, sia pure in forma meno cruenta, al film '"Old Boy" di Park Chan-Wook, ma così il film si riduce purtroppo ad un "già visto" e, comunque non nelle sue corde.
Per concludere, interessante per gli estimatori ed i seguaci di Kim Ki Duk e come completamento solo della conoscenza della sua filmografia.
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peer gynt
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martedì 26 agosto 2014
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violentatori e vendicatori: marionette collegate
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Pirandelliana riflessione sull'etica della violenza e della vendetta. Il 9 maggio avviene un delitto, con cui inizia il film. Ci sono degli esecutori, un mandante, dei giustizieri. Ma sono tutti attori sul palcoscenico dell'esistenza. E in questo gioco delle parti ognuno è necessario affinché esista l'altro. E' lecita dunque la violenza così come è lecita la vendetta, e nello stesso tempo entrambe sono assurde.
Ancora una volta in Kim Ki-duk l'umanità appare come un'isterica accozzaglia di marionette, mosse da fili che le collegano le une alle altre: non c'è un burattinaio, che darebbe senso alle cose. C'è solo uina danza priva di senso e di direzione, condita di quotidiana e intrinseca violenza.
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Pirandelliana riflessione sull'etica della violenza e della vendetta. Il 9 maggio avviene un delitto, con cui inizia il film. Ci sono degli esecutori, un mandante, dei giustizieri. Ma sono tutti attori sul palcoscenico dell'esistenza. E in questo gioco delle parti ognuno è necessario affinché esista l'altro. E' lecita dunque la violenza così come è lecita la vendetta, e nello stesso tempo entrambe sono assurde.
Ancora una volta in Kim Ki-duk l'umanità appare come un'isterica accozzaglia di marionette, mosse da fili che le collegano le une alle altre: non c'è un burattinaio, che darebbe senso alle cose. C'è solo uina danza priva di senso e di direzione, condita di quotidiana e intrinseca violenza.
Con una grande autocoscienza del proprio valore, Kim Ki-duk scommette su se stesso rischiando un certo pedagogismo da lezione di filosofia morale. Ma gli va riconosciuto il coraggio di essere salito in cattedra con la solita sfacciata consapevolezza del suo ruolo di Autore e di fare film per parlare agli uomini.E farli riflettere.
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